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Alla scoperta del Liverpool di Klopp: come gioca, punti di forza e punti deboli

Simone Eterno

Aggiornato 24/04/2018 alle 12:34 GMT+2

Miglior attacco e ancora imbattuto in Champions League, il "nuovo" Liverpool di Jurgen Klopp è una squadra più matura rispetto al passato. Oltre al pressing alto c'è di più: capacità di stringersi e ripartire, oltre che naturalmente a un tridente devastante che si completa in maniera quasi perfetta. Dietro però qualche pecca c'è. Andiamo a scoprire i Reds alla vigilia del match con la Roma.

Klopp e Liverpool

Credit Foto Getty Images

Liverpool-Roma e Roma-Liverpool. Tutto in quindici giorni. Due settimane pronte a riscrivere la storia recente di due squadre da un certo punto di vista capaci, in Europa, di andare oltre le più rosee aspettative. Da dove nasce il ‘nuovo’ Liverpool di Klopp? Come gioca? Quali sono i suoi punti deboli e quali i suoi punti di forza? Proviamo a inquadrarlo con un sunto generale per arrivare con le idee più chiare alle semifinali di Champions League.

La formazione tipo

L’imprinting del calcio di Klopp, sostanzialmente, non è mai cambiato. Se ricordate il suo Borussia Dortmund ‘dei miracoli’ nella stagione 2013 certamente avrete già una linea di massima da dove partite. Lo schema è il 4-3-3, il gioco verticale resta il credo, così come la riconquista alta del pallone (anche se con cambiamenti evidenti rispetto al recente passato, ma ne scriveremo nello specifico più avanti). Tre punte velocissime e brave a giocare inserendosi negli spazi – Mané-Firmino-Salah – una linea difensiva a quattro con due esterni che sono la vera scoperta di Klopp – Alexander-Arnold, Lovren, van Dijk, Robertson – e una mediana solitamente composta dall’esperienza e la duttilità di James Milner, dalla regia di Jordan Henderson e dall’energia di un ritrovato Oxlade-Chamberlain. In porta c’è un tedesco di nome Karius. E anche su lui, due righe, le spenderemo più avanti.
Liverpool compo (4-3-3)

Come gioca

L’impatto tra Klopp e il calcio inglese non è stato dei più semplici. Il tedesco è entrato in Inghilterra a stagione in corso nell’anno del trionfo del Leicester di Ranieri, trovandosi il compito di dover dare vita all’ennesima ricostruzione da zero di una squadra che in un tempo relativamente breve aveva perso i fasti della metà dei 2000, quando la Premier League ha iniziato ad esportare il suo ritmo in Europa e il Liverpool ne fu uno dei principali esponenti. E proprio il “ritmo” è il concetto su cui inizialmente si è fondata la squadra di Klopp, allenatore che ha provato a portare il credo espresso al Borussia Dortmund entro i confini di Sua Maestà. Pressing alto, riconquista immediata del pallone, intensità. E’ stata questa la ricetta che ad esempio nella scorsa stagione permise al Liverpool di fare più punti tra gli scontri diretti con le magnifiche 6 d’Inghilterra, salvo poi doversi arrendere alla realtà dei fatti: quel tipo di calcio, sul lungo periodo, dentro il campionato inglese, è insostenibile. E così il Liverpool ha cambiato e lo ha fatto proprio durante questa stagione. L’undici di Klopp resta infatti una squadra votata all’attacco e con la capacità di saper riconquistare alto il pallone, ma ha scoperto anche una sorta di ‘italianità’ – passateci il termine – alla quale poi in tanti si rifanno: la capacità di chiudersi e ripartire. Due linee strettissime e più basse, per poi dare il là alle transizioni offensive lanciate da Oxlade-Chamberlain ma soprattutto dal tridente offensivo. Insomma, più che una unica e sola filosofia di vita – come ad esempio l’estremista Guardiola – una squadra da un certo punto di vista più pragmatica nella sua capacità nel sapersi compattare. Assatanata in pressing alto quando la situazione lo permette, più attenta in altre. Una sorta di Klopp a due facce e un Liverpool che, guarda caso, rispetto alla scorsa stagione, prende meno gol e subisce meno tiri in porta. Una filosofia, insomma, se permettete il giudizio, “più matura”.
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Il tecnico del Liverpool Jurgen Klopp esulta dopo il successo sul Manchester City

