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Champions ed Europa League, il bilancio delle italiane: incubo Allegri, il sogno di Messias, il risveglio di Zaniolo

Roberto Beccantini

Pubblicato 26/11/2021 alle 10:36 GMT+1

CHAMPIONS LEAGUE - 4 vittorie, 1 pareggio, 2 sconfitte questo il bilancio al termine della tre giorni di Coppe Europee se le milanesi si godono rispetttivamente, una qualificazione agli ottavi di finale che mancava da 10 anni, e una vittoria a Madrid in casa dell'Atletico che tiene vive le speranze di qualificazione: la Juve e il Napoli si leccano le ferite.

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Dalla Nazionale, regina in crisi, alle fregole di coppa. Che aria tira? Quinta tappa: 4 vittorie, 1 pareggio, 2 sconfitte. La copertina è il disastro della Juventus a Londra. Poi Simone Inzaghi che, fresco di pass, stacca il Conte di un dicembre fa; e il Milan di Pioli che, a Madrid, sgonfia il Cholismo. In Champions, due promosse e due in corsa. Ma la strada resta lunga. Le Grandi, dal Chelsea al Manchester City, dal Bayern al Paris Saint-Qatar, sono ancora di un altro pianeta. Fra Europa e Conference League, capitale alla riscossa e Napoli alle corde. Morale: tutti in bilico.

JUVENTUS 3 (Champions League)

Calcio vecchio contro calcio: 0-4, una lezione. Di tattica, di ritmo, di pressing. Allegri esce travolto e stravolto. Molto catenaccio e poco contropiede: pagò all’andata, con il blitz di Chiesa, non martedì. Nessun attaccante, tutti attaccanti, il Chelsea. E quel James: un Attila di destra. Ha sbranato Alex Sandro, ha decapitato Rabiot. In discussione non erano gli ottavi, già acquisiti: si aspettava un segnale. Come non detto. I blu sono campioni d’Europa e primi in England: dal Sarrismo a Tuchel il decollo è stato troppo duro, l’atterraggio troppo brusco. Per questa rosa, almeno: e per questo allenatore.
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ATALANTA 6 (Champions League)

Il voto è la media fra il 7 dell’attacco e il 5 (buonista) alla difesa. Gasp ha un gioco europeo, e Zapata è il suo profeta. Ma attenzione: dieci gol fatti e dieci presi, robe da calcio d’antan. Il 3-3 di Berna, con lo Young Boys, ne è specchio fedele (rigore negato a parte). Due fughe, due rimonte, sorpasso e aggancio (di Muriel, al primo tocco). Palla al piede, uno spettacolo; palla agli altri, una tortura (nostalgia canaglia di Romero). Adesso bisogna battere il Villarreal a Bergamo. Senza se e senza ma. Il pari fra gli applausi non basta più. Se alla Juventus difettano idee e coraggio, alla Dea urge equilibrio. Ebbene sì.
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INTER 7 (Champions League)

Negli ottavi dopo dieci anni. La doppietta di Dzeko, fin troppo samaritano per metà gara, abbatte lo Shakhtar al di là dello scarto. A tratti, Inter travolgente e un Perisic da leccarsi i baffi. Le creature di De Zerbi sono tutte uguali. Gradevoli nel palleggio, tragiche nel presidio dei valichi. Inzaghi non aggredisce mai con meno di cinque-sei incursori. Emblematica l'azione che spacca lo zero: da esterno a esterno, Perisic-Darmian, per il rimorchio del bosniaco. Non erano un ostacolo insormontabile, gli ucraini. Le ultime tre sfide, però, erano finite 0-0. Unica macchia: la gestione del gruzzolo.

MILAN 8 (Champions League)

Non è ancora dentro, ma non più fuori come alla vigilia. Ok, Pioli doveva rischiare per forza, ma lo ha fatto a testa alta, sempre. Hanno deciso i cambi, Ibrahimovic e Junior Messias, l’autore del gol. Un brasiliano di 30 anni, ex fattorino, scovato dal Diavolo a Crotone. Una bella storia. E, in generale, un solo neo: la mira, la “cazzimma” in area (ah, Giroud). Il mio podio? Kessié, l’uomo-assist, Saelemaekers e Kjaer. Non è facile sbancare il Wanda, anche se un Atletico così pavido e pallido non lo ricordavo. Serviva una squadra coraggiosa, calda di cuore e fredda di nervi: chapeau. Milan-Liverpool, Porto-Atletico: a voi.

NAPOLI 5 (Europa League)

Nella neve di Mosca, una sbandata pericolosa. D’accordo, le assenze: da Osimhen (auguri!) a Insigne, da Anguissa a Politano. Lo Spartak aveva già vinto al Maradona. Il Napoli veniva dal k.o. con l’Inter, dovuto, sostiene Spalletti, a un eccesso di fifa. Rigore-lampo e zuccata di Sobolev. Dopodiché, una pressione quasi costante, i miracoli di Selikhov, il migliore, e il golletto di Elmas, uno dei più vivaci. Coppia d’attacco, Mertens-Petagna. Un piccolo e un grosso: più spine che rose. Il momento è delicato. E, da giovedì, comanda il Leicester. Capisco la confusione, l’ansia: sono questi i frangenti in cui si misura la nobilitate”.

LAZIO 7 (Europa League)

Un 3-0 in trasferta fa sempre un certo effetto, al netto della modestia degli avversari: e la Lokomotiv proprio il massimo non è. Russi aggressivi e Lazio un po’ sulle sue fino all’ingresso di Pedro. Tornava Immobile: doppietta di rigore e tanti saluti. Da oratorio il siparietto con Khudiakov, un portierino di 17 anni. Di Pedro la terza rete. E, in generale, un "canto" libero che avrebbe potuto sfociare in una goleada. A proposito: mister Sarri, che differenza ha trovato fra i due penalty pro Juventus e i due di Mosca? Il successo fa morale e rimanda la qualificazione diretta allo “spareggio” casalingo con il Galatasaray. Da vincere.

ROMA 7 (Conference League)

Scritto con la cautela che gli ucraini dello Zorya giustificano, Roma ardente e Zaniolo al dente. Un gol e un assist nel divertente 4-0 dell’Olimpico. Era reduce da due panchine, Mourinho ne parlava come di un giovanotto alla ricerca del talento perduto. Ha subito azzannato la notte e l’ha domata. Volate e morsi che faranno piacere a Mancini. A patto che Nicolò non si crogioli negli allori, perché, come ammonisce Zoff, “dura solo un attimo, la gloria”. Carles Perez aveva aperto il tabellino; Abraham, con una doppietta, l’ha chiuso. Superbo il secondo, in rovesciata. Veretout si è fatto parare un altro rigore. La sindrome di Jorginho?
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini.
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Il gol di Zaniolo in Roma-Zorya

Credit Foto Getty Images

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