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Eurolega: esperienza e veterani, Milano ha fatto il salto di qualità

Daniele Fantini

Pubblicato 03/10/2020 alle 15:15 GMT+2

Il mercato estivo ha dato indicazioni chiare, e la prima partita di Eurolega le ha confermate: quest'anno l'Olimpia Milano può contare su una batteria di interpreti con un livello di esperienza, conoscenza del gioco e capacità di vincere le partite da top-team in Europa.

L'AX Armani Exchange Milano festeggia Shavon Shields dopo la tripla della vittoria contro il Bayern Monaco

Credit Foto Getty Images

5.4 punti. È lo scarto medio delle 12 vittorie conquistate nella scorsa stagione in Eurolega da Milano, soltanto due delle quali in doppia cifra. Tante partite tirate, tanti finali in volata, sette dei quali decisi con un margine ristrettissimo, compreso tra 1 e 4 punti. Nell'imbastire il mercato estivo, la domanda di coach Ettore Messina è stata spontanea: questa squadra ha abbastanza esperienza per gestire un numero così alto di finali punto-a-punto?
Conosciamo anche la risposta, "no", che ha portato al pesante restyling del roster seguendo indicazioni ben precise: nessuna scommessa, eccezion fatta per Davide Moretti (ma necessaria per completare il reparto italiani), e all-in sull'usato sicuro, su giocatori di comprovata esperienza internazionale, già avvezzi al livello Eurolega e, se possibile, già abituati a vincere. Se avete poca dimestichezza col basket europeo, vi diamo una dritta: Kyle Hines (4 titoli, 8 partecipazioni alle Final Four) e Gigi Datome (1 titolo, 4 Final Four) rispondono a tutti questi requisiti.
L'esordio in trasferta a Monaco, contro una squadra con poco talento offensivo ma con una durezza fisica e mentale straordinaria, si è subito trasformato in un banco di prova importante. In una partita che non ha mai avuto un vero padrone, Messina ha utilizzato una rotazione ampia, a 11 giocatori, salvo poi restringerla all'osso nelle fasi cruciali, dando fiducia ai suoi veterani: i due già citati Hines (33') e Datome (26'), più Malcolm Delaney (32'), Shavon Shields (37') e Sergio Rodriguez (24'), unico superstite della scorsa stagione.
I minuti indicati tra parentesi di fianco a ogni giocatore non sono un dettaglio, ma rimarcano il fatto che sono stati loro i cinque più utilizzati in gara. Un quintetto inedito, con poca chimica accumulata anche in campionato (dove Kevin Punter e Vlado Micov si sono spartiti una grossa fetta di minuti sul perimetro prima dei rispettivi infortuni), ma con caratteristiche comuni: esperienza, sangue freddo, conoscenza del gioco, intelligenza cestistica e, soprattutto, capacità di alzare il proprio livello nelle situazioni più bollenti. In altre parole, saper giocare a pallacanestro per vincere.
Il tiro della vittoria di Shields, seppur difficile, è entrato. Quello più comodo di Baldwin per il controsorpasso del Bayern sulla sirena no. All'occhio poco allenato, potrebbe sembrare un caso. In realtà, per chi conosce meglio le dinamiche interne di una partita, non è così. Perché un conto è tirare, un conto è tirare per vincere. Forse, l'anno scorso Milano avrebbe perso un finale punto-a-punto di questo tipo.
Attenzione, però, perché il rapporto è mutuale. Senza Messina, non ci sarebbe questa Milano. Perché un grande allenatore non vince senza giocatori, ma i grandi giocatori vanno là dove sanno di trovare un coach che può aiutarli a migliorare, anche se hanno già alle spalle una carriera straordinaria. Il binomio è inscindibile.
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