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Da Adu a D'Alessandro: i 10 fenomeni di Football Manager che non hanno mai sfondato

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Aggiornato 02/06/2020 alle 17:45 GMT+2

Il 2 giugno 1989 nasceva Freddy Adu, una delle più grandi promesse mancate della storia del calcio moderno. Per celebrare questo ex ragazzo prodigio, ormai senza squadra da due anni, vi riproponiamo un pezzo sui grandi fenomeni di Football Manager che nella realtà non hanno rispettato le attese.

Andres D'Alessandro, Freddy Adu, Julius Aghahowa, Getty Images

Credit Foto Eurosport

31 anni fa nasceva Freddy Adu, una delle giovani promesse del calcio moderno che non ha mai rispettato le altissime aspettative che gli Stati Uniti e un po’ tutto il mondo avevano nei suoi confronti. Teenager d’oro, a cavallo fra il 2003 e il 2004 – questo ragazzo statunitense ma di origini ghanesi - era il golden boy del calcio a stelle strisce, il futuro fenomeno del calcio mondiale: invitato al David Letterman Show, messo sotto contratto dalla Nike con un contratto da 1 milione di $, accostato ai principali top club europei (dal Manchester United all’Inter solo per citarne due) e capace di debuttare in MLS ad appena 14 anni. Peccato però che questa montagna di aspettative sono state disattese e Adu a neanche 17-18 anni era già un calciatore era già diventato “ex bimbo prodiglio”. E così a goderselo furono solo i fedeli adepti di Football Manager, il gioco manageriale dedicato al calcio capace di vendere milioni di copie in tutto il mondo e di diventare un titolo cult più giocato di sempre. Ma quali sono i talenti mai esplosi nel calcio vero e rimasti tali solo su FM (e in certi casi anche nella versione precedente ribattezzata Champions Manager)? Ecco oltre ad Adu, altre grandi promesse incapaci di ripetersi poi nella vita vera.

Freddy Adu

L’attaccante che tutti volevano, e che il più delle volte finivano per prendere. Soprattutto nell’edizione del gioco relativa alla stagione 2003-2004. Adu era un ragazzino di appena 14 anni, ma le sue qualità erano evidenti fin da subito. Era il classico giocatore che volevi a tutti costi far esordire in prima squadra per renderlo il debuttante più giovane di sempre. Già da giovanissimo era pronto per stare con i grandi, era il ragazzino che – crescendo – avrebbe vinto sicuramente il Pallone d’Oro. La vita reale non lo ha portato molto lontano: Benfica e Monaco, senza grosse soddisfazioni, il suo punto più alto, poi Grecia, Turchia, America e Brasile, con il Bahia, ma solo dopo aver girato mezza Europa alla ricerca di un contratto che nessuno però era pronto a offrirgli. Dopo aver cercato fortuna anche in Serbia e nella terza divisione Finlandese, nel 2018 dopo essere stato tagliato dai Las Vegas Light di ULS si sono perse le sue tracce ed attualmente è senza contratto da due anni.

Franco Costanzo

Se nel corso della stagione 2001-02 avevate bisogno di un portiere, non dovevate fare altro che mettere gli occhi sul portiere allora in forza al River Plate. Classe 1980, ma già incredibilmente maturo, si trattava di una scelta azzeccata e in grado di coprire il ruolo almeno per una decina d’anni. Merito di valori pazzeschi, al top per agilità, presa e decisioni. Una serie impressionante di 20 in pagella (il massimo nella scala di Football Manager) che portava quasi tutti i manager a investire una ventina di milioni di euro per l’argentino. Peccato che la sua vera carriera sia stata molto meno gloriosa. Una sola presenza in nazionale, una retrocessione in Spagna con l’Alaves, cinque anni al Basilea e uno all’Olympiacos prima del ritorno in Sudamerica nel 2013 nell’Universidad Catolica dove si è ritirato dopo 4 anni dopo aver racimolato appena 44 presenze. Senza mai rivelarsi all’altezza delle aspettative di tanti appassionati di videogame.

Kim Kallstrom

Ok, lo svedese ha fatto un percorso di livello e nella sua carriera, chiusa nel 2017, ha vestito per sei anni la maglia del Lione e per metà stagione quella dell’Arsenal. Ma chi lo aveva comprato durante la stagione 2001-02 sa bene che non ha reso all’altezza delle aspettative. Perché quello svedese che all’epoca aveva soltanto 19 anni era in grado di portare il tuo club al salto di qualità definitivo, piazzandosi in mezzo al campo e ispirando ogni azione ma impreziosendo il tuo gioco con anche una serie di incredibili gol dalla distanza. Un fenomeno vero e proprio, quello che non è mai riuscito ad essere nella realtà.
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Kim Källström con la maglia dell'Arsenal

Credit Foto Imago

Cherno Samba

Uno degli eroi più improbabili di sempre. Nelle edizioni di inizio millennio, era facilissimo imbattersi in lui e investire massicciamente. Perché sì, evidentemente i suoi valori erano stati un po’ sopravvalutati, vista una carriera giovanile che lo aveva visto segnare 132 gol in 32 partite con il suo primo club (nella vita reale!) prima di passare al Millwall. Il ragazzo classe 1985 diventava una sorta di Didier Drogba, soltanto più tecnico e veloce. Bastava aspettare un paio di anni e, con lui tra le mani, si poteva apprezzare uno dei due migliori centravanti del videogame. La sua vera carriera, purtroppo, si è rivelata molto meno prestigiosa. Dal Millwall al Tonsberg (seconda divisione norvegese) passando per Cadice, Malaga, Plymouth, Wrexham, Haka e Panaitolikos e nel 2015, dopo essere stato due anni senza uno straccio di proposta, ha annunciato il ritiro dall’attività agonistica a soli 30 anni.

