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Calciopoli, tranquillanti, pizzini e treni... I 7 simboli del degrado del calcio italiano

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DaEurosport

Pubblicato 26/06/2015 alle 08:27 GMT+2

Un decennio di nefandezze ha contraddistinto il calcio italiano: ripercorriamo le tappe principali degli scandali che hanno infangato lo sport più amato dal Belpaese

I Treni del Gol l'ultima inchiesta che ha scosso il calcio italiano, LaPresse

Credit Foto Eurosport

Gli ultimi anni del calcio italiano sono stati caratterizzati da una serie di scandali senza sosta che hanno minato la regolarità e la credibilità di questo sport. Andando a scavare nelle nefandezze del nostro calcio abbiamo recuperato i principali episodi incriminati: immagini che, purtroppo, non potremo mai dimenticare.

La valigetta di Preziosi

Giugno 2005. I vertici del Genoa, indagati per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva dai pm Alberto Lari e Giovanni Arena, si trovano a dover dare molte spiegazioni su una valigetta, sequestrata davanti alla fabbrica di Preziosi a Cogliate, nell'auto di Pino Pagliara, prima definito dg del Venezia e poi curiosamente retrocesso a “collaboratore, dipendente, certo non dirigente” dal presidente in carica dei lagunari, Gallo. Pagliara finisce nel mirino della Procura insieme all'ex amministratore unico del Venezia, Franco Dal Cin e al figlio Michele per frode sportiva. I pm lavorano su un'ipotesi di combine per l'ultima partita di B decisiva per la promozione del Grifone (Genoa-Venezia 3-2, ndr): nella valigetta c'erano 250 mila euro in contanti.
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Valigetta, soldi

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Le schede svizzere di Moggi

Il principe degli scandali nella storia del calcio italiano resta Calciopoli. Dobbiamo risalire alla primavera del 2006 e alle indagini della Procura di Napoli che individua persone - la cosiddetta Cupola - chiamate a rispondere del reato di “associazione per delinquere” finalizzata alla frode sportiva. Le schede telefoniche erano state date dall'ex dg della Juventus Moggi agli ex designatori Bergamo e Pairetto, dopodiché erano spuntati anche i nomi di alcuni arbitri - Paparesta, Racalbuto, Cassarà, Dattilo, Bertini, Gabriele, De Santis e Pieri – oltre a quelli dell'assistente Ambrosino e del ds Fabiani (all’epoca dei fatti al Messina). “Molteplici contatti telefonici rilevati su numerose e riservatissime utenze (in particolare su utenze mobili di gestori svizzeri) fornite dallo stesso Moggi”, si legge nel decreto scritto dai magistrati.
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Schede telefoniche, Moggi

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Paoloni e gli ansiolitici nel tè

Passiamo al complesso anno 2011. Marco Paoloni è l’uomo da cui prende il via l'inchiesta “Last Bet” ammettendo poche settimane più tardi di “avere una dipendenza dal gioco delle scommesse”. Il portiere viene accusato di aver drogato i compagni nella partita di Lega Pro Cremonese-Paganese per limitarne il rendimento. Le indagini erano iniziate dopo l'incidente stradale di Carlo Gervasoni (giocatore della Cremonese) in seguito a una partita di campionato. Nel sangue del compagno di Paoloni furono trovate tracce di Lormetazepam, farmaco ansiolitico.
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Ansiolitici

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I pizzini di "Beppe 200 gol"

Restiamo al filone del calcioscommesse. Bigliettini pieni di annotazioni, agende con riferimenti temporali, con appunti su partite, soldi, numeri di telefono: gli inquirenti raccolgono dati in merito all’ipotesi d'accusa contro “Beppe 200 gol”, come viene definito nelle intercettazioni. Cioè Beppe Signori, ex centravanti della Lazio e attaccante dell'Italia guidata da Sacchi ai mondiali del '94. Emergono foglietti piegati due-quattro volte e infilati nelle agendine degli inquisiti, dei veri e propri “pizzini”: ciascuno di quegli appunti diventa un pezzo del puzzle che secondo la Procura di Cremona disegna l'associazione a delinquere dello scandalo calcioscommesse.
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Beppe Signori, 2011 (foto LaPresse)

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Doni, gli amici del Lido di Cervia e i "figli del sole"

Dicembre 2011, l’argomento è ancora una volta il calcioscommesse. Dalle intercettazioni contenute nell'ordinanza del gip di Cremona spunta una telefonata fatta da Cristiano Doni a un cellulare intestato alla società “Mdf Italia Spa” di Milano. La telefonata finisce nell'ordinanza – che porta all'arresto di Doni e di altre 16 persone – perché viene effettuata dalla scheda che l'ex capitano utilizzava quando voleva parlare senza il rischio di essere intercettato, come scrive il gip “nell'ottica di certa riconducibilità illecita”. Una scheda intestata a un collaboratore romeno dei bagni di Cervia, che gli aveva consegnato Antonio Benfenati (socio dello stabilimento balneare, anche lui finito in carcere) il 19 marzo 2011, prima della partita Atalanta-Piacenza, e su cui Doni riceveva chiamate da cabine telefoniche, locali pubblici e sms prima dell'inizio delle partite. Il calciatore commette l'errore di mettere la scheda romena nel suo telefonino, il cui numero IMEI (International Mobile Equipment Identity, ndr) è riconducibile alla sua utenza.
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Cristiano Doni, arresto, 2011 (foto LaPresse)

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3000 euro per comprare la patente al figlio

Nell’ambito dell’inchiesta Dirty Soccer, la DDA (Direzione Distrettuale Antimafia, ndr) di Catanzaro porta alla luce alcuni aneddoti che poco hanno a che fare con il rettangolo di gioco. L'ex direttore generale del Monza Mauro Ulizio e il figlio Andrea “dietro pagamento di una somma di denaro pari a 2650 euro, si assicuravano che il funzionario della Motorizzazione Civile di Napoli, preposto alla sessione di esami, agevolasse, come in concreto agevolava, il rilascio del foglio rosa e della patente di guida ad Andrea Ulizio”. Vicenda singolare, “premio” all’originalità.
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Patente

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Soldi in soffitta e treni

E’ la stretta attualità. Dalle perquisizioni avviate con l’inchiesta “I treni del gol” (nome scelto in riferimento ai termini ferroviari scaturiti dalle intercettazioni), emergono riscontri sulle partite taroccate dal Catania: video che immortalerebbero lo scambio dei soldi e telefonate da cabine pubbliche per non destare sospetti. Nell’abitazione di alcuni degli indagati sarebbero stati recuperati un libro mastro con i dettagli di ogni operazione e circa centomila euro in contanti. Dove? Nascosti in soffitta, naturalmente.
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Antonino Pulvierenti insieme a Daniele Delli Carri, LaPresse

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