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Euro 2020: 2004, il mondo sui piedi di Wayne Rooney

Lorenzo Rigamonti

Aggiornato 16/12/2023 alle 15:57 GMT+1

EURO 2020 - In vista dell’apertura dell’Europeo 2020 in programma l’11 giugno, ogni giorno Eurosport ripercorrerà le vicende degli iconici giocatori che – nel periodo compreso tra 1972 e 2016 - non solo hanno fatto la storia del torneo, ma hanno lasciato un’impronta indelebile per le future generazioni calcistiche. Oggi ci concentriamo su gioie e dolori europei della carriera di Wayne Rooney.

Wayne Rooney, David Beckham and Paul Scholes celebrate

Credit Foto Getty Images

Al 22° minuto dei quarti di finale di Euro 2004 a Lisbona, l’inglese David James scodellò un lancio lungo a sorvolare l’intera linea difensiva portoghese. La sfera si appoggiò gentilmente sui piedi di Wayne Rooney. Si involò verso il fondo del campo con un’unica certezza: il peso del mondo si trovava sulla punta dei suoi piedi. Il centrocampista portoghese Jorge Andrade lo rincorreva, cercando di coprire disperatamente quella zona di campo vulnerabile all’istinto predatore del goleador inglese. Al momento della collisione, Andrade calpestò accidentalmente il lato destro del piede di Rooney. Lo scarpino di Rooney si disarcionò dalla pianta del piede. Rooney continuò l’azione scalzo, fino a quando l’arbitro Urs Meier fischiò una punizione in favore del Portogallo.
Sembrava un momento innocuo; ma appena un minuto dopo Rooney si era accasciato a terra, in preda a un dolore lancinante. Il gioco, così come una nazione intera, si bloccarono in trepidante attesa. "Il paese sta trattenendo il respiro qui", commentò John Motson della BBC. L'Inghilterra era in vantaggio per 1-0, con un piede già nelle semifinali. Rooney, titanica forza della natura, era stato bloccato sul sentiero più cruciale della sua carriera. La diagnosi riportava la frattura del metatarso del piede destro, un infortunio maledettamente comune per i giocatori inglesi degli anni Duemila. Per Rooney, Euro 2004 terminò a Lisbona.
Alla fine la spuntò il Portogallo, uscito vincente dalla lotteria dei rigori dopo che il match si era concluso sul 2-2. I tifosi inglesi gridarono al complotto dopo che l’arbitro annullò al 90° il gol del vantaggio firmato da Sol Campbell. La critica invece, evidenziò i demeriti del portiere inglese, la surreale assenza di Rio Ferdinand per aver saltato un test anti-doping, le tattiche conservatrici del ct Sven-Goran Eriksson, un centrocampo privo di equilibrio. Ma la giustificazione principale per quella maledetta sera, era proprio quella che tutti facevano fatica a nominare, perché forse era la più dolorosa da metabolizzare: Rooney era uscito di scena troppo presto. Poco prima di quel contrasto stava attraversando un momento di grazia, e probabilmente sarebbe stato l’uomo che avrebbe limato tutte quelle imperfezioni e l’anima grezza di quella nazionale inglese.

Il ragazzo prodigio

Quell'estate l'Europa si lustrò gli occhi su ciò che l’Inghilterra conosceva da almeno due anni. Dopo il suo iconico gol d'esordio a 16 anni per l'Everton contro l'Arsenal, l’ascesa meteorica di Rooney aveva iniettato nuova linfa al calcio d’oltremanica. Per un po’ di tempo, vestì la corona di giocatore più giovane a segnare in Premier League. Non soddisfatto, bruciò ulteriori tappe: divenne il giocatore più giovane ad essere schierato in nazionale maggiore inglese, il più giovane a segnare con quella casacca addosso. Rooney raggiunse quei traguardi prima di superare la soglia della maggior età; era la definizione vivente del bambino prodigio.
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Wayne Rooney relaxes in Portugal