Tonton Zola Moukoko

La sua ascesa nel mondo virtuale parte già nella stagione 1999-2000, ma è dall’edizione di CM 2001-2002 che questo attaccante svedese, ma di origini congolesi diventa una sorta di must. Faceva parte del settore giovanile del Derby County e con pochi soldi ci si poteva assicurare una stella sicura del calcio mondiale del futuro. Moukoko segnava in tutti i modi: di piede, destro o sinistro non faceva differenza, al volo o in acrobazia, di testa, su punizione e su rigore. Un giocatore completo, capace di realizzare anche 80 gol a stagione. Nel mondo virtuale, però, perché la sua folgorante carriera nel videogioco manageriale più famoso del globo non è stata replicata nella vita reale e dopo aver dato l’addio al calcio giocato cinque anni fa, attualmente ricopre il ruolo di allenatore nel Congo United (Kenya). Se provate a mettere il suo nome su Google, vi appariranno comunque solo le sue performance virtuali: il che la dice lunga sul suo percorso reale...

Ibrahima Bakayoko

Se avete giocato a CM (ai tempi si chiamava ancora Championship Manager, diventa Football Manager dal 2004) durante la stagione 1997-98 sicuramente avrete provato a prendere Ronaldo. E difficilmente ce l’avrete fatta. Probabilmente avrete allora ripiegato su di lui, attaccante ivoriano con passaporto francese che – nel gioco – ha sempre segnato valanghe di gol. Una sicurezza, insomma, che il Montpellier era disposto a cedere per pochissimi soldi. Nella realtà, invece, Bakayoko è stato un mezzo disastro: l’Everton lo paga 4.5 milioni di sterline, ma lui delude. Cinque stagioni da comprimario a Marsiglia sono il punto più alto della sua carriera, poi comincia il giro per l’Europa che lo porta anche in Italia (Livorno e Messina) prima dell’ultima tappa, in Grecia e di un’infruttuosa parentesi nel 2014-2015 nello Stade Bordelais, squadra di Bordeaux che milita nella quarta divisione francese.

Julius Aghahowa

Non è un perfetto sconosciuto, ma ha sicuramente raccolto meno di quanto il suo enorme potenziale virtuale ci aveva ingannato nei primi anni del nuovo millennio. Se volevate un attaccante giovane, veloce, tecnico e che potesse ricoprire egregiamente ogni ruolo dell’attacco, ecco l’uomo giusto per voi. Costava anche relativamente poco (5-7 milioni di euro), non era forse il bomber da 30 gol a stagione, ma quello capace di scardinare le difese avversarie e fornire un numero infinito di assist. Nella realtà, gioca appunto dal 2000 (fino al 2007) nello Shakhtar, prova fortuna in Inghilterra al Wigan, poi una parentesi in Turchia con il Kayserispor, e infine torna in Ucraina dalla formazione neroarancio e infine al Sevastapol (sempre Ucraina) prima del ritiro nel 2012. Cinque campionati ucraini, e il titolo di capocannoniere della Coppa d’Africa 2002. Sulla cresta dell’onda in quegli anni, non ha poi però mantenuto le promesse.

Andrés D’Alessandro

Tra tutti quelli che hanno accostato al mio nome, lui è l’unico che seguo in tv perché mi diverte”, firmato Diego Armando Maradona. Doveva essere il nuovo crack argentino, ma il piccolo genio nato nel River Plate si è smarrito troppo presto: colpa di un brutto infortunio e di un fisico (1,74 per 68 kg) che non lo ha certo aiutato a sfondare in Europa. Ma acquistarlo in quel River Plate dei primi anni del 2000 era un affare. Trequartista, ma all’occorrenza anche un’ala micidiale capace di ribaltare una partita da sola anche entrando dalla panchina. Seppur sconosciuto, anche virtualmente non costava poco (tra i 10 e i 15 milioni di euro), ma acquistarlo era un investimento garantito. Classe 1981, D’Alessandro si è ritirato un anno fa a 38 anni dopo aver vissuto le ultime stagioni in Brasile nell’Internacional, dove ha vinto praticamente tutto raccogliendo oltre 442 presenze, 82 gol e 78 assist. Il Sudamerica è stata la sua vera dimensione, in Europa invece fallì con Wolfsburg, Portsmouth e Real Saragozza. Peccato.

Daniel Montenegro

Altro fenomeno dell’incredibile vivaio di quel River Plate dei primi anni del 2000. Forse il meno famoso di tutti, ma come gli altri in grado di farti fare il salto di qualità a un prezzo contenuto. Classico trequartista, abile anche come seconda punta, garantiva ogni stagione almeno 20 gol e una buona dose di assist con una spesa massima di 7-8 milioni di euro. Nella realtà, classe 1979, ha girovagato tantissimo, fallendo l’esperienza europea con Marsiglia (2000-2002) e l’anno dopo al Zaragozza. Si è ritrovato, anche lui, in casa, tra River Plate, Independiente e Huracan dove ha giocato l’ultima annata nel 2018.

Andrey Milewski

Il jolly perfetto. Sconosciuto. A tutti probabilmente. Ma chi scrive se lo ricorda troppo bene, perché questo eclettico giocatore bielorusso poteva coprire qualsiasi ruolo del campo. Tranne quello del portiere. Difensore, centrocampista e all’occorrenza anche attaccante: ambidestro, schierabile quindi indipendentemente a sinistra e a destra. Costava meno di un milione di euro, e acquistarlo nel 2000 dallo Shaktyor Salihorsk era un affare garantito. Appena per chi scrive. Non ha mai sfondato, rimanendo sempre nell’anonimato del calcio dell’est e chiudendo la sua onesta carriera nel 2010 con 7 gettoni nella Nazionale maggiore.
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