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La rinascita del calcio inglese: da 'Football is coming home' alle 4 finaliste europee

Paolo Pegoraro

Pubblicato 10/05/2019 alle 11:26 GMT+2

Investimenti sulle infrastrutture, sui centri di formazione, su grandi giocatori e sui tecnici più preparati in circolazione: il modello inglese è tornato in auge.

Klopp, Pochettino, Sarri, Emery

Credit Foto Eurosport

Quattro squadre della stessa nazione a contendersi le due competizioni europee: una roba che non si era mai vista prima; comunque vada, il calcio europeo parlerà inglese, almeno sino alla inoltrata primavera 2020. L’impresa, sfiorata a Russia 2018, di “riportare il football a casa” – con la scintillante Inghilterra del ct Gary Southgate ad arenarsi alla semifinale mondiale al cospetto della rivelazione Croazia – è stata finalmente portata a termine a livello di club grazie agli exploit di Liverpool e Tottenham nel palcoscenico più dorato, di Chelsea e Arsenal al piano di sotto. Una casualità, figlia dei black out degli imperatori Cristiano Ronaldo e Lionel Messi e dei concomitanti flop dei team più accreditati? Non crediamo proprio, dal momento che la finale di Champions League rispecchia i reali valori in campo, mentre in Europa League la nobiltà ha obbligato i Blues e Gunners a darsi appuntamento al Gran Ballo di Baku.

Liverpool e Tottenham, finaliste meritevoli

Lo insegna la storia della Champions League: arriva fino in fondo chi è in grado di proporre calcio e chi insegue il risultato con tale tenacia da addomesticare i famigerati dettagli. Se il Liverpool ha perfezionato l’epica rimonta ad Anfield dopo il bugiardissimo 0-3 patito al Camp Nou, il Tottenham – pur falcidiato da assenze sanguinose, prima su tutte del pilastro Harry Kane - è riuscito a mettere alle corde l’Ajax dei miracoli prima di sferrare il colpo da ko a tempo scaduto. Stile di gioco brillante e offensivo che si fonde a una mentalità “da giganti”, mutuando dal kloppese: il segreto del successo sulla strada lastricata d’insidie che conduce alla Coppa dalle grandi orecchie non può che essere questo.

C’erano un tedesco, un argentino, uno spagnolo e un italiano

No, non è l’incipit di una barzelletta retrò bensì la provenienza geografica dei quattro allenatori più in voga nel Vecchio Continente. Sì perché una delle ragioni dell’exploit del calcio inglese è senz’altro la contaminazione della Premier League, il suo aprirsi alle scuole calcio più illuminate oltre i confini albionici. Dall’avvento di Wenger sulla panchina dell’Arsenal, a quello di Mourinho al Chelsea, fino alla prassi di affidarsi alle cure dei maestri italiani: il massimo campionato inglese ha così affinato gran parte delle proprie lacune tattiche, senza snaturarsi affatto. La Premier è rimasta a tutti gli effetti il torneo più divertente al mondo diventando al contempo culla per avanguardia calcistiche: basti pensare al calcio sciorinato dal Liverpool di Klopp, sorta di “futurismo” in cui tecnica individuale a velocità supersonica si sposano alla perfezione nell’ambito di un collettivo capace di muoversi all’unisono.
Trofei europei conquistati da squadre inglesi dal 1994 a questa parte

St George’s Park, il big bang

Ne scegliamo uno per squadra: Ruben Loftus-Cheek del Chelsea, Ainsley Maitland-Niles dell’Arsenal, Dele Alli del Tottenham, Trent Alexander-Arnold del Liverpool. Sono talenti fulgidi cresciuti nelle Academy più prestigiose d’Oltremanica e se l’Inghilterra è campione in carica di Mondiale Under 17 e Under 20 e semifinalista mondiale un motivo ci sarà, dopotutto; l’idea centralizzare le attività di formazione riunendo tutte le squadre maschili e femminili e permettendo l’implementazione di un approccio unificato ha pagato eccome. Con il battesimo del centro calcistico nazionale di St George’s Park nel 2012 l’Inghilterra ha svoltato. Il Tottenham, pensate, ha regalato ben nove giocatori alle semifinaliste mondiali di Russia 2018, più di ogni altra squadra del lotto: 5 di questi costituivano la spina dorsale dei Tre Leoni. E quali saranno i fondamenti di questo fantomatico approccio unificato? Sviluppare un calcio di manovra, basato sul possesso palla e sull’essere giocatori intelligenti, pensanti. Avevate dubbi in merito?

Liverpool e Londra battono Manchester: modelli economici virtuosi

Last but not least, direbbero gli inglesi, la questione legata ai quattrini. Non si può certo derubricare Liverpool e Tottenham a Cenerentole della situazione, dato che parliamo di club rispettivamente da 514 e 428 milioni di euro di fatturato con organici di tutto rispetto capace di contare su autentici fuoriclasse del calcio europeo e non solo. Se davvero fossero i fatturati a fare la felicità, tuttavia, la finale tutta inglese dovrebbe essere il derby cittadino di Manchester (i 666 milioni dello United a sfidare i 568 del City). Invece... Da questo punto di vista è il Tottenham di Pochettino a rappresentare un' anomalia; già, nel 2018 gli Spurs regalano 9 giocatori alle semifinali mondiali, ma l’estate successiva rimangono immobili sul mercato dirottando le proprie risorse sul rinnovo dei contratti di alcuni giocatori chiave e soprattutto sugli ultimi ritocchi al Tottenham Hotspur Stadium, avveniristico impianto da oltre 62 mila spettatori. Il derby londinese d’Europa League, come già accennato in precedenze, riflette la legge del più forte anche se il cammino verso la finale di Baku è stato piuttosto travagliato per la squadra di Maurizio Sarri (un percorso netto quello dell’Arsenal).
Fatturati delle squadre qualificate alla fase a eliminazione diretta della Champions (dati KPMG Football Benchmark)
Fatturati delle squadre della Champions League
Investimenti sulle infrastrutture, sui centri di formazione, su grandi giocatori e sui tecnici più preparati in circolazione: il modello inglese è tornato in auge, se mai avesse subito una flessione, e prendere appunti guardando Oltremanica non sarebbe mai e poi mai un’idea da cestinare.
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