Noah Lyles dopo i Mondiali di Tokyo: "Mennea? Non lo conosco. Jacobs ci pensi bene sul ritiro, vorrei parlargli"
ATLETICA - Lo statunitense è stato uno dei grandi protagonisti dei Mondiali di Tokyo, dove ha raccolto due ori e un bronzo. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Noah Lyles ha parlato dei suoi segreti e dei suoi obiettivi ("voglio battere Bolt nei 200"), rispondendo ad alcune domande anche su due atleti italiani che hanno fatto la storia.
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Personalità debordante (a volte anche troppo), ambizione alle stelle e un palmarès sempre più ricco. Noah Lyles è uno dei volti dell'atletica mondiale e lo ha dimostrato anche ai Mondiali di Tokyo, dai quali è uscito con due ori e un bronzo. Il trionfo più altisonante è arrivato nei 200 metri, disciplina in cui è re incontrastato in sede iridata dal 2019 (quattro successi di fila, come solo Usain Bolt). Il nativo di Gainesville è stato intercettato dalla Gazzetta dello Sport e ha parlato di sè stesso a 360 gradi, dando un paio di risposte particolarmente spiazzanti.
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Battere Bolt nei 200
"Devo ancora parlarne con coach, ma mi piacerebbe creare l’occasione giusta per andare a caccia del 19"19 del record del mondo di Bolt. Penso a due o tre appuntamenti creati ad hoc nell’arco di un mese, con i migliori, su invito, a sfidarsi in gara secca. Nella finale dei Mondiali, quando come nel mio caso si è al sesto turno in una settimana, è difficile andare fortissimo. Così sarebbe diverso. Altura? No, non mi piace l’idea: certo servirebbero superfici veloci, tipo Londra, Pechino o Tokyo e condizioni meteo favorevoli. L’ideale sarebbe usare impianti che già abbiano ospitato prestigiose rassegne".
Mennea siglò il record in altura nel 1979, ma...
"Chi? Pietro Mennea? Sono appassionato di storia dell’atletica, anche di quella al di fuori degli Stati Uniti. Ma non arrivo fino agli anni 70. Mi spiace, non so chi sia".
Sui propositi di ritiro di Jacobs
"Mi piacerebbe parlargli di persona per capire come sta davvero. È una cosa molto personale, non entro nel merito. Posso solo suggerirgli di pensarci bene. E se fosse un problema di infortuni, di rimanere tranquillo, curarsi e riprovarci. Magari si tratta solo di modificare qualcosa nell’assetto di corsa".
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Il segreto del re dei 200
"In finale sono sempre stato in controllo. Non sono partito bene, come nella semifinale da 19"51, ma dopo l’ingresso in rettilineo, quando ancora un paio di avversari mi precedevano, sapevo che la mia resistenza alla velocità, costruita facendo ripetute sui 400, avrebbe fatto la differenza. I miei rivali sono costretti ad andare a tutta sin dai primi metri per provare a infastidirmi. Ma così si suicidano. Se passi ai 100 in 10"03, come ha fatto Levell, e non mi batti, vuol dire che fai degli errori".
Gli show prima delle gare
"Sapete come la penso: l’atletica deve anche essere spettacolo, intrattenimento. I miei atteggiamenti possono anche non piacere, ma è il mio modo di darmi la carica e di coinvolgere il pubblico".
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