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Basket, Eurolega: Da Banchi a Messina: le basi comuni delle Milano migliori

Daniele Fantini

Aggiornato 26/02/2021 alle 12:28 GMT+1

Con la vittoria sul Khimki Mosca, l'Olimpia Milano è certa di non chiudere con un record negativo la regular-season nell'era dell'Eurolega moderna: è soltanto la seconda volta nella storia, dopo la storica "prima" di Luca Banchi di sette anni fa. Quella squadra presenta chiari tratti in comune con quella attuale di coach Messina, tra gruppo, capacità di crescita e forza difensiva.

Luca Banchi, Ettore Messina, Olimpia Milano, Euroleague

Credit Foto Getty Images

Come sappiamo, la vittoria sul Khimki è valsa, con il numero magico 17, il record di successi conquistati da Milano in una singola stagione nell'era dell'Eurolega moderna (post-2000). Beh, facile, direte voi, perché prima del 2016-17, anno di introduzione della formula a girone unico, si giocavano meno partite. Vero. Allora possiamo intenderla in un altro modo. Con la vittoria sul Khimki, l'Olimpia è certa di non chiudere la regular-season con un record negativo (dovesse tragicamente perdere le otto gare ancora in calendario, farebbe 17-17). E sarebbe soltanto la seconda volta in 15 anni dopo la cavalcata del 2013-14 con Luca Banchi, il solo coach in grado di portare Milano a giocare i playoff, poi persi in maniera amara contro il Maccabi Tel Aviv.
Le uniche due squadre vincenti della storia recente biancorossa sono separate da sette anni, quasi un'era geologica per i ritmi di sviluppo della pallacanestro moderna. Nonostante la squadra di Banchi, nel suo gioco-base con il giovane Nik Melli ancora calato in un ruolo di ala forte perimetrale, mostrasse già chiari segni di un basket molto attuale per concetti e spaziature (vedi la partenza da pick'n'roll centrale, i tiratori negli angoli e il pick'n'roll laterale giocato sul ribaltamento), oggi si gioca un basket differente, più rapido, atletico e con sistemi offensivi basati sull'idea di flusso e di letture. Eppure, tra la Milano e di Banchi e quella di Messina ci sono evidenti tratti caratteristici comuni capaci di trascendere lo scorrere del tempo, requisiti necessari e imprescindibili per la costruzione di squadre di alto livello, in qualsiasi situazione e periodo storico.

Gruppo, chimica ed efficacia del sistema

Il primo, e più importante, è il concetto di gruppo. Inteso sia come chimica di squadra che, soprattutto, come propensione e desiderio dei giocatori di lavorare bene insieme. La Milano di Messina possiede un nucleo centrale estremamente solido e molto affidabile. Messina ha a disposizione uno zoccolo duro di 7-8 elementi con una chimica e una coesione di alto livello, su cui può andare poi a inserire uomini di rotazione a seconda delle situazioni e dei momenti delle partite. E questa chimica, unita a chiare attribuzioni di ruoli e responsabilità individuali, è così funzionale da permettere la massimizzazione dell'efficacia dei singoli all'interno del sistema. Il concetto era chiaramente visibile anche nella Milano di Banchi, dove il gruppo, per qualità generale degli interpreti, era probabilmente inferiore a quello dell'Olimpia attuale, ma la chimica di squadra talmente ben sviluppata da generare un risultato finale molto, molto superiore alla semplice somma delle qualità dei singoli elementi a roster.
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Luca Banchi, Head Coach of EA7 Emporio Armani Milan during the 2013-2014 Turkish Airlines Euroleague Top 16 Date 7 game between EA7 Emporio Armani Milan v Unicaja Malaga at Paladesio on February 20, 2014 in Milan

Credit Foto Getty Images

Capacità di crescere e migliorare

Il secondo, forse lo spartiacque più importante che divide una squadra vincente da un grande esperimento fallito, è la capacità di migliorare. La Milano di Messina ha cominciato la stagione in maniera concreta, vero, ma tra dicembre, gennaio e le Final Eight di Coppa Italia ha vissuto una vera e propria esplosione verso l'alto, trovando una quadratura, una compattezza e un gioco degni delle grandissime squadre d'élite del continente.
Allo stesso modo, l'Olimpia di Banchi approcciò la stagione in maniera altalenante (soltanto 5-5 nella fase a gironi) per poi "cliccare" nel corso delle Top 16, quando l'inserimento in corsa di Daniel Hackett sistemò parecchi equilibri su entrambi i lati del campo: ne uscì un momento magico da 7 vittorie consecutive (ancora oggi record storico del club, sfiorato soltanto dalle 6 raccolte quest'anno a gennaio) in cui Milano batté tutte le squadre del girone a 8, comprese le grandissime corazzate del tempo, tra Olympiacos (andata e ritorno con un +30 casalingo), Panathinaikos, Barcellona (+28 in casa) e Fenerbahçe di un paonazzo Zeljko Obradovic (andata e ritorno). In entrambi i casi si ricava non soltanto la bontà del lavoro dell'allenatore (non dimentichiamo che, al tempo, Banchi veniva da un lungo periodo come assistente di altissimo livello nella Siena di Pianigiani) ma anche e soprattutto il desiderio dei giocatori di crescere, migliorare, sacrificarsi per raggiungere un obiettivo comune, aspetti che amplificano le qualità del coach e del gruppo stesso.
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Ettore Messina, Head Coach of AX Armani Exchange Milan in action during the 2020/2021 Turkish Airlines EuroLeague Regular Season Round 15 match between Anadolu Efes Istanbul and AX Armani Exchange Milan at Sinan Erdem Dome on December 17, 2020 in Istanbul

Credit Foto Getty Images

Difesa, il perno di tutto

Il terzo e ultimo, derivazione dei primi due concetti (del secondo, in particolare) è la fame di vincere, di emergere, traducibile in concentrazione e focus massimi, e, a loro volta, in dedizione piena, totale e assoluta nella metacampo difensiva. Il ritornello, d'altronde, torna sempre. Puoi segnare quanti punti vuoi, ma se il tuo attacco non è sorretto da un sistema difensivo all'altezza, è molto difficile, se non impossibile, essere una squadra vincente. Ne è un esempio, molto recente, la Milano di Pianigiani, oscillante tra il miglior attacco e la peggior difesa del torneo: anche nella sua stagione migliore (2018-19), l'Olimpia si fermò a 14-16, mancando la qualificazione ai playoff.
Quest'anno, l'Olimpia di Messina è la sesta miglior difesa del torneo per efficienza difensiva (96.3 punti concessi per 100 possessi) e ha mostrato in tante occasioni di saper soffocare anche grandi sistemi offensivi avversari con momenti (se non interi tempi) di applicazione collettiva totale, il vero punto di forza e il vero elemento di distinzione non soltanto rispetto al passato, ma, più un generale, tra una squadra normale e una squadra di élite in Europa. Allo stesso modo, anche la Milano di Banchi, seppur guidata in attacco dal miglior Keith Langford della carriera, si reggeva su un'efficacia difensiva di qualità eccelsa (quarta miglior difesa delle Top 16 dietro soltanto a squadre che, al tempo, rappresentavano il non plus ultra, come Panathinaikos, Olympiacos e Barcellona), grazie alla presenza di ottimi giocatori di sistema come Daniel Hackett, David Moss, Nicolò Melli, Gani Lawal, Bruno Cerella e la capacità di questi stessi di infondere ed espandere la propria passione nel resto del gruppo, trasformandolo in una macchina coesa.
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