Credit Foto Getty Images

Rooney era un giocatore fisicamente prepotente. Non ebbe bisogno di svilupparsi sotto quell’aspetto, arrivò già costruito per fare a sportellate ai più alti livelli; conservava le caratteristiche fisiche di un classico numero nove inglese, e aveva metabolizzato una serie di tratti tecnici più comunemente associabili a un numero 10. In una delle sue prime sessioni di allenamento con la maglia dell’Inghilterra, mise a sedere il portiere David James con un fantasmagorico tocco sotto. Tutto il gruppo lo applaudì.
La visione e la consapevolezza di Rooney sul campo erano innate, il suo passo incalzante. In pochi mesi, tutto il calcio inglese lo venerava. Dopo il gol d'esordio, il tecnico dell'Arsenal Arsène Wenger lo definì come "il più grande giovane talento inglese che abbia mai visto".
Era un talento che fiorì più a livello internazionale che a livello di club. Nelle sue prime due stagioni con il suo club d’infanzia, si classificò settimo e diciassettesimo in Premier League. Rooney mise a referto 17 gol in quei due anni, senza alcuna esposizione al grande calcio europeo. Eppure per la nazionale inglese si dimostrò rivoluzionario in due ottime prestazioni in casa e in trasferta contro la Turchia nelle qualificazioni per Euro 2004. Il diciottenne Rooney sarebbe esploso definitivamente in Portogallo, e fu subito evidente che l'Everton non sarebbe stato più in grado di trattenerlo a lungo.

Lasciare il segno

La fama maturata in Inghilterra, di sicuro non lo precedeva su terreni internazionali. Molti avversari non avevano ben chiaro a cosa stessero andando incontro. "Ricordo che prima della partita", raccontò Rooney alla BBC nel 2012, "Lillian Thuram fece un'intervista in cui disse 'Non so chi sia. È solo un ragazzo che gioca in attacco per l'Inghilterra’. Queste parole resinarono nella mia mente per tutta la durata del torneo”.
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Wayne Rooney skips past Lilian Thuram

Credit Foto Eurosport

Rooney sarebbe presto arrivato faccia a faccia con Thuram. La partita tra Inghilterra e Francia all'Estádio da Luz infiammò la competizione già al primo round. Nove componenti della formazione francese militavano in Premier League, e il sottobosco della gara celava i residui di quell’aspra e irrisolta rivalità tra il Manchester United di Alex Ferguson e l'Arsenal di Wenger, le due potenze del calcio inglese, con i loro principali esponenti a rappresentare entrambe le squadre nazionali. I francesi erano campioni in carica ed erano guidati ancora da Zinedine Zidane, il giocatore più premiato del pianeta. Ma per la maggior parte della serata, venne messo in ombra dal parvenu Croxteth.
Rooney si prese il centro della scena. Abbinava un’impavidità giovanile alla maestria di un veterano. Il suo manager all'Everton, David Moyes, una volta lo battezzò "l'ultimo dei calciatori di strada", e convivere con quella reputazione può spesso ritardare la maturazione dei giocatori a livello internazionale. Per quanto fluido e composto con la palla tra i piedi, il suo carattere era perennemente sul vertice dell’ebollizione; durante la gara rifilò un avambraccio ai denti di Thuram, poi si ingaggiò in un acceso scambio di opinioni con Makelele.
Quegli sfoghi provenivano dall’ardore di un ragazzino entusiasta e curioso, spinto dall’ambizione di saggiare i massimi livelli offerti dal calcio. Quei gesti di stizza appartenevano a un Rooney deluso, piuttosto che intimidito dai suoi avversari. A Lisbona passeggiò sulla difesa francese, scoprendone tutte le carte. Dialogando frequentemente col centrocampo, entrava spesso in collisione con Zidane. Gli fece girare la testa. Rooney addirittura arrivò a superarlo con una rouleta, scippandogli i diritti d’autore. A metà della ripresa, l’Inghilterra conduceva grazie a un colpo di testa di Lampard. Rooney corse a raccogliere un lungo passaggio vicino alla linea laterale. Alzò una parabola a scavalcare la testa dello sconcertato Thuram, controllò la palla e lo seminò come se la sua presenza non avesse alcuna rilevanza. Rooney portò la palla all’altezza dell’area di rigore, superò Silvestre. Quest’ultimo, al momento del dribbling, allargò la gamba facendolo cadere. Rigore per l’Inghilterra. Beckham si prese la responsabilità del rigore, ma venne ipnotizzato da Barthez.
Un istante dopo Rooney fu sostituito, e ricevette un'ovazione fragorosa incamminandosi a bordocampo. Fu una decisione estremamente conservatrice da parte di Eriksson, che sbagliò completamente la lettura della gara. Con la palla del match-point neutralizzata, e la principale minaccia offensiva esclusa dalla gara, la Francia tornò a ringhiare sul finale, fino a ribaltare la gara nei minuti di recupero. Prima, Zidane pareggiò con una squisita punizione. Al terzo minuto di recupero, l’arbitro assegnò un rigore in favore dei francesi dopo che David James atterrò Henry in area di rigore.
Fu una sconfitta sconvolgente per l'Inghilterra, che piegò Beckham in lacrime, mentre si trascinava fuori dal campo. La stampa inglese reagì adirata: Eriksson non avrebbe mai dovuto togliere Rooney in un momento topico. Quasi per ripicca nei confronti del ct, il Guardian assegnò a Rooney una valutazione di 9/10 nella partita appena conclusa. E quello era solo un antipasto.

