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Basket, Draft 2020: le 5 domande su Nico Mannion, l'ultimo italiano in NBA

Davide Fumagalli

Pubblicato 19/11/2020 alle 18:33 GMT+1

L'azzurro Nico Mannion è stato scelto con la numero 48 dai Golden State Warriors, la squadra di Steve Kerr e Stephen Curry, la stessa che chiamò suo padre Pace nel 1983. Il playmaker classe 2001 è però crollato nelle quotazioni rispetto alle previsioni che parlavano almeno di primo giro.

Nico Mannion

Credit Foto Eurosport

Il sogno NBA di Nico Mannion si è avverato: la guardia classe 2001 nata a Siena, figlio dell'ex giocatore di Serie A Pace Mannion e dell'ex pallavolista Gaia Bianchi, è stato chiamato dai Golden State Warriors con la numero 48 assoluta al Draft 2020 andato in scena la scorsa notte. Un crollo nelle quotazioni che ha certamente sorpreso ma che lo porterà comunque ad essere il sesto azzurro a giocare in NBA negli anni Duemila dopo Andrea Bargnani, Danilo Gallinari, Marco Belinelli, Gigi Datome e Nicolò Melli. Pur essendo cresciuto negli Stati Uniti, Mannion è italiano a tutti gli effetti e ha già esordito con la nazionale a soli 17 anni, a Groningen, Paesi Bassi, il primo luglio di due anni fa, dove segnò 9 punti.

1) Perchè è crollato fino alla 48 del Draft 2020?

Fa molto strano che un ragazzo del talento di Nico Mannion sia crollato così tanto nelle quotazioni. Nei Mock Draft di 12 mesi fa era considerato un Top 10, uno dei primissimi nel ruolo, aveva giocato gli All Star Game coi migliori liceali d'America (McDonald's All American Game, Jordan Classic e Nike Hoop Summit, ndr) ed era arrivato all'università di Arizona tra squilli di tromba. Certamente la sua annata a Tucson non è stata clamorosa, senza particolari lampi (14 punti e 5 assist di media col 37% da tre), e altrettanto di sicuro ha influito lo stop anticipato della stagione e l'assenza di un processo pre Draft tradizionale con interviste e provini. I dubbi sul suo gioco e sul suo fisico esile hanno fatto il resto, altri giocatori nel suo ruolo sono cresciuti (il francese Hayes e Kira Lewis ad esempi) e poi si sono diffusi rumors su suoi workout poco convincenti che hanno fatto prendere strade diverse a molte franchigie.

2) Perchè i Golden State Warriors sono l'ambiente ideale?

I Warriors sono nell'èlite NBA a livello di gestione della franchigia e di sviluppo dei giocatori da almeno 10-15 anni, oltre ad essere stata la squadra di riferimento tra il 2014 e il 2019 dove hanno giocato 5 finali consecutive ottenendo 3 titoli. I proprietari Lacob e Gruber, il presidente Bob Myers e coach Steve Kerr con tutto il suo staff sapranno come ottenere il massimo da Nico Mannion, a prescindere dalla posizione di chiamata, dal percorso pre Draft e dal background del ragazzo. Inoltre sono una franchigia che ha saputo costruire i propri successi nel tempo, con calma, aggiungendo un pezzo alla volta e assemblando un "core" fatto da giocatori di talento, umano oltre che tecnico, e che si affacciavano alla NBA certamente non da primi della lista, compreso Stephen Curry ma anche Klay Thompson e Draymond Green, i "Big Three" di Golden State che puntano a riaprire un nuovo ciclo. In generale nella Bay Area c'è un ambiente molto rilassato, "friendly", senza eccessive pressioni e con la consapevolezza che ai giovani come Nico va dato tempo.

3) Avrà spazio fin da subito in NBA?

Innanzitutto va chiarito che essendo stato scelto al secondo giro, Mannion non ha automaticamente un contratto garantito coi Golden State Warriors. Visto l'entusiasmo dimostrato dalla franchigia ci sono ottime chance che venga "firmato" e tenuto nel roster, anche se non è escluso che possa poi essere trasferito temporaneamente ai Santa Cruz Warriors, la franchigia di G-League affiliata a Golden State. A vantaggio di Mannion c'è il fatto che nel roster al momento come playmaker ci sono solo Stephen Curry e Ky Bowman, ragazzo che lo scorso anno arrivò senza nemmeno essere scelto al Draft, e questo fa capire come gli Warriors non neghino a nessuno una chance; a suo svantaggio c'è invece il fatto che, a causa della pandemia e con così poco tempo tra una stagione e l'altra, l'NBA non ha potuto organizzare le Summer League in cui tanti ragazzi, scelti al secondo giro o non scelti al Draft, solitamente si mettono in vetrina per cercare di strappare un contratto. Come detto però Golden State si è detta entusiasta del suo arrivo, la franchigia è la stessa che chiamò suo padre Pace alla 43 nel Draft del 1983, Nico viene da Arizona, la stessa università di coach Steve Kerr, e poi c'è un legame con Stephen Curry, uno degli idoli di Mannion, che in passato ha partecipato ai camp estivi organizzati proprio dal due volte MVP NBA.
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Nico Mannion al Draft NBA 2020: il sogno del "Red Mamba" italiano è cominciato

4) Il suo futuro si lega all'infortunio di Klay Thompson?

Questa è una variabile imprevista che potrebbe avere qualche riflesso anche su Mannion. I Warriors attendono notizie certe sull'infortunio alla gamba destra di Klay Thompson e da quanto filtra non è nulla di buono, anzi, e quindi coach Steve Kerr potrebbe essere obbligato a ridistribuire i minuti che di solito gioca il super tiratore da Washington State: Nico non è ovviamente un clone di Klay ma potrebbe avere qualche opportunità in più di farsi vedere, magari giocando anche lontano dalla palla. A questo va aggiunto il fatto che i Warriors non hanno una situazione salariale molto flessibile, il salary cap è intasato, per cui non hanno troppe risorse da investire su un free agent che vada a rimpiazzare Thompson, magari lo staff e il presidente Myers potrebbero preferire puntare su un giocatore già nel roster, l'azzurro per esempio.

5) L'approdo a Golden State lo aiuterà anche in chiave Nazionale?

Questa è la speranza di tutti i tifosi azzurri, degli appassionati che seguono la nazionale. Come già spiegato Nico Mannion è italiano a tutti gli effetti, ha già esordito dimostrando il proprio attaccamento per i colori azzurri e non c'è alcun dubbio che l'approdo in NBA, e in particolare ai Warriors, lo possa aiutare nella sua crescita e nel suo sviluppo, andando di riflesso ad aiutare anche la causa dell'Italia. Allenarsi tutti i giorni con Steph Curry, con Draymond Green, sotto le istruzioni di Steve Kerr e di un guru come Ron Adams, e con i consigli di ex veterani come Leandro Barbosa e Shaun Livingston, ora dirigenti, non potrà che giovare alla maturazione del nativo di Siena. Inevitabilmente dovrà ampliare il suo gioco, diventare più affidabile al tiro da fuori e mettere massa muscolare: il talento però è cristallino, è sempre quello del prospetto finito su Sports Illustrated a soli 15 anni. In tanti potrebbero pentirsi di non averlo scelto ben prima della 48.
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