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Alex Schwazer non molla: "Voglio dimostrare che nel 2016 ero pulito. La provetta è stata manipolata"

DaOAsport

Aggiornato 19/02/2019 alle 17:37 GMT+1

Dal nostro partner OAsport.it

Alex Schwazer 2016 - conferenza stampa Bolzano - LaPresse

Credit Foto LaPresse

Uno dei casi di doping più famosi ed incredibili della storia dello sport italiano. Mancava poco alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, Alex Schwazer - medaglia d’oro nella 50 km di marcia a Pechino 2008 - era pronto per fare il suo grande ritorno dopo la pesante squalifica prima delle Olimpiadi di Londra 2012. Tutto sembrava portarlo verso una nuova vita e una nuova avventura. Poi, squarciante, un’ennesima positività al doping. Ma, in quella occasione, Schwazer giurò la sua innocenza.
Sono fiducioso e conto di poter davvero dimostrare la mia innocenza a breve, grazie al lavoro della Procura di Bolzano, dei Ris e dei periti. Si dovrebbe mettere un punto fermo, l’urina esaminata a Colonia il 2 gennaio 2016 era diversa da quella prelevata a Racines il giorno prima dagli ispettori. [Alex Schwazer alla Gazzetta dello Sport]

Una manipolazione che, a detta dell’altoatesino, appare lampante

I segnali vanno nella direzione giusta, non è stato semplice. Per oltre un anno c’è stata negata la possibilità di avere il campione A e quello B. Perché questo muro? Se non hai nulla da nascondere dovresti essere contento di togliermi l’ultimo alibi. E invece si sono opposti con una ferocia più che sospetta, cercando di consegnare un campione farlocco al colonnello dei Ris arrivato in Germania
Tutto ruota intorno alla concentrazione del mio DNA nei due campioni. Valori altissimi e molto difformi tra provetta A e B. Il Giudice ha capito che bisognava fare ulteriori approfondimenti dopo aver ordinato dei test delle urine su 100 persone, in modo da confrontarne i risultati. Quella era la prima fase, da sola non bastava per dare linfa alla nostra ipotesi. La Iaaf si era opposta ad altri esami. E invece si è scavato a fondo, scoprendo diverse cose. Per esempio il DNA delle persone testate la scorsa estate ha subìto un degrado importante in questi mesi, la concentrazione è scesa. Come è naturale che sia. E invece il mio DNA, dopo due anni, è risultato altissimo e integro. Non solo, il valore del mio campione B è incredibilmente più alto di quello A. E anche questo risultato non è spiegabile. O meglio è spiegabile solo nel modo che sappiamo

Alex Schwazer si è fatto un’idea di cosa sia accaduto, e di chi l’abbia voluto

C’erano almeno due ragioni. Mi ero dopato, avevo confessato. Volevo rientrare, ma proprio perché era un ritorno pulito al 100% avevo raccontato tutta la verità, facendo nomi e cognomi di chi sapeva e mi aveva coperto. E poi avevo scelto un allenatore da sempre in lotta contro il sistema, Sandro Donati, uno con le sue qualità è stato emarginato dalla Federazione. Paga la sua schiettezza e le battaglie, non di facciata, al doping. La nostra vittoria a Roma, nel maggio 2016, resta la dimostrazione dello straordinario lavoro fatto insieme

Nonostante tutto quello che è successo, Alex Schwazer continua nella sua battaglia

Sono felice con Kathi e Ida, ogni momento libero lo passo con loro. Altri figli? Assolutamente sì. Il lavoro di personal trainer va bene, alleno un gruppo di 30 amatori perché non posso occuparmi dei tesserati. Rientro? No, ormai ho mollato di testa. Sandro Donati forse mi chiederebbe di provarci, ma chi ci assicura che non ritentino di farmi fuori? Il CONI? A Natale ho ricevuto gli auguri di Malagò. Potevano fare di più? Li capisco, fanno parte del CIO, ma una parolina me la sarei aspettata quando dalla Germania si sono rifiutati di dare le provette ai magistrati italiani

Adesso qual è l’obiettivo?

A me interessa dimostrare che non ho imbrogliato. Lo devo a chi mi vuole bene, un po’ a me stesso e poi credo sia giusto per le persone che hanno seguito la vicenda in modo distratto. Certo, per qualcuno sono il male e resterò un dopato a vita. Solo quando muori gente simile è disposta a darti un po’ di compassione
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