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Shaquille O'Neal e Kobe Bryant, nemici-amici: la coppia più controversa della storia NBA

Daniele Fantini

Pubblicato 06/03/2019 alle 15:32 GMT+1

In occasione del 47° compleanno di Shaquille O'Neal, ricordiamo quella straordinaria coppia formata con Kobe Bryant tra il 1996 e il 2004: in otto stagioni con i Los Angeles Lakers, toccarono momenti epici come il three-peat del 2002, ma anche bassi abissali, come le Finals 2004. Tra gelosie, invidie e screzi, sono stati il duo più dominante ma allo stesso tempo più autodistruttivo della storia.

Kobe Bryant, Shaquille O'Neal, Los Angeles Lakers, 2003

Credit Foto Imago

Quello che ci ha resi speciali è che nessun'altra coppia è mai stata così controversa come noi. Siamo stati i più enigmatici e controversi di sempre. Ma quando dovevamo giocare, eravamo l'1-2 più dominante di sempre, la coppia esterno-interno migliore di sempre - Shaquille O'Neal
Non si può parlare di Shaquille O'Neal senza Kobe Bryant. Shaq & Kobe vanno via come un binomio, per tutto quello che hanno fatto (nel bene e nel male) e per quello che hanno rappresentato per il mondo della pallacanestro e della NBA. Con i suoi 216 cm per 140 kg morbidamente appoggiati su un paio di piedi da ballerino, Shaq è stato probabilmente il centro più dominante della storia dopo Wilt Chamberlain. Ma, dall'altra parte, forse nessun giocatore si è mai avvicinato così tanto per tecnica e mentalità a Michael Jordan come Kobe Bryant. Bighellone il primo, severo il secondo, due giocatori del genere, con personalità così forti e distinte, erano destinati a realizzare imprese incredibili, ma anche a cozzare in modo altrettanto distruttivo. E l'alternanza tra momenti armonici e ostili, quasi sfociati in vero odio, ha caratterizzato l'intero percorso degli otto anni trascorsi insieme con i Los Angeles Lakers.
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Nel 1996, i Lakers di Shaquille O'Neal e Kobe Bryant si fermarono al secondo turno dei playoff, battuti 4-1 dagli Utah Jazz.

Credit Foto Getty Images

Il three-peat più controverso di sempre

Quando si ritrovarono assieme in gialloviola, Kobe era un imberbe diciottenne poco loquace ma con livelli di autostima già stellari: aveva scelto di saltare il college per entrare direttamente in NBA dopo aver vinto il titolo statale con la sua Lower Merion High School, liceo di Philadelphia. I Lakers lo scambiarono con gli Charlotte Hornets per Vlade Divac, l'allora centro titolare, perché avevano appena messo le mani su Shaq: reduce da una finale NBA e una di Conference nelle due stagioni precedenti con gli Orlando Magic, O'Neal era il big-man più futuribile dell'intero panorama NBA, in un'epoca dove i centri erano ancora più che dominanti.
Avrei qualcosa da dire. Credo che Bryant stia giocando in maniera troppo egoista per permetterci di vincere - Shaquille O'Neal
La crescita tecnica ma soprattutto di popolarità di Bryant, creò un'altalena di contrasti con Shaq, in un confronto sempre più serrato tra due galli troppo grossi per coesistere nello stesso pollaio. Eppure, l'arrivo di Phil Jackson in panchina nell'estate del 1999 al posto di Kurt Rambis, riuscì magicamente a tenere assieme i pezzi. Jackson, reduce dal doppio three-peat con i Chicago Bulls, esportò il suo attacco triangolo anche ai Lakers, facendo di Shaq il perno principale di un sistema che lasciava però anche grande spazio di interpretazione a Bryant. Tra il 2000 e il 2002 arrivarono tre titoli consecutivi, dalla pazzesca rimonta con Portland, alla storica cavalcata del 2001 (quando i Lakers persero una sola partita di playoff delle 17 giocate) fino alla sfida con i Sacramento Kings, tanto spettacolare quanto controversa per lo scandalo arbitrale legato a Tim Donaghy.
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Battendo i New Jersey Nets con un secco 4-0 nelle Finals del 2002, Shaquille O'Neal e Kobe Bryant festeggiarono il three-peat dei Los Angeles Lakers.

