"Trust the Process": come Joel Embiid sta trasformando i Sixers
Aggiornato 14/01/2017 alle 12:41 GMT+1
Già destinato a diventare Rookie dell’anno, Joel Embiid è a tutti gli effetti un All Star nonostante i due anni trascorsi in infermeria per il doppio infortunio al piede e le sole 27 partite giocate da professionista: in questa prima parte di stagione sta tenendo numeri pazzeschi e ha riacceso l’entusiasmo dei tifosi dei Sixers come ai tempi di Allen Iverson dopo tre anni di sofferenze atroci.
Sono trascorsi tre anni dall’ultima striscia di 4 vittorie consecutive dei Philadelphia 76ers: una serie di 4 trasferte tra il 30 dicembre e il 4 gennaio, in cui la squadra di Brett Brown superò i Los Angeles Lakers, Denver, Sacramento e Portland, aggiornando il proprio record a 12-21. I tifosi, in quel momento stuzzicati dal processo di ricostruzione di Sam Hinkie, rimasero quasi spaventati da quello che poi si rivelò uno sprazzo vincente molto effimero: la squadra chiuse la stagione con un record di 19-63 e ottenne la terza scelta al draft. Joel Embiid.
Ora, i Sixers cavalcano una striscia di 3 successi consecutivi dopo aver superato in serie Brooklyn, New York e Charlotte, aggiornabile a 5 W nelle ultime 6 uscite se consideriamo anche i successi su Denver e Minnesota: il protagonista di questa mini-cavalcata è proprio quello stesso Joel Embiid e, questa volta, i tifosi, dopo tre anni di sofferenze estenuanti, sembrano totalmente rivitalizzati come ai tempi di Allen Iverson. E non si spaventano più di fronte a una serie vincente, anzi. Ora cominciano a intravedere quei risultati disegnati sul lungo periodo nella contraddittoria gestione Hinkie.
“Trust the Process”, il motto dello stesso Hinkie, è diventato il coro per incitare Embiid, che se n’è subito appropriato, istrionico com’è, per uno dei soprannomi più divertenti e curiosi della Lega: il centrone originario del Camerun sta viaggiando a 22.6 punti, 8.6 rimbalzi, 2.4 assist e 2.0 stoppate di media nel mese di gennaio, numeri pazzeschi nonostante il minutaggio limitato a non più di 28 minuti a partita per evitare ripercussioni su quel piede fratturato per due volte che lo ha costretto a saltare due stagioni. Il premio di Rookie of the Year è già ampiamente in cassaforte, e il sogno di poter partecipare già all’All Star Game non è poi così peregrino, considerando anche la fortissima spinta proveniente dai social media per un giocatore che usa Twitter come un vero artista della comunicazione.
Nonostante abbia cominciato a giocare seriamente a pallacanestro in età relativamente tarda (15 anni), Embiid è riuscito a costruirsi un arsenale offensivo pazzesco, ricalcando inizialmente i movimenti di Hakeem Olajuwon e ampliandoli poi con i gesti tipici dei giocatori perimetrali. In post-basso ha una forza pazzesca per prendere posizione profonda e attaccare spalle a canestro in situazione di single-coverage, e una rapidità di piedi che gli permette di trovare soluzioni uniche nel traffico. Pochi, pochissimi giocatori nella NBA moderna possono vantare un repertorio simile, e soprattutto dopo sole 27 partite giocate da professionista. Ma ciò che lo rende veramente immarcabile è la sua capacità di aggiungere anche una dimensione esterna di livello sbalorditivo per un giocatore delle sue dimensioni (213 cm, 113 kg): Embiid ha proprietà di palleggio e controllo del corpo per attaccare in penetrazione dalla punta ma anche raggio di tiro per essere pericoloso a rimorchio, segnando triple in faccia a difensori smarriti che lo attendono, invece, nel verniciato.
Accanto a questa doppia dimensione offensiva che tenderà a essere sempre più tipica delle superstar della futura NBA (vedi Porzingis, ad esempio), Embiid fornisce una carica difensiva altrettanto devastante: con lui in campo, Philadelphia è tra le squadre migliori della Lega per punti subiti e protezione del ferro, ma quando si siede in panchina, quella statistica frana altrettanto rapidamente verso l’ultima posizione della classifica. Ed è questo il motivo per cui l’attuale dirigenza di Phila, guidata da Bryan Colangelo, sta temporeggiando per risolvere la spinosa questione dell’eccessivo affollamento nella posizione di centro, con Nerlens Noel e Jahlil Okafor. Dopo gli screzi iniziali con Noel, ora sembra Okafor (estremamente poroso in difesa) il giocatore destinato a essere sacrificato per dare un miglior bilanciamento a roster, con l’inserimento di uno/due giocatori esterni di qualità in attesa del debutto di Ben Simmons, destinato a fungere da point-forward per lunghi sprazzi di partita, proprio come Giannis Antetokounmpo a Milwaukee.
E se consideriamo che Embiid ha ancora margini di miglioramento assurdi per essere un giocatore già così dominante con esperienza praticamente nulla alle spalle, è presumibile che “The Process” divenga il volto della franchigia per molti anni, e probabilmente anche quello della Lega in futuro. Quando avrà ripulito il gioco offensivo dalle normali ingenuità da rookie (palleggi eccessivi a centrocampo, forzature in 1vs1, ritmo non sempre adatto alla situazione) e affinato l’intelligenza tattica difensiva in termini di posizionamento, Jo-Jo è destinato a diventare uno dei più grandi di sempre.
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Scaricala
Scannerizzala
Contenuti correlati
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità