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Al di là del risultato: la lezione di Guardiola... E quella del tifo dell'Atalanta

Simone Eterno

Aggiornato 23/10/2019 alle 13:46 GMT+2

La serata di Manchester ci regala due importanti lezioni: 1. Se si gioca a calcio contro Guardiola, tendenzialmente, si perde. 2. Il tifo inglese dentro gli stadi è quasi del tutto morto (almeno a livello di top-club): lo show dei 3000 bergamaschi all'Etihad Stadium è l'ennesima dimostrazione per un Paese, l'Inghilterra, che ormai vive di ricordi del passato.

Lo spettacolo dei 3000 tifosi dell'Atalanta a Manchester per la sfida di Champions League contro il City

Credit Foto Getty Images

dall’inviato a Manchester – Se fosse un personaggio frutto dell’immaginazione, Pep Guardiola sarebbe la perfetta trasposizione calcistica di Due Facce. Da un lato l’uomo per bene, il perfetto padrone di casa: ligio all’etichetta, sempre pronto a trovare il lato positivo degli ospiti avversari e a tesserne – chi più, chi meno – le apprezzabili lodi. Dall’altro, una volta udito il fischio d’inizio, il terribile comandante di un battaglione che più ha sentito parlar bene dei propri avversari, più sa essere spietato.
Già, è stata ancora questa la legge del Manchester City nella terza partita europea a livello più prestigioso della storia dell’Atalanta; un copione già visto: prima i complimenti a chi veniva far visita, poi la dura – durissima – legge del campo: cinque fischioni ed arrivederci a San Siro, con la speranza che tra un paio di settimane la banda Guardiola sarà un po’ meno stimolata dell’ultima volta.
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Gasperini, Guardiola - Manchester City-Atalanta - Champions League 2019/2020 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

Del resto, a Manchester, va così da tempo. Lo sanno bene gli avversari dentro il confine, Liverpool campione d’Europa compreso; una squadra a cui non sono bastati 97 punti per vincere in lo scorso campionato. La banda del Pep non concede sconti a nessuno. E per batterla, la ricetta, è molto lontana da quella presentata dalla coraggiosa Atalanta di Gian Piero Gasperini.
Sì perché se in questi 10 anni di rivoluzione Guardiolana nel mondo del pallone abbiamo imparato qualcosa – e rivoluzione è stata sul serio, basta guardare cosa cercano di fare le squadre in Serie B norvegese (a metà del video qui sotto) o nelle nostre serie minori; ovvero impostazione dal basso come unica regola, anche se i piedi sono di marmo e sarebbe meglio spazzarla lunga – è che chi ha battuto le squadre del Pep l’ha fatto solo e soltanto con la ricetta più antica del mondo: catenaccio e contropiede.
Come per il boom sulle tavole però, dove il sushi ha preso il posto della carbonara, il calcio italiano si è esterofilizzato scegliendo il nuovo gusto straniero. Era stato detto da più parti – queste pagine comprese – come l’Atalanta giocasse il calcio più europeo d’Italia. Bene, in Europa, quella vera, la risultante per la Dea è zero punti dopo 3 partite e 11 gol subiti. Ecco, forse il ‘pane e salame’ di una volta era altra cosa. Ma chiederlo a questa Atalanta dalle movenze e dalle credenze esotiche non era – e non è – certamente un’operazione di senso: con le sue idee e la sua filosofia la Dea era arrivata con merito a giocarsi la Champions; e con le sue idee e la sua filosofia è giusto che prosegua. Anche se questo significa un 5 a 1 dal Pep e coda tra le gambe verso Bergamo e province varie, dove la squadra di Gasperini ancora domina o quasi nella nostra Serie A.
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Lo spettacolo dei 3000 tifosi dell'Atalanta in trasferta a Manchester per la sfida di Champions League contro il City

Credit Foto Getty Images

Una lezione, insomma, più che mai chiara. Come più che mai chiaro è l’altro risvolto della freschina – vivaddio, almeno qui è autunno sul serio, non come i 22 gradi di Milano... – serata di Manchester: gli stadi inglesi, da anni, sono diventati un noioso salotto. Quella che percepite da casa, infatti, è una stantia narrazione di quello che fu. Basta prendere un volo e venire qui, in Premier League, per capire come la rivoluzione imposta dal nuovo sistema introdotto a metà anni ’90 abbia trasformato gli impianti e il pubblico più caldi del mondo da catini ribollenti a freddi teatri elitari. Il gioco del popolo – a furia di repressione dalla working class e di rialzi dei ticket – è diventato il passatempo dei ricchi. E la risultante finale è semplicissima: più soldi ai club, meno incidenti fuori... E una noia mortale dentro. Un silenzio di tomba. Interrotto soltanto dallo show dei 3000 tifosi bergamaschi arrivati fino a Manchester.
Già perché se sul campo è finita 5-1, fuori è stato uno 0-5 senza appelli, col pubblico atalantino a passare il turno e con buona pace di chi ancora si spaccia come il campionato più caldo del mondo. Appariscente e sempre pieno, certamente; caldo, forse quindici anni fa. Etihad, Old Trafford, Stamford Bridge, Emirates, White Hart Lane, vivono della nomea di un tempo: e 3000 bergamaschi con la Dea nel cuore e tanto fiato nei polmoni l’hanno dimostrato ancora una volta, issandosi a veri protagonisti della serata fuori dal campo.
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Una suggestiva immagine in primo piano di un tifoso dell'Atalanta in trasferta a Manchester per la sfida di Champions League al City

Credit Foto Getty Images

Incessante, colorato, rumoroso, divertente, il supporto degli atalantini alla loro squadra. Per una lezione di tifo che fa il pari con quella degli avversari sul campo. Un peccato che non regali punti. La Champions, infatti, l’Atalanta, dovrà giocarsela in un girone di ritorno che al momento pone gli ottavi come un autentico miraggio. E non basteranno i decibel del proprio pubblico, purtroppo, per far cambiare le regole alla UEFA.
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