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LeBron James è leggenda: dopo il sorpasso a Kareem Abdul Jabbar è il più grande di sempre? E Michael Jordan...

Davide Fumagalli

Aggiornato 08/02/2023 alle 14:40 GMT+1

NBA - Con il sorpasso a Kareem Abdul-Jabbar e il nuovo record di punti All-Time, si riapre inevitabilmente il dibattito se LeBron James sia il "più grande di sempre". Tante i fattori positivi verso la candidatura del Re anche se nel pensiero comune resta sopra tutti Michael Jordan, almeno in era moderna, senza tornare agli albori con Wilt Chamberlain e Bill Russell.

LeBron James e il record: come lui, nessuno prima, nessuno mai

Quasi 19 anni dopo Kareem Abdul-Jabbar, che strappò il primato a Wilt Chamberlain, torna a cambiare il leader per punti segnati nella storia della NBA a livello di regular season. Il 7 febbraio 2023 LeBron James supera l'asticella fissata a 38.387 (il 26 aprile 1989, ultima gara dell'ex Lew Alcindor) e sale in cima a questo Everest mettendo la sua virtuale bandierina, probabilmente con una corona visto che lui è il "Re", dopo essere stato il "Prescelto", "The Chosen One".
Inevitabilmente, questo traguardo riapre il discorso sul "più grande di sempre", il "GOAT" (Greatest of All Time), un tema difficile se non impossibile da trattare visto il confronto tra giocatori di epoche storiche differenti, ma la narrazione conta e gli appassionati non si tirano mai indietro su queste chiacchiere da bar. Quindi, con il record di punti, LeBron James si può considerare il GOAT? Oppure resta Michael Jordan il più grande di sempre per quanto sia iconico e ancora attuale? Perchè non Bill Russell che ha vinto 11 titoli e ha più anelli che dita delle mani? Perchè non Kareem Abdul-Jabbar, eletto 6 volte MVP stagionale? O Magic Johnson, che ha rivoluzionato il gioco da playmaker nel corpo di un lungo? O ancora Kobe Bryant, Stephen Curry, Shaquille O'Neal, Tim Duncan o Wilt Chamberlain?
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LeBron James e Michael Jordan all'All Star Game 2022

Credit Foto Getty Images

Da qualsiasi punto la si guardi, è un tema iper soggettivo, però si può dire che, considerata la storia moderna del gioco, si arriva a due nomi: Kings James e His Airness MJ.
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Michael Jordan e LeBron James a confronto: le migliori azioni alle Olimpiadi

