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Basket, l'NBA riflette: aggiungere due squadre per colmare le perdite?

Davide Fumagalli

Pubblicato 09/11/2020 alle 12:15 GMT+1

Visti i mancati introiti dal botteghino per 1.5 miliardi di dollari e con le arene che resteranno chiuse anche per gran parte del 2020-21, la NBA potrebbe valutare l'ipotesi di aggiungere altre due franchigie alle attuali 30 e incassare così subito oltre 4 miliardi. Le città papabili non mancano: Seattle e Las Vegas in primis, ma anche Kansas City, Louisville e Nashville.

Focus espansione NBA

Credit Foto Getty Images

L'NBA ripartirà il 22 dicembre, prima di Natale, e riuscirà a salvare almeno 500 milioni di dollari, ne ha recuperati almeno 1.5 miliardi con la "bolla" di Orlando, ma le perdite restano importanti e lo staff a disposizione del commisioner Adam Silver è a lavoro per trovare una soluzione e riportare i bilanci il più possibile verso la parità. Considerato che nel 2019-20 c'è stata una perdita del 10% rispetto all'anno precedente, ESPN ha stimato che nel 2020-21 la NBA potrebbe perdere quasi 4 miliardi di dollari se le arene resteranno chiuse, ovvero il 40% dei ricavi.
Una delle ipotesi per "salvare" la situazione potrebbe essere quella di allargare il numero delle franchigie, aggiungerne almeno due alle attuali 30. A spiegarla è stato Patrick Rishe, professore specializzato in economia dello sport alla Washington University di Saint-Louis (Missouri), che alla CNBC ha detto:
Oggi, se stessimo parlando di aggiungere altri due franchising, ci sarebbe più di un miliardo di dollari condiviso (tra gli altri 30) e, all'inizio, questi due nuovi franchise non avrebbero diritto alla loro quota di reddito relativo ai diritti televisivi
Infatti, se una nuova franchigia volesse entrare in NBA, il proprietario dovrebbe pagare una "tassa d'ingresso" per una cifra corrispondente al valore medio di una franchigia, ora stimato a 2.1 miliardi di dollari (secondo Forbes i New York Knicks sono quelli che valgono di più, 4.6 miliardi, i Memphis Grizzlies quelli che valgono meno, 1.3 miliardi): quindi, aprendo a due nuove squadre, la NBA incasserebbe subito oltre 4 miliardi e colmerebbe un buco enorme. Certo, si tratterebbe di una "toppa" nel breve periodo ma nel medio-lungo potrebbe rivelarsi un boomerang perchè ci sarebbero altri due proprietari con cui dividere la torta degli introiti, in particolare quelli relativi ai diritti televisivi che, guardando alla situazione attuale, non metterebbero più sul tavole le cifre abnormi dell'ultimo contratto (24 miliardi di dollari per 9 anni fino al 2025-26 da ESPN/ABC e TNT).
Si parla comunque di numeri altisonanti se consideriamo che 25 anni fa, nel 1995, le nuove nate Toronto Raptors e Vancouver Grizzlies pagarono 125 milioni di dollari a testa per entrare in NBA: ora come "tassa d'ingresso" serve una cifra almeno dieci volte superiore. Sono cambiati i tempi e sono esplose le cifre legate alla vendita delle franchigie: basti pensare che non più di 10 giorni fa gli Utah Jazz sono stati rilevati da Ryan Smith, 38enne imprenditore nel campo della tecnologia, per 1.6 miliardi di dollari dalla famiglia Miller che acquistò la franchigia nel 1985 per 22 milioni!

Le candidate: Seattle e Las Vegas, ma non solo

Ogni volta che si parla di espansione da parte della NBA, inizia subito la conta delle città che potrebbe ospitare una franchigia. I nomi più caldi sono quelli di Seattle e Las Vegas: Seattle vanta una grande tradizione a livello cestistico, fino al 2008 ci sono stati i SuperSonics, ci sono ancora e vincono le Storm della WNBA, in generale è una zona molto florida sia a livello liceale, sia collegiale, e tanti giocatori vengono da lì, basti solo pensare a Jamal Crawford e a Isaiah Thomas, per citare gli ultimi; Las Vegas invece è il quartier generale estivo della NBA per le Summer League ma anche della nazionale americana che prepara i Mondiali e le Olimpiadi, le Aces della WNBA sono una squadra di vertice e ultimamente sono arrivati i Raiders della NFL e i Golden Knights della NHL, per cui c'è grande voglia di sport.
In termini di strutture, la città del Nevada può contare sulla T-Mobile Arena, aperta nel 2016 e che può ospitare 20mila spettatori, mentre Seattle sta ultimando la Climate Pledge Arena, pronta per giugno 2021, che di fatto è la ristrutturazione della mitica Key Arena costruita nel 1962 e storica casa dei Sonics. I lavori per rimodernarla costano quasi un miliardo di dollari e sarà la prima arena ad impatto zero a livello ambientale del mondo.
Subito in seconda fila ci sono altre città: Louisville, capitale del Kentucky, ha una grandissima tradizione cestistica a livello collegiale e dispone del KFC Yum! Center, arena da oltre 22mila posti che è la casa dei Cardinals della NCAA; Kansas City, nel Missouri, ha il T-Mobile Center, struttura da quasi 19mila posti, e ha un legame con l'NBA visto che fino al 1985 ospitava i Kings, poi emigrati a Sacramento, senza contare la spinta di Patrick Mahomes, quarterback e stella dei Chiefs della NFL vincitori dell'ultimo SuperBowl; infine Nashville, nel Tennessee, la città che è tra le favorite per ospitare temporaneamente i Toronto Raptors alla Bridgestone Arena, struttura da oltre 19mila posti, ristrutturata nel 2015 e attualmente la casa dei Predators di hockey NHL.
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