Il decollo definitivo

Nelle ultime due gare del girone Rooney schiantò la Svizzera e la Croazia. Nella prima partita, disputata a Coimbra, Rooney portò l'Inghilterra in vantaggio dopo 23 minuti, diventando il giocatore più giovane a segnare un gol in un Europeo. Un record, che restò nelle mani di Rooney ben poco: quattro giorni dopo lo svizzero Johan Vonlanthen se ne impossessò. Rooney mise la firma su una partita che l'Inghilterra vinse per 3-0, ribadendo in rete ancora una volta all'inizio del secondo tempo. Il suo feroce destro colpì il palo e poi la testa del portiere svizzero Jorg Stiel prima di insaccarsi in rete.
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Wayne Rooney scores the opener against Switzerland at Euro 2004

Credit Foto Getty Images

Quattro giorni dopo, devastò la Croazia. L'Inghilterra aveva bisogno di un solo punto per avanzare al turno successivo, ma sudò freddo quando Niko Kovac portò i suoi in vantaggio dopo soli 5 minuti di gioco. Ma da quel punto, Rooney salì in cattedra. Un suo assist di testa fornì a Paul Scholes il suo primo gol in nazionale in tre anni, mettendo il risultato in pari verso la fine del primo tempo. Poco prima dell'intervallo, Rooney colpì ancora con un siluro da 20 metri che lasciò senza scampo il portiere croato Butina.
Si ripeté dopo 68 minuti. Rooney si lanciò in avanti e a tu per tu con Butina, decise di spiazzarlo in grande stile. La partita finì 4-2, il contributo di Rooney era stato essenziale. In campo, era la stella polare dell’Inghilterra: i giocatori chiave come Beckham, Scholes e Steven Gerrard lo cercavano costantemente e questa continua delega era comprensibile. L’Inghilterra poteva contare su un ariete in grado di demolire qualsiasi muraglia difensiva.

Il maledetto metatarso

Rooney fu la sorpresa di quell’Europeo. Nel mentre della sua ascesa, furono riesumati paragoni iperbolici con i grandi antenati del calcio mondiale. Eriksson scelse il confronto più ambizioso fra tutti quelli possibili. A 10 anni, aveva visto un adolescente straordinariamente dotato conquistare la Coppa del Mondo del 1958 in Svezia. "Paragonare un calciatore di oggi con Pelé non è un sacrilegio", disse Eriksson. “Sono preoccupato per la pressione che mette addosso a Rooney, ma non posso oppormi. Quando segnerete quattro gol in tre partite del genere, quel paragone vi accompagnerà per sempre".
Anche se può sembrare avventata col senno di poi, la valutazione di Eriksson, in quell’esatto contesto, ci dice tutto sull’ impatto sismico di Rooney in quell'estate portoghese. Purtroppo, un infortunio cancellò ben presto il cumulo di speculazioni sul suo conto. Il pestone involontario di Andrade gli fece perdere le tracce di Pelè, ed esaurì le speranze di gloria europea. Quando Rooney abbandonò il campo, l’Inghilterra intera lo seguì a ruota.
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Wayne Rooney examines his injured foot

Credit Foto Getty Images

Rooney non fu l’unico deluso di quella estate: anche Zidane, Beckham, Raul e Luis Figo sarebbero tornati a casa a mani vuote. Tutti e quattro facevano parte del vistoso progetto "Galactico" del Real Madrid; Figo raggiunse la finale, ma non con le vesti del condottiero: un giovane Cristiano Ronaldo stava diventando il punto focale della squadra portoghese. Il diciannovenne del Manchester United iniziò il torneo in panchina ma scalò rapidamente le gerarchie del gruppo, mostrando l’illimitata gamma di un talento oltraggiosamente espressivo.
Eppure, nonostante il glamour dei campioni da copertina, fu una squadra senza stelle o fuochi d’artificio ad aggiudicarsi il trofeo. La Grecia scioccò il Portogallo nella partita di apertura, per poi ripetersi in finale. Il loro gioco contropiedista si fondava su una difesa a tenuta stagna. Ottennero tre vittorie consecutive per 1-0 nelle fasi a eliminazione diretta, usurpando persino il trono della Francia ai quarti. Fu un trionfo portentoso. All'inizio, le probabilità di una vittoria greca erano 150-1.

