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Cibona-Zadar 1986: la partita leggendaria. Quando Drazen Petrovic capitolò nella finale più pazza

Zoran Filicic

Aggiornato 01/04/2020 alle 14:10 GMT+2

Zoran Filicic, telecronista di Eurosport, ogni settimana ci racconta una storia legata agli sport che più ama dal suo punto di vista: fra flashback, esperienze sul campo e un excursus tra i grandi delle discipline più amate, un punto di vista nuovo da leggere ogni 7 giorni. Secondo appuntamento col basket e la mitica gara 3 di finale del campionato jugoslavo 1986 fra il Cibona Zagabria e lo Zara.

Drazen Petrovic, Getty Images

Credit Foto Getty Images

I canestri sono ferri, quelli classici non ancora sganciabili, il tabellone elettronico non mostra i nomi delle squadre ma solo “Domaci” e “Gosti” (casa ed ospiti). E’ il 26 aprile del 1986 e il Cibona Zagabria ospita in casa lo Zara per gara 3, la “bella” della finale del campionato Jugoslavo di basket.

Il Cibona Zagabria e Drazen Petrovic

Il Cibona è quello dei miracoli, arrivato al vertice del basket plavo quando un ragazzino nemmeno ventenne, arriva dalla costa dalmata e raggiunge il fratello più famoso a Zagabria. E’ il 1984 e nel Cibona giocano Nakic e Knego (entrambi oro olimpico a Mosca) il tiratore Usic, i lunghi Arapovic e Vukicevic, oltre al “fratello famoso” Aleksander Aca Petrovic.
Drazen Petrovic arriva preceduto dalle storie sul suo talento incredibile, unito ad una spocchia e una irascibilità che si temeva potessero limitarne la carriera. Il ragazzino non è però solo talento ma è soprattutto duro lavoro, al limite del maniacale: arriva e si presenta al primo allenamento un’ora in anticipo, per tirare. Finito l’allenamento rimane un’ora in più, per tirare.
Dopo una settimana tutta la squadra arriva spontaneamente un’ora prima e va via un’ora dopo, per tirare e nel corso del tempo sviluppa alcune tra le migliori bocche da fuoco d’Europa, tutte con indosso la stessa maglia. Nakic (Ivo, arrivato con Drazen) Aca Petrovic, Cutura, Usic, poi Cvijeticanin.
Arrivato il giovane Drazen, la squadra assume la sua forma e la stagione 1984-1985 è epica: campionato, coppa di Jugoslavia e Coppa Campioni, prendendo a sberle nella finale al Pireo di Atene, davanti a 15000 spettatori, il Real Madrid di Corbalan e Martin. Drazen Petrovic ne mise “solo” 36, senza tirare da tre punti, all’interno del meccanismo meraviglioso creato da coach Mirko Novosel, che guidava il Cibona nelle competizioni europee.
La campagna 1985-1986 parte con tutti i favori del pronostico, Novosel si dedica alla dirigenza e Pavlicevic diventa coach unico, il campionato si conclude con un impressionante cammino fatto di 21 vittorie e una sola sconfitta, vince la coppa di Jugoslavia regolando il Bosna 110- 98 e affronta un girone di semifinale impressionante in Coppa Campioni, dovendo giocarsela con Real Madrid, Milano e lo Zalgiris del principe Sabonis.

Le lezioni di Milano

La Simac Milano allenata da Dan Peterson aveva dato l’addio a Joe Barry Carrol e non aveva ancora accolto Bob McAdoo, gli stranieri erano Russ Schoene e Cedric Henderson, la regia quella di Mike D’Antoni il tutto tenuto insieme dall’esperienza granitica di Dino Meneghin. I milanesi hanno fresca in bacheca la Coppa Korac vinta nella stagione precedente ma iniziano il girone malissimo, perdendo a Kaunas e a Zagabria, dove Petrovic mette a referto 47 punti.
Il girone di ritorno è un’altra storia e sfiora l’epico. Il 30 gennaio, nel freddo del Palalido, arriva lo Zalgiris di Jankauskas, Chomicius e Kurtinaitis e Dino Meneghin prende sottobraccio Arvidas Sabonis (che dieci anni dopo approderà a Portland, portandosi dietro l’immenso talento, le ginocchia malandate e grandi quantità di vodka), apre il manuale del “gioco del pivot” ed inizia a spiegare pallacanestro al più grande centro europeo dell’epoca. Milano vince 95-66 e attende il Cibona del Mozart dei Canestri.
Il 19 febbraio il Palalido è stipato per la sfida di ritorno ai Campioni d’Europa ma Mike d’Antoni non doveva essere d’accordo con chi, come me, aspettava di vedere dal vivo lo show di Petrovic e compagni. Se Meneghin aveva spiegato basket a Sabonis, questa volta tocca a D’Antoni annullare Petrovic, portarlo a spasso, farlo impazzire con le sue mani magiche per poi piazzare caramelle a Premier e Schoene. Milano vince 90-66 e solo la sconfitta contro Madrid le nega la finale, alla quale arriverà invece l’anno successivo, nella magica notte di Losanna.
In finale vanno invece Zalgiris e Cibona, si gioca a Budapest e non è tanto una partita di pallacanestro quanto una rissa continua, verbale e fisica, tra lituani e slavi. Al 31’ Sabonis viene espulso e il Cibona dilaga, punteggio conclusivo 94-82 per Zagabria e secondo titolo europeo consecutivo.

