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Le 5 verità che ci ha lasciato Italia-Ucraina: tridente leggero tra luci e ombre, troppi gol subiti

Stefano Silvestri

Pubblicato 11/10/2018 alle 07:11 GMT+2

Dall'amichevole di Genova non mancano le indicazioni positive, ma intanto il digiuno di vittorie si allunga sempre più: l'ultimo successo risale a fine maggio. Davanti manca concretezza, dietro non riusciamo a tenere la porta chiusa. Le luci principali sono Bernardeschi e Barella.

Chiesa in azione in Italia-Ucraina

Credit Foto Getty Images

1) Non vincere aiuta a non vincere

"Vincere aiuta a vincere", è un vecchio adagio del pallone. Ma è vero anche il contrario. E questa Italia si sta sempre più abituando a non vincere, che si tratti di un'amichevole dal valore secondario oppure della Nations League. Per non parlare del disastro spareggi di un anno fa. Se Ventura ha chiuso nel peggiore dei modi la propria tragica avventura sulla panchina azzurra, se Di Biagio ha messo assieme un pareggio e una sconfitta nel suo breve quanto inespressivo interregno, non si può sostenere che il bilancio parziale di Mancini sia positivo: appena una gioia, a fine maggio contro l'Arabia Saudita, e poi un digiuno interminabile. Fanno 5 partite interne senza trovare la vittoria, fatto che nella storia dell'Italia era accaduto solo tra il 1923 e il 1925. Per la precisione 5 pareggi, e questo no, non era mai accaduto. Urge una svolta già in Polonia.
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Mancini durante Italia-Ucraina - 2018

Credit Foto LaPresse

2) Il tridente leggero? Solo un esperimento

"I tre leggeri davanti possono essere un'idea per il futuro", ha annunciato Mancini al termine dei 90 minuti, ma forse il primo a non crederci fino in fondo è proprio lui. Insigne, Chiesa e Bernardeschi hanno sopperito alla morìa di attaccanti puri a modo loro, ovvero scambiandosi continuamente di posizione e tenendo sempre la palla a terra con giocate pregevoli, ma l'assenza di soluzioni alternative si è notata. Così come si è notata l'assenza di uno stoccatore in grado di concretizzare l'ottima mole di lavoro azzurro del primo tempo. Insomma, nonostante l'ingresso in campo negativo di Immobile, pare proprio che il centravanti laziale si riprenderà ben presto il posto al centro del tridente.
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Bernardeschi, Bonucci, Chiesa ed Insigne, Italia-Ucraina, Getty Images

Credit Foto Getty Images

3) I gol subiti sono ormai una costante

Nelle 6 gare della gestione Mancini, l'Italia non è ancora uscita dal campo con un clean sheet. La porta azzurra, in sostanza, è sempre stata violata almeno per una volta: dall'Arabia Saudita, dalla Francia, dall'Olanda, dalla Polonia, dal Portogallo e infine dall'Ucraina. Imperforabilità, questa sconosciuta. Un problema complesso, non imputabile unicamente al portiere (Donnarumma incolpevole sul sinistro maligno di Malinovskiy) o alla retroguardia, ma i gol subiti iniziano ad essere troppi, anche contro avversari chiaramente inferiori. Con una nota tristemente ironica: l'ultima gara chiusa dall'Italia senza gol al passivo risale - ehm - alla famigerata serata del 13 novembre 2017, lo 0-0 contro la Svezia che ci ha condannati a guardare i Mondiali in televisione.
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Italia-Ucraina - Gol di Malinovskiy - 2018

Credit Foto Getty Images

4) Bernardeschi, può essere la stagione della maturità

Federico Bernardeschi sapeva che, accettando la Juventus, avrebbe dovuto fronteggiare una concorrenza da far paura a chiunque. Eppure ha accettato la sfida, conscio dei propri mezzi. I fatti gli stanno dando ragione: pupillo di Allegri, che gli sta dando sempre più fiducia dopo una prima stagione vissuta con il contagocce, il ventiquattrenne di Carrara ha iniziato l'annata nel migliore dei modi sia in campionato che in Champions League, con tanto di gol pesanti al Chievo e al Frosinone. E pure a Genova ha dimostrato di aver sbloccato mente e gambe, tanto che il (fortunoso) gol passa quasi in secondo piano rispetto all'ennesima prestazione positiva. Può essere lui l'uomo in più non solo della Juve, ma anche dell'Italia.

5) Barella, bene così

All'esordio assoluto in Nazionale, Nicolò Barella non ha sfigurato. Anzi. Qualche errorino qua e là, un po' di difficoltà nel comprendere fino in fondo i dettami tattici di Mancini, ma il motorino di Cagliari ha disputato una gara più che sufficiente, senza farsi travolgere dall'emozione della prima volta. È il segnale che, sotto le macerie fumanti lasciate da anni di mancata programmazione, qualcosa di positivo si può ancora trovare. D'altronde le indicazioni del campionato, che vedono in "Barellino" uno dei migliori prospetti emersi negli ultimi tempi, sono per una volta chiare. Se Nicolò riuscirà a confermarsi, potrà diventare un perno anche del centrocampo azzurro.
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