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Quando Bolt era una leggenda juniores...E sfidava Howe

Paolo Pegoraro

Aggiornato 25/10/2016 alle 19:35 GMT+2

Bolt è balzato agli onori delle cronache grazie all'argento di Osaka e ai successi di Pechino 2008 e dei mondiali di Berlino. Ma in principio cosa c'era? La storia di una leggenda dell'atletica giovanile e di un'insospettabile rivalità con un promettente atleta nostrano

Superstar Usain Bolt peilt das Maximum an

Credit Foto Eurosport

Nemmeno il tempo di metabolizzare lo strepitoso successo ottenuto nella gara regina di Pechino 2015 che per Usain Bolt scocca già l'ora di calzare nuovamente le chiodate e tornare in pista. Per i "suoi" 200 metri - distanza grazie alla quale il fulmine di Trelawny si è fatto conoscere al mondo intero - e per una nuova elettrizzante sfida con l'eterno rivale Justin Gatlin. Bolt non ha mai nascosto la sua predilezione per il mezzo giro di pista, tanto che quando il CIO ventilò una possibile esclusione dei 200 metri dal programma olimpico il velocista giamaicano perse letteralmente le staffe. Nel mezzo giro Usain conquistò la sua prima medaglia mondiale (argento a Osaka 2007 alle spalle di Tyson Gay), ma soprattutto assurse a leggenda dell'atletica giovanile caraibica polverizzando qualsiasi record stabilito prima del suo avvento. Molto prima dei gloriosi Giochi di Pechino 2008 e dei Mondiali-record di Berlino 2009, quando il suo nome era ancora sconosciuto al grande pubblico.

Campione del mondo nella sua Isola

Il 2002 è l'anno della svolta per il ragazzino cresciuto in un piccolo villaggio del distretto di Trelawny, a tre ore di macchina dalla capitale giamaicana Kingston. Per il quindicenne Bolt si schiudono infatti le porte del Mondiale Juniores. Teatro della rassegna internazionale riservata alla promesse del futuro? La "sua" Kingston, naturalmente. È riluttante, non fa che piangere in continuazione - racconta la madre ai microfoni del documentario "Usain Bolt, l'uomo più veloce del mondo" - è convinto di non poter competere con velocisti più grandi e quotati di lui. La mamma e la nonna lo convincono alfine a partecipare e Usain annichilisce l'agguerrita concorrenza grazie a un 20''61 stampato nella finalissima. A 15 anni e 332 giorni è il più giovane campione mondiale juniores della storia. All'Independence Park di Kingston - impianto nazionale giamaicano dove una statua di Bob Marley accoglie i tifosi all'ingresso - nasce il mito di Bolt. Dopo aver tagliato il traguardo davanti a tutti, il ragazzino prosegue la sua corsa verso lo spicchio di tifosi giamaicani più calorosi e rivolge loro un saluto militare. La folla impazzisce e acclama il suo nuovo beniamino. È la genesi del Lightning Bolt.
Bolt vince i campionati mondiali Juniores di Kingston nel 2002

2004, il record e la diatriba con...Andrew Howe!

Bolt è ormai una celebrità in patria: è passato professionista, ha firmato un ricco contratto con la Puma e ha trionfato ai CARIFTA Games, i campionati dei Caraibi. Nel 2003 è costretto a saltare i Mondiale di Parigi (già, a 17 anni avrebbe avuto le credenziali per prendervi parte!) ma l'anno successivo, sotto l'egida del nuovo coach Fitz Coleman, si ripresenta ai blocchi più determinato che mai. Infrange per la prima volta il muro dei 20'' sui 200 metri con stratosferico record mondiale giovanile a 19''93. È il primo (e tuttora unico) juniores a correre il mezzo giro in meno di venti secondi. Purtroppo per Usain un nuovo infortunio - stavolta al tendine del ginocchio - lo costringe a saltare il mondiale juniores del 2004 di Grosseto (stadio Carlo Zecchini). A trionfare sui 200 metri (succedendo così nell'albo d'oro dei mondiali juniores proprio a Bolt) è, udite udite, Andrew Howe Besozzi, fulgida promessa dell'atletica italiana. Grazie al crono di 20''28 (record dei campionati) il reatino di origini statunitensi regala all'Italia una splendida medaglia d'oro, in seguito bissata dal successo nel salto in lungo. La rivalità tra Bolt e Howe deflagra e il giamaicano proprio non digerisce l'atteggiamento da spaccone dell'avversario, come è facile intuire dall'autobiografia scritta a quattro mani con Matt Allen: "Usain Bolt. Come un fulmine, la mia storia". Ad Andrew Howe sono "dedicati" interi paragrafi.
Ci tenevo molto ad affrontare un ragazzo di nome Andrew Howe, un duecentometrista italiano che prima dei Campionati juniores non aveva tenuto la bocca chiusa, dicendo un sacco di fesserie e promettendo di battermi sul suo terreno di casa. Quei discorsi non mi piacevano, erano irrispettosi, e poi sapevo di sconfiggere Howe senza neanche sforzarmi, infortunio o no. Battere quel chiacchierone nei 200 metri sarebbe stato un buon modo per metterlo a tacere.
picture

Andrew Howe, Osaka 2007

Credit Foto Eurosport

E la rabbia di Bolt non si placa: quanto avrebbe voluto esserci quel giorno a Grosseto...
Howe aveva vinto con 20″28: era il suo record personale e per il resto della carriera non avrebbe corso più veloce di così, ma io li avrei fatti anche dormendo, se solo ne avessi avuto la possibilità. E invece lui continuava a prendermi in giro da bordo pista. Peccato che Usain non sia qui, ci tenevo proprio a batterlo…. Dichiarò. oh povero me pensai quando lessi la sua dichiarazione sui giornali.Questo scalmanato corre in 20″28 e ha ancora il coraggio di parlare? Ma per favore!
Il record mondiale juniores stabilito da Bolt nel 2004 ai CARIFTA Games di Hamilton, Bermuda

Tutto il resto è leggenda

Nel 2005 - smaltita la cocente delusione della fallimentare (perché condizionata da un infortunio) comparsata ai Giochi Olimpici di Atene 2004 - cominciò l'ascesa di Bolt verso il gotha dell'Atletica, propiziata da un avvicendamento determinante nel suo entourage. Si perché nel 2005 entra in scena coach Glen Mills, mentre Coleman viene messo alla porta, e con lui le cattive abitudini alimentari, gli eccessi mondani e i dolorosi fastidi alla schiena da scoliosi del promettente atleta giamaicano. Ai campionati mondiali di Helsinki Usain raggiunge la finalissima dei 200 metri - dove chiude all'ultimo posto, vittima di un infortunio nel rettilineo finale - poi conquista il sopraccitato argento a Osaka 2007. Tutto il resto è leggenda.
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