Perchè LeBron James è il più grande di sempre

Non ha gli stessi titoli di Jordan (6) o Kobe Bryant (5), non ha forse i momenti o i tiri iconici dei due appena citati, e nemmeno quell'aura di infallibilità, quel magnetismo, quella fame di vittoria e quello sguardo della tigre assetata di sangue di MJ e del Black Mamba. Quello che distingue LeBron James da tutti gli altri è la sua longevità, il suo essere riuscito ad arrivare a 20 stagioni NBA e a quasi 65mila minuti sul parquet (playoff compresi) conservando un livello altissimo, unico, impareggiabile, con una cura maniacale del corpo e dell'alimentazione che possono chiaramente definirlo un modello dello sport a livello professionistico per questo millennio, oltre ovviamente ad un record che pareva irraggiungibile, soprattutto da uno che non è entrato nelle Lega con la fama di realizzatore e che attualmente è pure il 4° di sempre per assist (unico con almeno 10mila punti, 10mila rimbalzi e 10mila assist).
In sostanza, il nativo di Akron, non ha mai calato la sua produzione e il suo livello di gioco e di impatto: mai sotto i 33' di media di utilizzo, mai sotto i 25 punti a gara (tolti i 20 dell'anno da rookie) tirando sempre con almeno il 47% (41.7 da matricola, l'eccezione). Non esistono precedenti nel basket a questo livello, perchè il Re fa questo da 20 anni, sì 20 anni: anzi, da prima, perchè si parla di lui da quando era al terzo anno di liceo a St. Vincent-St. Mary's e ESPN decise di mandare in TV nazionale alcune sue partite. Quindi, rispetto a Jordan e agli altri grandi, LeBron ha dovuto convivere con pressioni, aspettative, attese fin da quando era un 16enne ancora al liceo, cresciuto nei sobborghi di Akron con solo mamma Gloria al suo fianco.
James ha vissuto e vive in piena era social, dove ogni singola azione, ogni singola giocata, ogni singolo errore, ogni singola parola detta davanti alle telecamere viene analizzata, vivisezionata, criticata, elogiata da tutte le persone nel mondo in tempo reale. Questo "peso" lo ha vissuto brevemente Bryant ma non certo Jordan e gli altri che avevano "solo" la stampa classica con cui battagliare. LeBron si è definito "More Than a Athlete", più di un atleta: si è schierato politicamente (non Jordan, il richiamo va alla famosa frase "le scarpe le comprano democratici e repubblicani") e per campagne sociali, si è auto-affermato come la faccia della NBA, ha già avviato una una carriera extra-basket tra cinema (la casa di produzione Spring Hill e il film Space Jam 2), musica, beneficenza (la scuola aperta a Akron e la fondazione "I Promise") e persino investimenti in ambito calcistico (da alcuni anni è azionista di minoranza del Liverpool, top club di Premier League), senza dimenticare che è noto che il suo miglior amico e agente Rich Paul abbia da tempo un'agenzia che cura gli interessi di sportivi, anche cestisti, la Klutch Sports. Tutto questo lo porta ad essere nel mirino di "lovers" e di "haters" da 20 anni.
Infine, LeBron James è il primo giocatore-franchigia nel senso che è lui una franchigia in movimento e ha dimostrato di potersi calare al meglio in qualsiasi situazione e sistemarla a sua immagine e somiglianza sempre con obiettivi chiari, ovvero VINCERE. E' partito da Cleveland, la sua casa, e ha portato i Cavs fino alle Finals giocando come il primo Jordan; poi si è trasferito ai Miami Heat perchè sapeva che solo con altre due stelle come Wade e Bosh e una coppia allenatore-presidente come Erik Spoelstra e Pat Riley avrebbe potuto vincere; dopo due titoli a South Beach ha raggiunto la maturità e ha deciso di tornare a casa, a Cleveland, perchè aveva un debito e nel 2016 ha mantenuto la promessa, regalando il titolo alla sua gente; nel 2018 ha voluto prendersi un'ultima sfida, trasferirsi ai Lakers. Spostamento a Los Angeles anche per ragioni imprenditoriali, soprattutto per riportare in alto la franchigia più famosa della Lega, che navigava nei bassi fondi dopo la fine dell'era Kobe. E nel 2020 l'ha portata al titolo, il suo quarto con tre squadre diverse nell'arco di un decennio, da trascinatore e leader, da MVP delle Finals. Tutti fattori che portano LeBron ad essere di sicuro il più grande della sua era e il miglior marcatore della storia NBA, forse il numero uno assoluto di sempre.
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Perchè è ancora Jordan il più grande di sempre

Quello che differenzia Michael Jordan da tutti gli altri cestisti, e forse anche da tutti gli altri sportivi della storia recente, è il suo essere iconico, il suo essere riconoscibile in assoluto, il suo essere un simbolo globale ancora adesso a 20 anni dal ritiro dell'attività agonistica, perchè i ragazzini del 2023 vestono Jordan e indossano scarpe Jordan, senza averlo mai visto giocare probabilmente. MJ ha cambiato la storia della pallacanestro non tanto e non solo sul parquet, ma è diventato una sorta di divinità pagana: inevitabile il binomio con Nike, la dea della vittoria nella mitologia greca, lui che è la personificazione del successo, dell'infallibilità in campo (6 Finals, tutte vinte, contro le 6 perse a fronte di 4 vinte di James), con un magnetismo e una personalità che trasudava e trasuda da tutti i pori.
Ancora adesso, fortificata dalla serie di successo "The Last Dance", l'immagine di Michael Jordan è quella del vincente, di uno che ha reso i Chicago Bulls una franchigia in grado di vincere 6 titoli NBA in altrettante finali, e un brand che ancora oggi è tra i primissimi nello sport mondiale pur non giocando per l'anello da quel 1998. Con Jordan il basket e la NBA sono diventati globali, la lega americana si è aperta al mondo, MJ è stato il primo caso di giocatore che superava la Lega stessa come importanza, ricchezza e visibilità. Gli spot di Nike e di Gatorade, il film Space Jam, il ritiro e il ritorno in campo, tutto in un'epoca ancora senza internet e senza social media che ha reso ancor più clamorosa e mitologica la carriera di un uomo entrato nella Lega come un talento di belle speranze da North Carolina (scelto alla 3 del Draft 1984) ma che ha saputo prendersi tutto perchè, citandolo, "i limiti, come le paure, spesso sono soltanto un'illusione".
"Air Jordan" è un simbolo, un marchio di moda, oltre che un giocatore di pallacanestro, forse il più grande, perchè a differenza di quasi tutti gli altri ha impreziosito la sua carriera di momenti e tiri iconici: "The Shot" a Salt Lake City nel 1998, è l'ultimo diamante della collezione di un uomo che ancora oggi rappresenta la massima aspirazione di molti, sportivi e non.
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