Atletica, Mo Farah shock! Portato in Gran Bretagna illegalmente da bambino e costretto a lavorare come domestico
DaEurosport
Aggiornato 12/07/2022 alle 09:30 GMT+2
ATLETICA - Mo Farah ha raccontato alla BBC la sua incredibile storia. Un passato terribile emerge dalle parole del mezzofondista quattro volte campione olimpico. Fu portato illegalmente in Gran Bretagna da piccolo costretto a lavorare come domestico. "Questo non è il mio vero nome".
Mo Farah, leggenda britannica del mezzofondo e quattro volte campione olimpico, ha raccontato la sua storia alla BBC. In una lunga intervista, il campione ha rivelato il suo tremendo passato. Tutti sapevano che era arrivato in Gran Bretagna da piccolo con i suoi genitori come rifugiato, dalla Somalia. Ma in realtà le parole del trentanovenne differiscono totalmente dalla versione ufficiale. Nessuno dei suoi genitori è mai stato in Inghilterra. Anzi, suo padre è morto durante la guerra civile e sua madre e i suoi fratelli vivono nella fattoria di famiglia nel Somaliland, nell'Africa orientale.
Sono stato portato nel Regno Unito illegalmente con il nome di un altro bambino chiamato Mohamed Farah
"La maggior parte delle persone mi conosce come Mo Farah, ma non è il mio nome. La vera storia è che sono nato in Somaliland, a nord della Somalia, come Hussein Abdi Kahin. Nonostante quello che ho detto in passato, i miei genitori non hanno mai vissuto nel Regno Unito. Sono stato portato nel Regno Unito illegalmente con il nome di un altro bambino chiamato Mohamed Farah".
Tra pianti e lavori domestici
Farah ha rivelato di ricordare una donna che aveva visitato più volte la casa per osservarlo. Gli è stato detto che lo avrebbe portato in Europa a vivere con i parenti. Fu anche informato che sarebbe stato ribattezzato Mohamed. Ma nel Regno Unito lo scenario fu diverso. "Avevo tutti i recapiti dei miei partenti e una volta arrivati a casa sua, la signora me l'ha tolto di dosso e proprio davanti a me li ha strappati e li ha messi nel cestino, e in quel momento ho capito di essere nei guai". Farah spesso si chiudeva in bagno per piangere: "Mi dicevano che se avessi voluto rivedere la mia famiglia dovevo tenere la bocca chiusa" ha aggiunto. Se voleva mangiare doveva dedicarsi ai lavori domestici.
Fu iscritto a scuola dopo qualche anno e lì trovò il coraggio di aprirsi con Alan Watkinson: il suo insegnante di educazione fisica. Fu così che i servizi sociali affidarono Farah a un'altra famiglia somala. Non era la sua, ma quantomeno quell'incubo era finito. "Capiva solo la lingua dello sport" racconta l’insegnante che lo aiutò poi anche ad ottenere la cittadinanza nel 2000. Al termine del documentario, dopo aver parlato in telecamera al vero Mohamed Farah, il campione olimpico spiega: "Non avevo idea di quante altre persone stessero esattamente vivendo ciò che ho passato io. Quello che mi ha salvato è che potevo correre".
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