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Era la loro forza: dov’è finita la difesa del Team USA?

Daniele Fantini

Aggiornato 15/08/2016 alle 14:33 GMT+2

Nelle ultime due partite, gli States hanno concesso più di 90 punti agli avversari con percentuali molto alte dal campo e forzando poche palle perse: se con la Francia hanno probabilmente giocato la miglior partita offensiva del torneo, l'attenzione si è ora spostata sugli evidenti problemi difensivi contro squadre ben organizzate, con lunghi tecnici e playmaker eccellenti in pick'n'roll.

Thomas Heurtel, Kyrie Irving, France-Team USA, Rio 2016 (AFP)

Credit Foto AFP

Se Antoine Diot non avesse segnato quella tripla allo scadere, il Team USA avrebbe vinto di 6 punti. O, magari, anche di 7-8, se solo avesse gestito in maniera più accorta un paio di possessi nel finale. Ma 3, 6 o 8 punti fanno poco la differenza per una squadra partita con ben altre ambizioni e rapporti di forza nei confronti degli avversari. Per la terza volta nelle ultime tre partite, il Team USA ha faticato, traballato e tremato, artigliando la seconda vittoria consecutiva per un solo, misero, possesso. Nel giro di tre giorni, gli States hanno aggiornato per due volte il file con le vittorie dallo scarto più piccolo nell’era da 73 successi consecutivi sotto coach Krzyzewski: c’è stato un +1 sulla Spagna in amichevole nel 2010, un +2 sul Brasile ai Mondiali dello stesso anno, e, ora, i +3 su Serbia e Francia.
Le vittorie più risicate del Team USA nell'era Krzyzewski:
ANNOTORNEOAVVERSARIOSCARTO FINALE
2010amichevoleSpagna+1
2010MondialiBrasile+2
2016OlimpiadiSerbia+3
2016OlimpiadiFrancia+3
Rispetto alle precedenti partite contro Australia (in vantaggio all’intervallo, prima avversaria degli States a riuscirci dopo la sconfitta in semifinale con l’Argentina ad Atene 2004) e Serbia (che ha tirato allo scadere con Bogdanovic per forzare l’overtime), quella contro la Francia è stata, a dispetto del +3 finale, la gara più “tranquilla” del lotto: il Team USA ha scavato il break con le seconde linee nel secondo quarto, e ha poi mantenuto un cuscinetto oscillante tra i 6 e i 10 punti di margine, toccando il +16 con palla in mano nelle battute conclusive del terzo periodo, ma venendo anche risucchiato a -4 alla metà del quarto periodo, quando il secondo quintetto della Francia, con un solo giocatore NBA (Lauvergne), ha mandato in tilt una line-up formata da 5 All-Star.
La Francia, e qui gioverebbe ricordare l’assenza di Tony Parker (perché Thomas Heurtel avrà giocato una partita straordinaria - spiegando al meglio perché Collet ha scelto di portare lui, e non Evan Fournier - ma Parker è pur sempre Parker), ha chiuso realizzando 97 punti, il fatturato maggiore per un’avversaria degli States a Rio, tirando con il 56.2% dal campo e il 66.7% da due(!) e perdendo solamente 13 palloni. Di fronte ai puri numeri, la domanda sorge spontanea: che fine ha fatto la difesa del Team USA?
AVVERSARIOPUNTI% DAL CAMPO% DA DUE% DA TREPALLE PERSESCARTO
Cina6235.7%38.5%29.4%24-57
Venezuela6934.4%37.0%27.8%18-44
Australia8850.0%57.8%33.3%17-10
Serbia9149.1%57.1%35.0%12-3
Francia9756.2%66.7%26.3%13-3
Coach K aveva iniziato l’avventura olimpica con un mantra ben chiaro: in attacco avete carta pressoché bianca, ma in difesa dovete dare tutto, un concetto rafforzato dalla presenza di Tom Thibodeau al suo fianco in panchina. La prima partita, una cavalcata contro la Cina, ha reso bene l’idea: 62 punti concessi, risultato già in archivio nel primo quarto (30-10), avversari stritolati da una grande pressione sul perimetro e totalmente oscurati nel pitturato. Poi, con il Venezuela è cominciato a cambiare qualcosa: nonostante il +44 finale, la Vinotinto non ha mai sbragato, non ha mai dato l’impressione di ritrovarsi soffocata psicologicamente (prima che tecnicamente o atleticamente) dagli States. E, quando sono arrivate squadre più attrezzate, quegli scricchiolii si sono fatti sempre più rumorosi.
Dopo le partite contro Serbia e Australia, si è parlato molto dell’attacco stagnante (termine che piace moltissimo agli americani) del Team USA, dell’assenza di amalgama e chimica, e di un coach tatticamente non all’altezza delle controparti. Contro la Francia, gli States hanno sicuramente migliorato il loro atteggiamento nella metacampo offensiva pur essendo molto più perimetrali di quanto si potesse immaginare (e il risveglio di Klay Thompson, che ha preso tiri costruiti in maniera molto migliore, non è certo un caso…), ma, per la terza volta consecutiva, una prestazione difensiva mediocre ha spostato il focus su quanto accade nella propria metacampo.
Nonostante le facce rabbrividite di Thibodeau per ogni canestro facile concesso, le parole di Paul George nel dopo-gara con la Serbia suonano come una sentenza: i set offensivi tipicamente usati in NBA sono molto più statici e monotematici rispetto alla pallacanestro internazionale, e i giocatori americani soffrono il movimento di palla, le mezzeruote, i ribaltamenti ma, soprattutto, i tagli. Sul lato debole o in situazioni di back-door, il Team USA perde continuativamente di vista gli avversari, concedendo canestri facili al ferro, con passaggi che possono arrivare dal perimetro o sugli sviluppi di pick’n’roll, orchestrati da playmaker che giocano questo fondamentale in maniera eccellente (vedi Teodosic, De Colo e Heurtel). Sul lato debole, guardano, abituati forse fin troppo a un sistema che li porta ad attendere uno scarico in angolo, e non un taglio dall’angolo verso il ferro.
E un’altra enorme sofferenza sono i lunghi tecnici, atipici, che sanno passare, tirare e mettere la palla a terra, quelli che costringono il centro a uscire sul perimetro e a sguarnire l’area per le penetrazioni e che fungono da playmaker aggiunti sui ribaltamenti e i giochi alto-basso: Bogut con l’Australia, Jokic e Radulijca con la Serbia (e fortuna che mancava Bjelica…), Diaw e Lauvergne con la Francia. A questo aggiungiamo che il primo quintetto non è certo formato da grandi difensori (contro la Francia, il break poi trascinato per tutta la partita è arrivato con le seconde linee nel secondo quarto) e che, per ovviare alle difficoltà difensive nelle situazioni di pick’n’roll e nei mismatch coi lunghi tecnici, coach K è spesso dovuto ricorrere al quintetto basso, con soli esterni e Carmelo Anthony da centro. Il risultato è stato ancora peggiore, con totale assenza di intimidazione nel pitturato e attacco ancor più perimetrale.
Le percentuali concesse nelle ultime tre partite sono schizzate a livelli pericolosamente alti: Australia, Serbia e Francia hanno combinato per il 50.5% dal campo con il 61.9% da due e solo 14 palle perse di media. Non esattamente numeri che si associano a sconfitte. E, da ora in poi, basta perderne anche solo una.
Le statistiche combinate di Australia, Serbia e Francia contro il Team USA
PUNTI% DAL CAMPO% DA DUE% DA TREPALLE PERSESCARTO
AUS+SER+FRA92.050.5%61.9%33.8%14.0-5.3
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