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Finalmente Champions: il problema non è solo il Porto, è "quale" Roma

Roberto Beccantini

Aggiornato 11/02/2019 alle 14:50 GMT+1

Daniele De Rossi, Edin Dzeko e Nicolò Zaniolo saranno le pedine cruciali nella doppia sfida tra Roma e Porto: la Champions League rimane l'ultimo palcoscenico per i giallorossi dopo la tremenda eliminazione dalla Coppa Italia e la prematura fuoriuscita dalla corsa allo scudetto.

Roma-Porto focus

Credit Foto Getty Images

Champions, finalmente. Eliminazione diretta con il battesimo del Var. Un altro mondo rispetto alla fase a gironi, fase che conta ma non pesa. Si riparte da zero. E, in ambito italiano, da Roma-Porto: martedì sera all’Olimpico, il 6 marzo a Porto.
Al momento del sorteggio la romanità non fece proprio la ola, ma quasi. Avrebbe potuto pescare uno squalo tra Barcellona, Manchester City, Bayern o Paris Saint-Germain. Saltò fuori il piranha di Sergio Conceiçao, ex Lazio.
Porto, primo del gruppo D; Roma, seconda del gruppo G, dietro il Real. Calma con i brindisi anticipati. Nella stagione 2016-2017 la sfida ebbe luogo nei preliminari. Era la Roma di Spalletti. Partì alla grande, crollò alla fine: 1-1 al Dragao e addirittura 0-3 in casa, con un totale di tre espulsi (Vermaelen all’andata, De Rossi ed Emerson Palmieri al ritorno).
Proprio capitan De Rossi, al rientro, sarà pedina cruciale. Come Edin Dzeko, che in Champions segna solo in casa e in campionato solo in trasferta. Come Nicolò Zaniolo, la rosa sbocciata all’improvviso. Fuori dall’area scudetto, fuori dalla Coppa Italia (e in che modo: 1-7 a Firenze), a Di Francesco non resta che l’Europa, sul campo e in classifica. L’ultima Roma è una spericolata altalena fra la lotteria di Bergamo e la passeggiata col Chievo.
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Daniele De Rossi torna a disposizione dopo aver saltato quattro delle 6 gare della fase ai gironi per problemi a un ginocchio.

Credit Foto Getty Images

Il Porto ha chiuso imbattuto il girone davanti a Schalke, Galatasaray e Lokomotiv Mosca (5 vittorie, 1 pari). Il totem presidia la porta e si chiama Iker Casillas. Schema di riferimento, il 4-3-3. La difesa ruota attorno a Felipe e Pepe. A metà campo il motore è Hector Herrera, messicano, sul taccuino di mezza Serie A. In attacco occhio a Brahimi, il cui eclettismo genera salti repentini di modulo. Potrebbero pesare l’assenza di Corona e il k.o del bomber Marega, già 5 eurogol.
Vengono, i portoghesi, da un paio di tribolati pareggi in trasferta (Guimaraes, Moreirense), sentono il Benfica sul collo e hanno perso, ai rigori, la Coppa di Lega, preda dello Sporting. Alternano il torello dei padri a ricami stordenti. Raramente, in Europa, giocano con il pronostico a favore, e anche questo li nobilita, li mobilita.
Nell’ultima edizione, dagli ottavi alle semifinali la Roma cominciò sempre fuori (in Ucraina, a Barcellona, a Liverpool). Questa volta comincia in casa. Secondo alcuni, è meglio; secondo altri, peggio. Secondo me, cambia poco. Il problema non è il calendario, il problema è l’assetto difensivo che la squadra ha globalmente smarrito. Un anno fa, dopo 23 partite di campionato, «solo» 17 gol presi: oggi, già 30. È qui che il mister deve lavorare. Bisognerà giocare con coraggio, la qual cosa non significa buttarsi all’arrembaggio. Che Roma schiererei? Questa: Olsen; Florenzi, Fazio, Manolas, Kolarov; De Rossi, Nzonzi; Zaniolo, Pellegrini, El Shaarawy; Dzeko. Un 4-2-3-1 smontabile e adattabile alle esigenze del calcio moderno.
Ecco, per concludere, il mio borsino-qualificazione: Roma 51% Porto 49%; Manchester United 55% Paris Saint-Germain 45%; Tottenham 55% Borussia Dortmund 45%; Ajax 40% Real 60%.
Siete d’accordo? Che Roma-Porto vi aspettate?
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