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Una Coppa tutta africana

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Pubblicato 13/02/2006 alle 17:06 GMT+1

Le emozioni di un torneo che ha riservato sorprese e conferma. Sotto le Piramidi la vittoria è andata ai padroni di casa egiziani.

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Credit Foto Eurosport

All’ombra delle piramidi la storia ha incontrato la leggenda. L’Egitto che alza la sua 5a coppa è soltanto la copertina di una 25a edizione che va sfogliata pagina per pagina per scoprirne il significato completo.
E una pagina altrettanto importante merita la macchina organizzativa che, con qualche ombra, ha dimostrato di essere all'altezza di un Mondiale. Non quello del 2010, andato a un Sud Africa in crisi di identità calcistica. Magari il prossimo, chissà...
Dal '98 al 2006, da El Gohari a Shehaata. E' sempre l'Egitto a promuovere il made in Africa sulla panchina. Ma lo sciovinismo di 8 anni fa oggi è una vera e propria tendenza. Egitto, Nigeria e Senegal: tre delle quattro semifinaliste guidate da tecnici indigeni. Segno che l'Africa il calcio sa anche insegnarlo.
Con l'eccezione di Henri Michel e della Costa d'Avorio, che meritano il capitolo intitolato al nuovo che avanza. Didier Drogba e compagni, vincitori morali di una CAN che poteva rappresentare la ciliegina sulla torta. Quella del Cairo era la prima finale per una squadra dall'età media appena superiore ai 25 anni. Poco male, la torta rimane lì, pronta ad essere guarnita, magari il prossimo 10 giugno, ad Amburgo, contro l'Argentina.
L'altro ciclo aperto da Egitto 2006 può essere quello della Guinea. Il bis dei quarti raggiunti in Tunisia non ha, infatti, il volto dei vecchi Baldè o Thiam, ma di un 24enne dai limiti ancora inesplorati: Pascal Feinduno. Al capolinea, invece, la generazione del senegalese Diouf. Le semifinali come ultimo orgoglioso ruggito. I Leoni della teranga e da oggi anche della consapevolezza che forse si è chiuso il ciclo iniziato 4 anni fa in Corea.
Un sipario in Egitto è sceso di sicuro ed è quello che consegna alla storia la maglia numero 10 della Nigeria. Agustine Okocha, l'uomo che ha portato le Super Aquile dove nemmeno loro osavano volare. Già designato l'erede di JJ: John Obi Mikel, regista di tendenza conteso da Manchester United e Chelsea.
Un capitolo a parte meritano gli arbitri. Finalmente direzioni limpide, omogenee, di livello. Tutti promossi a pieni voti, volendo considerare eccezione e non regola il rigore ininfluente concesso all'Egitto nella finale, e quello molto più influente negato al Senegal in semifinale. Ma si sa, le Piramidi, viste da vicino, incutono sempre un po' di soggezio.
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