Credit Foto Getty Images

La caduta e il tonfo finale

Chiedete a Malone e Payton perché sono venuti qui. Per una persona. Non due. Una. Punto - Shaquille O'Neal
Nonostante i successi e la potenziale costruzione di una dinastia destinata a dominare per molti altri anni a venire, i contrasti tra Shaq e Kobe si inasprirono in maniera irrimediabile proprio quando i Lakers toccarono l'apice. Il three-peat fu seguito da una stagione incolore e dall'incredibile flop del 2004, quando i gialloviola, trasformatisi in Big Four con gli arrivi di Gary Payton e Karl Malone, persero malamente 4-1 in finale contro i Detroit Pistons.
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Nelle Finals del 2004, i Lakers vennero distrutti dai Detroit Pistons, squadra molto più organizzata, solida, e con un sistema difensivo eccezionale.

Credit Foto Getty Images

La separazione: Shaq in missione a Miami

Non mi piace la direzione in cui stanno andando. Non voglio farne parte - Shaquille O'Neal
Quella sconfitta lasciò strascichi pesantissimi, a partire dall'addio di Phil Jackson, la goccia che fece traboccare il vaso già colmo di Shaq: O'Neal chiese di essere ceduto e venne immediatamente accontentato con una trade con Miami che portò a Los Angeles Lamar Odom, Caron Butler, Brian Grant e una prima scelta al draft. I Lakers avevano fatto una scelta precisa: il giorno dopo la partenza di O'Neal, Bryant, fino a quel momento in lizza per passare ai Clippers o seguire le orme di MJ ai Chicago Bulls, firmò un contratto da sette anni per 136 milioni di dollari, legandosi praticamente a vita ai gialloviola.
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Shaquille O'Neal conquistò il suo quarto titolo della carriera con i Miami Heat nel 2006, ma Dwyane Wade fu MVP di quelle Finals vinte contro Dallas.

Credit Foto Getty Images

Ho dimostrato di poter vincere ovunque, non soltanto con una certa guardia mangiapalloni a Los Angeles - Shaquille O'Neal
A Miami, Shaq era in missione: doveva dimostrare di essere più forte di Kobe e di poter vincere senza di lui. E al momento del primo incontro tra Lakers e Heat, in occasione del Christmas Game 2004, O'Neal non lesinò le parole: "Bryant è una Corvette lanciata a tutta velocità, io sono un muro di mattoni". Mentre i nuovi Lakers di Kobe agonizzavano agli inizi nell'inevitabile processo di ricostruzione, Shaq vinse l'anello nel 2006 con Miami: la sua missione era compiuta, anche se chiusa nella figura di comprimario, con Dwyane Wade a prendere il palcoscenico di quel successo.

L'ultimo screzio prima della riappacificazione

Kobe, non ce l'hai fatta senza di me. E ora, baciami il c..o - Shaquille O'Neal
L'ultimo capitolo della saga si consumò nel 2008, quando i Boston Celtics di Ray Allen, Paul Pierce e Kevin Garnett superarono in finale i rinati Lakers di Kobe Bryant e Pau Gasol. Rappando in un locale di New York, Shaq si tolse l'ultimo sasso dalla scarpa prima di vedere il suo ex-compagno di squadra vincere due titoli consecutivi, riprendendosi la rivincita sugli stessi Celtics.
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Bryant e O'Neal condivisero il premio di MVP dell'All Star Game 2009: Kobe segnò 27 punti, Shaq ne fece 17 con un solo errore al tiro.

Credit Foto Allsport

L'anno seguente, Shaq e Kobe vennero eletti co-MVP dell'All Star Game di Phoenix che aprì il percorso di riappacificazione, poi culminato in un faccia-a-faccia televisivo del febbraio 2018 in cui Shaq ammise i propri errori con la spontaneità che lo ha sempre contraddistinto.
Devo delle scuse a Kobe. Quando mi hai dato il trofeo dell'All Star Game del 2009, l'ho portato a casa e dato a mio figlio Shareef. Lì mi sono accorto che c'era qualcosa che non andava. Perché si sa, sono un maestro del marketing, e il 60% della nostra rivalità è stata tutta una montatura.
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