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Fisico, energia, punti e italiani: Sassari ha ritrovato il suo vero spirito in gara-4

Daniele Fantini

Pubblicato 17/06/2019 alle 09:32 GMT+2

In gara-4 si è vista probabilmente la miglior Dinamo delle finali-scudetto: una squadra aggressiva, energica, fisica, altamente offensiva ma capace anche di offrire grandi momenti di pallacanestro difensiva col secondo quintetto e gli italiani. Pozzecco ha recuperato mentalmente la squadra dopo le due sconfitte nelle prime tre partite e indovinato anche il riassetto del quintetto base.

Achille Polonara, Dinamo Sassari, Serie A 2018-19

Credit Foto LaPresse

Ci davano per morti, ma la cosa che mi rende veramente felice è che ho visto i miei ragazzi giocare sciolti, liberi – Gianmarco Pozzecco.

L’importanza della testa: quando la mente vince le partite

Finora, ogni partita delle finali è stata vinta con la testa prima che con la tattica. E quando Sassari riesce a giocare con la mente sgombra, c’è una serie di 22 risultati utili consecutivi a spiegarne le potenzialità. Pagato lo scotto di trovarsi per la prima volta favorita dopo quella lunga cavalcata in gara-1 e l’impatto con il ritorno a casa in gara-3, la Dinamo ha vinto le due partite della serie in cui ha potuto giocare buttando la pressione sulle spalle dell’avversario. E dice bene coach Pozzecco, quando vede i suoi ragazzi alzare l’asticella giocando con leggerezza.
Venezia, di contro, non ha saputo miscelare le due emozioni contrastanti alla vigilia di gara-4, quella sensazione di “pancia-piena” per la vittoria esterna di 48 ore prima unita a quel senso di urgenza per sbancare nuovamente Sassari e conquistarsi il match-point da giocare in casa martedì. Troppa roba, troppo diversa. Certo, Austin Daye ha tirato per il pareggio nell’ultimo minuto, ma non è un caso che quella frenetica rimonta sia arrivata proprio nel momento in cui Venezia non aveva più nulla da perdere. È lo stesso identico copione di gara-3, a parti invertite, con Sassari a rientrare dal -13 nell’ultimo quarto e a sbagliare poi le triple del possibile sorpasso e pareggio con Pierre e Thomas.

Cooley e Thomas rinati: Sassari domina il centroarea

Il piano-partita non è cambiato, ricalcando quello di gara-4. Sono cambiati l’atteggiamento e il livello di energia messi in campo. Sassari ha continuato a martellare il centro-area recuperando i suoi totem offensivi: Jack Cooley (18 punti e 9 rimbalzi) e Rashawn Thomas (19+8) hanno firmato le migliori prestazioni nella serie giocando con l’occhio della tigre, lo stesso occhio invece tremebondo in gara-3. La Dinamo è tornata sulle sue tradizionali medie offensivi pre-finali con un bottino di 95 punti, costruito soprattutto col predominio a centroarea e la capacità di sfruttare la maggior fisicità per conquistare giri in lunetta: Sassari ha subito 34 falli e tirato 39 liberi (32 realizzati, 82.1%), entrambi record stagionali, così come sono un record i 34 commessi dalla Reyer, che in finale sta viaggiando a 28.25 di media (113 in 4 gare, un’enormità).

La variabile tattica: Pozzecco cambia il quintetto base

Sviscerato l’aspetto mentale, è giusto anche elogiare la variabile tattica proposta da coach Pozzecco, con lo switch nel quintetto base tra Justin Carter e Tyrus McGee. La Dinamo ha approcciato la partita con il miglior assetto offensivo possibile, togliendo pressione a Jaime Smith, disperso in gara-3 dopo la buona prova in gara-2, e allargando il campo per favorire le operazioni di Cooley e Thomas in vernice. Di contro, De Raffaele ha mantenuto il quintetto standard, tornando a soffrire fin da subito i mismatch nel reparto lunghi: partire con la coppia Daye-Vidmar, così da proteggere Mitchell Watt dai problemi di falli che lo stanno costringendo a un minutaggio relativamente basso in finale, potrebbe essere un’idea. Quantomeno, si è rivelato l’assetto più funzionale anche nel momento della rimonta.

La seconda forza di Sassari: italiani e difesa

Se il potenziale offensivo dello starting-five di Sassari ha costruito il primo break, il secondo ha poi inflitto un altro schiaffo alla Reyer sulla parte opposta del campo: la panchina a tinte italiane più Justin Carter (super-responsabilizzato e capace di rispondere con 12 punti, sua terza miglior prestazione stagionale) ha espresso momenti di pallacanestro difensiva micidiale, come già visto nella serie contro Milano, dove erano proprio le seconde linee a scavare i parziali dominando gli avversari sul piano energetico. La difesa della Dinamo si è mossa quasi a fisarmonica, come da manuale, proteggendo l’area a riccio e andando a chiudere ogni varco con aiuti, cambi e rotazioni. Venezia ha raccolto pochissimo vicino a canestro, è stata più che doppiata nei tiri liberi conquistati e ha scommesso ancora una volta tanto sul tiro da fuori: il 14/36 (38.9%) è un buon dato che non spiega, però, un’efficacia a singhiozzo, la stessa che ha segnato i vari parziali e contro-parziali della partita.
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