Calcio, Europei 2020, Italia favorita, ma occhio: l'Austria non ha nulla da perdere
Pubblicato 25/06/2021 alle 13:28 GMT+2
EURO 2020 - Italia-Austria, ottavi di finale: sfida secca. La nazionale-famiglia di Roberto Mancini vi arriva tra fanfare e tamburi. Il pericolo si nasconde nell'eccesso di coccole, domestiche ed estere, nel fatto di aver sbranato agnellini e non lupi, nella legge dei grandi numeri.
Italia-Austria, dunque. Domani sera a Wembley, non lontano dal bel Tamigi blu. Ottavi di finale: sfida secca. La prima del gruppo A contro la seconda del gruppo C. L’Austria ha una grande storia e una piccola cronaca. Anni Trenta, gli anni di Hugo Meisl, raffinato maestro della scuola danubiana, e del Wunderteam, lo squadrone di Matthias «Cartavelina» Sindelar, uno dei proto-centravanti mobili - e, quindi, un po’ «falsi» - dell’era moderna.
Classifiche e risultati
Sono tre i ricordi, nitidi, che conservo. Austria-Italia 1-2 al Prater, eliminatorie europee del 1970, Norbert Hof che spacca la gamba a Gigi Riva. La vidi in tivù. Italia-Austria 1-0 a Buenos Aires, Mondiale 1978, gol rapinoso di «Pablito» Rossi. Ero là. Italia-Austria 2-1, Mondiale 1998, il k.o. di Alessandro Nesta, le reti di Bobo Vieri e Roberto Baggio, subentrato a un altro Alessandro, Del Piero. Stadio parigino di Saint-Denis, presente.
La allena Franco Foda, un tecnico che mescola gli schemi. Ha battuto Macedonia del Nord (3-1) e Ucraina (1-0), ha perso con l'Olanda (0-2). Non è ai nostri livelli, e lo sa: una forza, non un limite. Le manca un bomber di peso, alterna Marko Arnautovic, candelotto datato e mai del tutto esploso, con Christoph Baumgartner, eversore di Sheva. Le travi che reggono l'impalcatura sono due, soprattutto: David Alaba, 29 anni ieri, libero o terzino in base alle esigenze, tanto Bayern e, da luglio, «solo» Real; e Marcel Sabitzer, il ponte che salda il centrocampo all'attacco, cresciuto a Lipsia nel laboratorio di Julian Nagelsmann.
La nazionale-famiglia di Roberto Mancini vi arriva tra fanfare e tamburi. Ha demolito Turchia e Svizzera (3-0, 3-0) e, con le riserve, liquidato il Galles (1-0). Non perde da 30 partite, ha vinto le ultime 11, è «vergine» da 1.055 minuti. Gioca bene, pratica un calcio semplice, da ragazzi di strada felici di inseguire un gomitolo di sogni, non aspetta gli avversari, li bracca «alti» per recuperare in fretta il pallone («gegenpressing»), diverte e si diverte. Il pericolo si nasconde nell'eccesso di coccole, domestiche ed estere, nel fatto di aver sbranato agnellini e non lupi; nella legge dei grandi numeri.
Tornano i «titolarissimi». L'unico dubbio riguarda Manuel Locatelli, il sasso che ha aperto le vetrine svizzere, e Marco Verratti, riemerso proprio domenica, con i gallesi. Locatelli, blitz tardelliani; Verratti, dribbling e tocchi da mezzala sinuosa e insidiosa. Potrebbero giocare insieme, ma dal momento che Jorginho e Nicolò Barella non si discutono, confermerei il bardo del Sassuolo: più verticale. Capitolo infortunati: al posto di Alessandro Florenzi, Giovanni Di Lorenzo; e al posto di Giorgio Chiellini, Francesco Acerbi. Almeno credo.
L'eliminazione diretta toglie il fiato, sfratta i calcoli. Scomparse le rose, restano le spine. Leonardo Spinazzola e Domenico Berardi hanno trasformato le fasce in regge. È l'ora in cui Lorenzo Insigne dovrà evadere dalle sbarre delle tensioni «irrevocabili» per liberare il talento. Fra le torri antiche di Wembley Fabio Capello segnò un gol storico. Il nuovo castello, in compenso, venne inaugurato il 24 marzo 2007 da una tripletta di Giampaolo Pazzini. Finì 3-3, era la Under 21, fa lo stesso. «O Zico o Austria», scriveva Enzo Palladini rievocando la battaglia di Udine per l'asso del Flamengo. Ci è rimasta l'Austria.
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