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La batosta di Anfield è una lezione per il ritorno: la Roma ha il dovere di crederci

Simone Eterno

Pubblicato 25/04/2018 alle 17:29 GMT+2

Una partita tatticamente completamente toppata, in una lotta al "chi è più forte" che non ha chiaramente pagato. Di Francesco si è preso le sue colpe ma ha già avvisato tutto nel post partita: "Chi non ci crede, stia a casa". L'atteggiamento giusto per ripartire alla caccia di un secondo e complicatissimo miracolo, che con un'altra partita, però, si può quanto meno provare.

Daniele De Rossi, Eusebio Di Francesco, Roma, Getty Images

Credit Foto Getty Images

dall’inviato a LIVERPOOL – “Vietato abbattersi. Chi non ci crede, stia a casa, in campo e sugli spalti”. Eusebio Di Francesco sceglie la via più logica dopo la pesante sconfitta di Anfiled: “Il colpevole sono io, ma questa squadra ha un’anima e l’abbiamo visto nel finale”.
La Roma dovrà partite proprio da lì. Perché è vero che dopo 70 minuti a ritmi forsennati, sul 5-0, è normalissimo allentare la tensione. Ma altrettanto lo è che una Roma ‘aggiustata’, più ‘logica’, toccata nell’orgoglio, è stata in grado di raccogliere di più dal campo.
Già perché il rischio tattico, ovvero affrontare il Liverpool come si era affrontato il Barcellona, non ha chiaramente pagato. Troppo più verticali i ragazzi di Klopp, troppo più fisici ma soprattutto troppo più bravi nell’attaccare gli spazi alle spalle dei centrocampisti. I lanci lunghi hanno messo spalle al muro la Roma, con “uno contro uno” chiaramente insostenibili, come quello tra Salah e Juan Jesus, tanto per citare il caso più lampante. E non servono grandi esperti di tattica per prodursi in analisi lapalissiane.
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Il secondo gol di Salah alla Roma

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La Roma, infatti, molto semplicemente, ha toppato la partita. Ha scelto di affrontare il Liverpool nella maniera “vediamo chi è più forte” anziché nella maniera “vediamo chi è più intelligente, vediamo chi è più furbo”. Perché Anfield ci ha evidenziato qualcosa che sapevamo già: a questo gioco – il suo gioco – il Liverpool è squadra superiore. C’è un 5-2 (che fino a 10 minuti dalla fine era 5-0) a sbattercelo in faccia evidente.
Cosa può succede invece al ritorno? La ricerca di un nuovo – e questa volta ancor più complicato – miracolo. Perché tenere a zero questa squadra sarà impresa quasi impossibile; perché il Liverpool ai quarti viene già da un’esperienza simile, e sul campo del City a parte l’assedio iniziale non è mai andato in panico; perché la partita da non sbagliare, appunto, per contenere i danni, era soprattutto quella di ieri sera.
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Il centrocampista del Liverpool Jordan Henderson e Radja Nainggolan durante Liverpool-Roma, semifinale d'andata di Champions League 2017/18

Credit Foto Getty Images

Però la Roma può fare meglio. Tatticamente, in primis. Con un modulo che contenga maggiormente le scorribande sugli esterni di Salah e Mané. E psicologicamente, con la voglia di replicare a parti inverse l’atteggiamento del Liverpool: più fame, più grinta, più cattiveria agonistica.
La posta in palio – ça va sans dire – è la più preziosa di tutte. E se la Roma ripartirà dallo spirito dei suoi tifosi – la stragrande maggioranza di quelli incontrati ad Anfield, non quella cinquantina di criminali “protagonisti” al The Albert… – saprà certamente prodursi in qualcosa di più di quanto visto ieri sera. Se basterà, poi, sarà tutto da vedere. Ma certamente sarà sufficiente per terminare i 90 dell’Olimpico con meno rammarico di quanto avuto in terra d’Albione.
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