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Calcio, Muore Tarcisio Burgnich: l'ex difensore aveva 82 anni

Davide Bighiani

Aggiornato 26/05/2021 alle 10:38 GMT+2

CALCIO - Il mondo del calcio è in lutto: si è spento all'età di 82 anni Tarcisio Burgnich. L'ex difensore, vincitore degli Europei nel 1968, si è spento nella notte in Versilia dopo una lunga malattia.

Tarcisio Burgnich (1970)

Credit Foto Imago

Una brutta notizia per tutti gli appassionati di calcio: all'età di 82 anni si è spento Tarcisio Burgnich. Ex difensore ed ex allenatore, è stato uno dei simboli dell'Inter e della Nazionale italiana, con cui ha vinto gli Europei del 1968 e si è laureato vicecampione del mondo nel 1970.
Era soprannominato "Roccia", un nomignolo coniato da Armando Picchi, compagno di reparto nell'Inter e in nazionale. Burgnich è morto nella notte in Versilia dopo una lunga malattia.

Il ricordo dell'Inter

Ci sono degli uomini che vorresti sempre avere al tuo fianco, dei calciatori che vorresti sempre nella tua squadra, delle leggende che vorresti facciano sempre parte della tua storia. Tarcisio Burgnich ha incarnato la forza e i valori del nostro Club e l’Inter ha avuto il privilegio di vederlo lottare per i propri colori: statuario, implacabile, umile e sempre leale.
Entrato nella storia della Grande Inter e nella memoria dei tifosi nerazzurri per la grande tempra ed il carattere che mostrava in campo, ha formato con Giacinto Facchetti una delle coppie di terzini più forti del mondo in quell’Inter dove la difesa era un punto fermo, forgiata dal mago Herrera con campioni preparati atleticamente e mentalmente per affrontare e fermare ogni tipo di avversario.
Come nella partita che Burgnich ha portato sempre nel cuore, giocata due anni dopo il suo arrivo in nerazzurro, quella finale contro i mostri sacri del Real Madrid di Di Stéfano, Puskás, Gento, “quelli che noi avevamo visto solo nelle figurine”. Un giorno che riuscì a stravolgere le gerarchie e a portare la prima Coppa dei Campioni nella bacheca nerazzurra. E poi la storia che si ripete, esattamente un anno dopo, contro il Benfica di Eusebio a San Siro.
12 stagioni all’Inter, 4 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 6 gol e 467 partite a difendere i nostri colori, gara dopo gara, allenamento dopo allenamento, forgiandosi ogni giorno di più per diventare la “Roccia” che tutti abbiamo conosciuto, proprio come l’aveva ribattezzato Armando Picchi. I ritiri, sempre al fianco dell'indimenticato Giacinto Facchetti: “Ho dormito più con lui che con mia moglie”, diceva sempre Burgnich. Con lui era titolare anche nella nazionale vincitrice dell'Europeo del 1968 e vicecampione del mondo di Messico 1970, quando segnò di sinistro ai supplementari la rete del 2-2 nella semifinale Italia-Germania Ovest (4-3): un gol rabbioso e prezioso in quella che passò alla storia come la partita del Secolo. 66 volte in campo con la maglia azzurra e una vita dedicata al calcio divisa tra la carriera di giocatore e allenatore.
Umile e determinato, insuperabile per gli avversari e prezioso alleato per i suoi compagni: oggi il suo sguardo fiero e la sua forza sono ricordi preziosi, un’immagine che rimarrà sempre impressa nella nostra storia.
Ciao Tarcisio, sarai sempre la nostra “Roccia”.

Chi era Burgnich

"Sarti, Burgnich, Facchetti…": tutti gli interisti conoscono il ritornello a memoria. L'ultimo a spegnersi della mitica triade difensiva della formazione-filastrocca del Mago Herrera è proprio Tarcisio Burgnich: ha vissuto i suoi ultimi anni tra Viareggio ed Altopascio con la moglie Rossana, lascia anche i figli Gualtiero e Gianmarco, oltre a svariati nipoti.
Nato a Ruda (Udine) il 25 aprile 1939, tifava Torino, ma cominciò a giocare a calcio nell'Udinese; poi Juventus, Palermo e infine Inter: in nerazzurro totalizza 467 presenze in Serie A in 12 stagioni, vincendo 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali e rendendosi protagonista di tutte le imprese della “Grande Inter” degli anni Sessanta.
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Tarcisio Burgnich, Inter (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

Il ricordo più bello

In un'intervista al Corriere dello Sport eccolo ricordare la sua partita più bella.
La Coppa Campioni vinta contro il Real: battere i nostri idoli, come Di Stefano e gli altri, fu la gioia più grande possibile. Eravamo fortissimi, Herrera fu un precursore, severo, innovatore: ha indicato al calcio una nuova via"
La sua carriera da calciatore si conclude al Napoli, dove vince anche una Coppa Italia nella sua ultima stagione: chiuderà con la bellezza di 494 partite in Serie A, prima di iniziare ad allenare. Gira le panchine di mezza Italia: Catanzaro, Bologna, Como, Livorno, Foggia, Lucchese, Cremonese, Genoa, Ternana, Salernitana e Vicenza e Pescara, "poi mi sono goduto la vita".
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