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La Macchina del Tempo: il Malmoe e la retrocessione che forgiò Zlatan Ibrahimovic

Luca Stacul

Aggiornato 25/11/2015 alle 20:25 GMT+1

Malmoe, come località geografica e come squadra di calcio, per il tifoso italiano ha un solo sinonimo: Zlatan Ibrahimovic. È il luogo di nascita del fuoriclasse svedese, nonché la società in cui l’attaccante esordì quand’era ancora un teenager… “La Macchina del Tempo” va alla scoperta del primo Ibra, quando vestiva la casacca biancazzurra numero 27.

Zlatan Ibrahimovic

Credit Foto AFP

Un luogo comune notissimo tra i tifosi è che Allegri sia stato l’unico allenatore capace di far perdere a Ibrahimovic un campionato. Come spesso accade quando di parla di luoghi comuni, è assolutamente falso (anche senza entrare nell’inutile polemica degli Scudetti revocati con Calciopoli). Ibra infatti mancò l’appuntamento con il titolo nazionale nel suo secondo anno all’Ajax, ma soprattutto nella sua prima stagione da professionista visse un’esperienza pressoché unica: la retrocessione.
La carriera di Ibrahimovic al Malmoe, infatti, si sviluppa in due tronconi: la storia dell’eroe mancato seguita da quella del riscatto del giovane fenomeno.
L’anno 1999 viene ancora ricordato come un incubo dai tifosi della città più meridionale di Svezia: fu l’annata dell’unica retrocessione del club nel dopoguerra, la prima dopo 65 anni (e quella del ’34 fu tra l’altro una retrocessione a tavolino, perché il Malmoe pagava sottobanco i calciatori quando quello svedese era un ancora campionato strettamente amatoriale; ma non divaghiamo…). Ma il 1999 fu anche l’anno dell’esordio di Ibrahimovic, lanciato in prima squadra dal tecnico Ronald Andersson nel finale di stagione, nel disperato tentativo di salvare il salvabile. Ibra gioca 6 spezzoni e segna un gol, ma non riesce a evitare il temibile verdetto: il 3-0 subito contro l’AIK determina la matematica retrocessione e Ibrahimovic lascia il campo a testa bassa, sconfitto. La responsabilità non è sua, ma il giovane Zlatan la sente già, perché conosce il suo talento: sa di essere speciale.
LA PRIMA FIGURINA DI IBRA (nel 2001, al ritorno del Malmoe in Allsvenskan)
La stagione successiva nella seconda divisione svedese (la Superettan) si rivelerà decisiva per la crescita di Ibrahimovic. Nelle prime partite stagionali il Malmoe stenta, così come l’attaccante numero 27: un’ammonizione per proteste fa finire Ibra sulle prime pagine dei giornali, poi arrivano un paio di sostituzioni che minano le sue certezze. Serve una scintilla, che arriva puntuale nel match casalingo contro l’Umea: nel finale, con il punteggio sullo 0-0, Ibrahimovic calcia contro il portiere in uscita, ma poi riesce con un guizzo a recuperare la sfera tra due avversari, insaccando la rete decisiva. È la svolta, per il Malmoe e per Ibra: il giovane centravanti finirà la stagione con 12 gol in 28 presenze, guidando la squadra alla promozione immediata e mettendo le basi per il trasferimento all’Ajax dell’estate 2001 (i 7,8 milioni di euro pagati al Malmoe per il suo cartellino rimangono tutt’ora un record per il campionato svedese).
È il trampolino di lancio della carriera di Ibra, che non si fermerà più: lo svedese dopo l’esperienza olandese vestirà le maglie di Juventus, Inter, Barcellona e Milan prima di finire al PSG, ma se c’è una cosa che gli è rimasta in tutto questo girovagare è certamente quel pizzico di arrogante egoismo che gli ha sempre permesso di spiccare, di essere un campione unico, nel bene e nel male.
Sapete cosa diceva Ibra di sé stesso a 19 anni? "Mi piace saltare l’uomo e so benissimo che qualche volta mi capita di tentare un dribbling di troppo, invece di passare il pallone. So anche che per questo i miei compagni a volte si arrabbiano, ma fa parte del gioco: senza dribbling il calcio non sarebbe divertente".
Ibrahimovic, il superdivo della Superettan (la Serie B svedese)
E i suoi compagni cosa ne pensavano? "È un egoista, nel bene e nel male: a volte non passa la palla in una situazione in cui sarebbe facile creare un’occasione da gol, ma altre volte riesce ad essere pericoloso proprio perché fa tutto da solo, grazie all’imprevedibilità delle sue giocate".*
Queste parole non suonerebbero ugualmente bene se le avessero pronunciate Lavezzi o Cavani?
Ibra è cresciuto, fisicamente e professionalmente, ma ha sempre mantenuto la capacità di essere “il” e non “un”, ovvero un articolo decisamente determinativo. Uno che a 19 anni dichiarava di essere “sicuro che in futuro giocherò all’estero” e di sognare “una Lamborghini lilla”: sapete già com’è andata a finire...
* : Dichiarazioni tratte dal documentario “Vägen tillbaka” (La via del ritorno, ndr).
(Nota: articolo pubblicato a novembre 2014, aggiornato a novembre 2015)
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