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Coronavirus, l'allarme di Fifpro: aumento dei sintomi di depressione fra calciatori in quarantena

Lorenzo Rigamonti

Aggiornato 21/04/2020 alle 17:18 GMT+2

La ricerca Fifpro è stata condotta tra marzo e aprile, e riporta un aumento dei sintomi di depressione tra calciatori professionisti a causa dell'isolamento imposto dai paesi per combattere l'epidemia di Coronavirus. A rischio i campionati minori e i calciatori più giovani.

Scotland’s Oliver Burke looks dejected after the defeat to Kazakhstan

Credit Foto PA Sport

La Fifpro (federazione internazionale dei calciatori professionisti) ha reso pubblici i dati di una ricerca condotta tra il 22 marzo e il 14 aprile. Nel campione di 1602 giocatori professionisti intervistati è stato registrato un aumento significativo di sintomi legati alla depressione o all’ansia. Sulle 468 calciatrici prese in considerazione dalla ricerca, ben il 22% ha registrato segnali indicatori di depressione e il 18% ha mostrato segni di ansia generica. Nel calcio maschile invece, sui 1134 calciatori intervistati, i sintomi di depressione sono stati individuati nel 13% dei casi, mentre stati di ansia hanno colpito il 16% del campione.
Si tratta di un aumento notevole rispetto a un’analoga ricerca condotta poco prima dell’imposizione della quarantena nel mondo: tra dicembre e gennaio infatti, solo l’11% delle donne (il sesso generalmente più colpito da questo tipo di disagio) e il 6% degli uomini riportavano sintomi connessi alla depressione.

Le leghe minori sono quelle più a rischio

Il quadro fornito dalla ricerca Fifpro ci dona molte informazioni riguardo lo stato di incertezza che il mondo del calcio sta attraversando durante l’epidemia. Il calcio professionistico infatti, non vive solo degli introiti e contributi dei campionati maggiori, ma anche delle leghe minori; queste ultime sono gli organi più a rischio. In Italia, la Lega Pro, a detta di Francesco Ghirelli (presidente Lega Pro), va fermata il prima possibile, ed è indispensabile trovare gli adeguati ammortizzatori sociali per i lavoratori e calciatori del settore. Per non parlare del calcio dilettantistico, che rischia di perdere, a detta di Gabriele Gravina (presidente Figc), circa 3.000 società. I piani per salvare il calcio italiano rimangono ancora in apnea, e in pochi stanno pensando alla salute dei diretti interessati.
Non tutti i calciatori possono contare su lunghi contratti milionari: la media mondiale della durata di un contratto calcistico è minore di due anni. La pausa delle attività agonistiche dunque, mette in posizione precaria il futuro di questi calciatori. Da qui un aumento di ansia, stress e a volte persino depressione. Un altro motivo che spiega l’aumento di questa soglia, potrebbe essere la distanza dei giocatori da casa: bloccati nei paesi delle proprie squadre, molti calciatori internazionali non possiedono i mezzi per essere vicini alle proprie famiglie.

Solo l'1% dei calciatori non ha problemi economici

Un dato da precisare è che la ricerca condotta dalla Fifpro ha coinvolto una fascia di calciatori molto giovane (26 anni la media per gli uomini e 23 per le donne), e proprio questo fattore potrebbe aver determinato un innalzamento dei casi di ansia e depressione. Forse, in questa situazione critica, sono proprio le carriere dei più giovani a venir messe a repentaglio, e sono proprio i più giovani coloro che non dispongono della sicurezza necessaria a gestire un periodo di precarietà come questo.
Il Dottor Vincent Gouttebarge, presidente del reparto medico a Fifpro dichiara:
All’improvviso molti giovani atleti, uomini e donne, si trovano a gestire un isolamento sociale, una sospensione delle loro vite lavorative e parecchi dubbi sul proprio futuro. In molti potrebbero non essere pronti per affrontare questi cambiamenti e incoraggiamo tutti a richiedere aiuto da persone di fiducia o a professionisti .
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