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Coman, Bernardeschi e una domanda: a cosa servono gli addizionali?

Roberto Beccantini

Aggiornato 18/02/2016 alle 10:45 GMT+1

Buone notizie dall’Europa: avanti tutte, salvo suicidi all’ultimissimo giro. Juventus, Lazio e Napoli già qualificati, Roma e Fiorentina quasi. Eppure temo che sul caso di Kingsley Coman, la Juve sia incappata in un caso simile a quello di Henry

Arturo Vidal et Kingsley Coman avec le Bayern Munich - Bundesliga 2015/2016

Credit Foto AFP

Buone notizie dall’Europa: avanti tutte, salvo suicidi all’ultimissimo giro. Juventus, Lazio e Napoli già qualificati, Roma e Fiorentina quasi. Il calcio si ciba di paradossi. Emblematico il caso della Roma: ne ha presi sei dal Barcellona, ma versomilmente le basterà pareggiare in casa con il Bate Borisov per accedere agli ottavi.
Qual è stato il messaggio della settimana? Barcellona e Bayern sono di un altro pianeta. Si sapeva, ma nel dubbio l’hanno ribadito. E sul fronte bavarese, occhio al diciannovenne Kinglsey Coman: più lo vedo, più temo che a Torino siano scivolati sulla buccia di un altro Henry.
A debita distanza da Luis Enrique e Guardiola, pedala il resto del gruppo. Dalla Juventus che ha regolato il Manchester City ho colto piccoli segnali di crescita: nei singoli (Mandzukic, Alex Sandro, Pogba, persino Sturaro) e nella concentrazione. Immagino che il piano di Allegri fosse difesa e contropiede. Ecco: a volte era solo attesa, solo catenaccio. E’ qui che bisogna lavorare: qui, e sugli errori tecnici (passaggi in uscita e retropassaggi).
Capitolo Roma: ero rimasto più sorpreso dal 7-1 del Bayern. Il 6-1 del Camp Nou era nell’aria, figlio del pareggio tra Bate e Bayer e delle assenze di Gervinho e Salah, gli unici che avrebbero potuto fare un po’ di solletico ai marziani: per questo, al posto di Garcia, avrei rischiato subito Iturbe. Con i tedeschi, al tecnico francese venne rimproverato un approccio fin troppo temerario; con i catalani, un impatto fin troppo morbido. Mettiamoci d’accordo. La scorsa stagione, il problema era l’attacco. Oggi è la fase difensiva, rilievo che esula dal tridente del Barça: sei gol in due partite dal Leverkusen, tre dal Bate. Garcia, nel frattempo, è diventato lo scemo del villaggio, lui che aveva riportato la Roma al centro del medesimo. I giocatori la fanno sempre franca: beati loro.
Dalla Champions all’Europa League, i pericoli più concreti li correva la Fiorentina. Penso che avrebbe vinto, a Basilea, senza la gaffe degli arbitri (rigore scippato, mani-comio: a cosa servono gli addizionali?) e la follia di Roncaglia. L’ho già scritto, ma lo riscrivo volentieri: seguite Federico Bernardeschi, classe 1994, per la doppietta e non solo. E’ un «dieci» che Paulo Sousa sta trasformando in un esterno che copre tutta la fascia: contro la Roma, in campionato, salvò un gol sulla linea. Per passare ai sedicesimi, sarà sufficiente un punto, al Franchi, con quel Belenenses già polverizzato a Lisbona (4-0). A naso, non un’impresa.
Lazio al di là del Dnipro, questo è sicuro. Anche oltre la crisi di gioco e di risultati? Questo è meno sicuro. Ho rivisto sprazzi del Candreva vero e, in generale, più velocità e solidarietà. Resta da puntellare la fase difensiva. Senza De Vrij, sono dolori. Se per la Lazio le euro-vittorie di fila sono quattro, per il Napoli sono addirittura cinque (su cinque). In vista dell’Inter, Sarri ha praticato un massiccio turnover (8/11). Morale: 1-0 a Bruges, zampata di Chiriches. Quando le basi gettate dall’allenatore sono solide, molto viene da sé. Sia che giochino i titolari sia che in campo vadano le riserve. E porte chiuse, in tutti i sensi.
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