Credit Foto PA Sport

Punti di forza: un attacco devastante

Chiaramente l’attacco. Il Liverpool ha mandato in gol per 41 volte in questa stagione Mohamed Salah, riscopertosi freddo sotto porta – questa la grande evoluzione rispetto al Salah visto nella capitale – e fresco del titolo di giocatore dell’anno consegnatoli proprio ieri sera (domenica) nella cerimonia della PFA (dove a votare solo calciatori e manager). Con 33 gol i Reds vantano il miglior reparto offensivo della Champions League e tra le mura amiche sono secondi solo al City di Guardiola. Salah è stato il protagonista assoluto di questa stagione, ma senza l’altra parte del sistema – ovvero Firmino e Mané – non avrebbe certo ottenuto questi numeri.
Il tridente dei Reds infatti è un meccanismo che si muove all’unisono, dove il lavoro spalle alla porta e la capacità di abbassarsi di Firmino è fondamentale nella creazione degli spazi necessari per permettere a Mané e Salah di entrare a tutta. E se si guardano i numeri della produzione offensiva di capisce come tutto il Liverpool passi da qui. Oltre a Salah e ai suoi 41 gol stagionali, Firmino ha messo a segno 23 reti e 13 assist tra campionato e Champions, così come 17 gol e 8 assist li ha fatti anche Mané. Il Liverpool insomma passa principalmente dalle perfette combinazioni di questi 3 interpreti, che segnano ma soprattutto si mandano in gol a vicenda, in un meccanismo rodato e ben collaudato, che la rapidità della squadra nel saperli velocemente imbeccare esalta come nessun altro tridente in Europa. Specie quando gli avversari concedono in qualche modo campo.

Punti deboli: correre all'indietro e il portiere

Tutto rose e fiori dunque per il Liverpool? Non esattamente. Qualche pecca chiaramente esiste e la si nota soprattutto in fase difensiva. Quando gli avversari riescono a saltare il pressing della squadra di Klopp, spesso possono arrivare i guai. Lovren resta ad esempio un centrale dalla relativamente scarsa affidabilità, anche se l’arrivo del costosissimo Virgil van Dijk ne ha in qualche modo aiutato le prestazioni. Centralmente però il Liverpool è imbucabile, soprattutto quando la squadra si schiera un po’ più alta ed è costretta a correre all’indietro (da vedere da questo punto di vista cosa sceglierà Klopp contro la Roma…).
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Il portiere del Liverpool Loris Karius

Credit Foto Getty Images

Il vero tallone d’Achille è però nell’estremo difensore Karius. Un portiere, molto semplicemente, non all’altezza del club. Gettato nella mischia da Klopp, il tecnico tedesco si è a un certo punto della scorsa stagione trovato persino a dover rispolverare Mignolet, salvo poi tornare nuovamente sui suoi passi quest’anno. In questa stagione Karius ha certamente fatto vedere qualcosa di meglio rispetto al recente passato (anche perché fare peggio era quasi impossibile), ma resta un estremo difensore molto vulnerabile su uscite e prese alte (ultimo esempio sabato pomeriggio sul gol del 2-2 preso a 2 minuti dalla fine contro il fanalino di coda WBA).

Variabili da tenere d’occhio

Robertson e Alexander-Arnold, ovvero le “scoperte” di Jurgen Klopp. In una squadra che fa della rapida verticalità il suo credo, il lavoro dei terzini dovrebbe essere più che altro prezioso per la fase di contenimento. Vero, ma il Liverpool non è solo transizioni. La squadra di Klopp ha dimostrato di poter giocare un calcio ‘rapido’ anche quando c’è da manovrare a difesa schierata, e da questo punto di vista questi due giocatori sono la più bella sorpresa della stagione. Il primo, terzino sinistro scovato dall’Hull e il secondo, prodotto del settore giovanile, sono stati ad esempio i protagonisti decisivi dell’andata dei quarti contro il Manchester City, giocando una partita sontuosa dal punto di vista del contenimento. Entrambi, però, sanno anche spingere e sovrapporsi benissimo a difesa schierata, attestandosi come punti di chiave di uno schieramento che sa andare oltre al singolo concetto di ‘veloce ribaltamento’.
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Oxlade-Chamberlain, Robertson e Alexander-Arnold esultano dopo il passaggio del turno del Liverpool sul campo del Manchester City nei quarti di finale di Champions League 2017/18

Credit Foto Getty Images

Come si affronta il Liverpool?

Ancora imbattuti in Champions League, i Reds – proprio insieme alla Roma – sono stati la vera sorpresa di questa competizione. La sensazione, però, è che nessuno fuori dai confini li abbia ancora affrontati nella maniera tatticamente a loro più ‘scomoda’. Tra le 4 sconfitte subite in campionato, la più emblematica è infatti quella subita contro il Manchester United di José Mourinho, che ha adottato la cara e vecchia tattica del ‘bus parcheggiato’. Negando ogni genere di spazio e giocando piuttosto basso, la compattezza e la maggiore fisicità del ManU ha reso sterile il meccanismo di Klopp, che si è trovato a sbattere contro il più classico dei muri del portoghese. Certo, il vantaggio ‘trovato’ dai Red Devils – su una lettura difensiva sbagliata da Lovren e sul successivo errore di Alexander-Arnold – ha semplificato il compito dello United, che ha potuto così sfruttare le sue principali caratteristiche. La domanda però è immediata: può permettersi una tattica del genere la Roma? Probabilmente no, anche se evitare di concedere campo aperto e limitare il più possibile le palle perse in fase di costruzione sul pressing avversario è ciò da cui dovrà partire Eusebio Di Francesco. Così come provare a capire se la “rischiosa” e alta difesa a tre vista nel ritorno col Barcellona potrà pagare ancora i dividendi. Questo tridente, infatti, a differenza di quello dei catalani, si butterà a tutta dentro ogni spazio come centometristi in attesa dello start. E questo, per la Roma, resta il primo pericolo da evitare.
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