L’ultimo traguardo

Al Cibona manca solo un tassello: il campionato Jugoslavo. Le regole europee sono cambiate e il detentore della Coppa Campioni non può difenderla di diritto ma deve vincere necessariamente il proprio campionato nazionale. La squadra di Zagabria è strafavorita e batte Stella Rossa ai quarti e Partizan in semifinale, con un sontuoso 128-104 in garatre.
Arriva la finale contro lo Zara di Zeljko Vrankovic. Garauno a Zagabria va via liscia, 84-70 per i campioni in carica mentre garadue a Zara, finisce a favore degli avversari con Drazen Petrovic che non gioca neppure un minuto, pare per infortunio. Le malelingue parlano di sufficienza, di una festa già programmata a Zagabria, di scampi e champagne pronti negli spogliatoi. La nomenklatura della capitale croata assapora il trionfo e il palazzetto è pieno, il finale è già scritto, ma Zara non ci sta e mette in scena la partita più leggendaria della storia del basket jugoslavo.

La finalissima

Il match parte subito con un testa a testa e la prima sorpresa arriva sul 17-16 per Zagabria, un tecnico per proteste a Petrovic. Poco dopo il centro titolare Arapovic (che nella Croazia di Barcellona 1992 schiacciò in faccia ad un incredulo Charles Barkley) viene espulso per una gomitata sul 28 a 23 per Zara, massimo vantaggio del primo tempo mentre il resto della prima frazione è punto a punto e vede lo show di Cvijeticanin, alla fine della prima frazione sono 22 i punti della guardia di Zagabria mentre Zara domina sotto i tabelloni e rimane in partita, col punteggio di 42-37.
Nel secondo tempo si sveglia Petrovic mentre per Zara entra Popovic che commette subito un intenzionale. La partita è nervosa ed ha ritmi altissimi, col Cibona costantemente avanti di 4, 6 punti. Arriva anche la sesta tripla di Petrovic seguita da un fallo in attacco. Sale in cattedra Popovic che porta Zara sul 75:71, poi sul 77:75, dopo che il Cibona aveva raggiunto un vantaggio massimo di +11. Si va avanti punto a punto e a 30” dalla fine Petrovic segna con fallo, la partita pare finita, sulle tribune iniziano i festeggiamenti ma Drazen sbaglia il tiro libero aggiuntivo e si va ai supplementari sul 85-85.
Il Cibona parte forte ma sul vantaggio 92-89 Petrovic esce per il 5° fallo su tiro da tre di Popovic, pesa quel tecnico ricevuto a partita appena iniziata. Popovic li mette tutti e tre e pareggia ed è 92-92 a 2’ dal termine del supplementare. Cutura tira per la vittoria di Zagabria a 5” dal termine e sbaglia, Popovic sbaglia il tiro della speranza di Zara e si va al secondo supplementare sul 96-96.

Il secondo supplementare

Le emozioni si susseguono, ci vorrebbero ore per raccontarle tutte. Popovic fa la partita della vita con 36 punti in 30 minuti e tiene Zara sempre avanti, senza fiato si arriva agli ultimi 12 secondi: Zara 111, Zagabria 108, palla in mano a Zagabria. Serve una tripla per portare la partita al terzo supplementare. La Dom Sportova è una bolgia, in campo ci sono alcuni tra i migliori tiratori al mondo: Nakic, Cutura, Cvijeticanin mentre Petrovic guarda l’evolversi delle cose da bordo campo insieme al resto dei compagni, in un palazzetto dove nessuno riesce a starsene seduto.
Rimessa da metà campo, palla quasi persa dal Cibona, si cerca un tiratore nel delirio, prova Nakic da sinistra da tre, sbaglia, rimbalzo di Vukicevic, i difensori dello Zara si aprono per andare a marcare le bocche da fuoco, micidiali, del Cibona, mancano 5”, una tripla manderebbe le squadre ad un incredibile terzo tempo supplementare, le braccia dei tiratori sono tese ma Vukicevic, da solo, appoggia la palla al tabellone, segna, alza le braccia al cielo, guarda il tabellone, Casa 110 Ospiti 111, suona la sirena. Zara ha battuto la corazzata Cibona.

Flash Forward

  • Stojko Vrankovic giocò nei Celtics, nei Timberwolves e nei Clippers
  • Petar Popovic allenò in due occasioni lo Zara
  • Ivo Nakic vinse un’altra coppa campioni col Partizan Belgrado, successo che chiuse il ciclo Jugoslavo.
  • Danko Cvijeticanin andò a fare lo scout per Philadelphia e poi per Brooklyn.
  • Drazen Petrovic spiegò le sue ali ed entrò nella leggenda
Per commentare o fare domande potete visitare i profili Twitter e Instagram di Zoran Filicic o il sito internet www.zoranfilicic.com
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