L’eredità di Rooney

Quell'estate solo i più audaci avrebbero scommesso sulla permanenza di Rooney all'Everton. Ad agosto infatti, firmò un contratto di 25,6 milioni di sterline per lo United. "Sono molto felice", dichiarò Ferguson. "Penso che abbiamo preso il miglior giovane che questo paese abbia visto negli ultimi 30 anni". Nella sua partita d’esordio Rooney segnò una tripletta in Champions League contro il Fenerbahce. Il mese successivo, nel giorno del suo 19esimo compleanno, si guadagnò un rigore che in seguito concretizzò, mettendo la firma sulla vittoria per 2-0 contro l’Arsenal che pose fine alla striscia di imbattibilità di 49 partite degli Invincibili.
Rooney e Ronaldo avrebbero formato l'asse di una nuova grande squadra del Manchester United che avrebbe ripreso le redini del calcio inglese. Eppure, col passare delle stagioni, divenne sempre più chiaro che sarebbe stato Ronaldo e non Rooney a ergersi sul piedistallo dei più grandi giocatori della storia.
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Wayne Rooney during England's defeat to Iceland at Euro 2016

Credit Foto Getty Images

Ferguson allora, si adeguò. Dal 2006 lo United venne costruito attorno a Ronaldo. Lo United conquistò così' una tripletta di Premier League e la Champions League nel 2008. Rooney fu comunque una delle pedine più luccicanti dello scacchiere di Sir Alex Ferguson; il suo peso là davanti, in profondità o in posizioni defilate, volontariamente o involontariamente, si combinava perfettamente con l’intelligenza calcistica per la quale non ha mai ricevuto pieno riconoscimento.
Nel 2009, quando Ronaldo fece le valigie, Ferguson lanciò tutte le sue fish su Rooney: l’inglese lo ripagò con la più grande stagione della sua carriera. Nel 2009-10 segnò con una cadenza paragonabile a quella di Ronaldo o Messi. L’obiettivo era ripetersi sia in campo europeo che nazionale. Eppure nei quarti di finale di Champions contro il Bayern Monaco, proprio come era successo a Euro 2004, Rooney si infortunò in un contrasto apparentemente innocuo. "Due volte ha portato la sua squadra sull'orlo di qualcosa di storico", scrive Daniel Harris sul New Statesman, "e due volte la sfortuna si è accanita su di lui".
La stagione dello United cadde in frantumi. Anche la Coppa del Mondo 2010 fu un disastro; una scialba nazionale inglese fu sconfitta dalla Germania al secondo turno. Il breve exploit di Euro 2004 si confermò essere la cresta dell’onda anziché la sua base. Rooney fu espulso contro il Portogallo al Mondiale 2006, uscì nel primo turno in Brasile 2014 e fu sostituito nella sconfitta contro l'Islanda ad Euro 2016. Un buffet di delusioni.
Due delle sue più grandi risorse - il suo ritmo e la sua forza nella parte superiore del corpo - hanno iniziato a vacillare dopo il Mondiale 2010. Anche le decisioni di vita, e una serie di screzi con Ferguson sono stati fattori aggravanti di un lento declino che divenne evidente dal 2012 in poi. A quel punto, la spavalderia e la sicurezza della sua giovinezza erano del tutto svanite. Sul viale del tramonto, ha rivendicato il prestigioso record di gol di Bobby Charlton.
Con cinque titoli di Premier League e una medaglia di vincitore della Champions League al suo nome, sarebbe inopportuno criticare Rooney per essere un giocatore brillante anziché trascendente. Rivisitando le sue esibizioni in quell'estate portoghese, quando il suo ego adolescenziale scardinò le gambe di Thuram e terrificò Zidane, è comunque difficile non pensare di stare osservando uno di quei giocatori che avrebbero potuto compiere quel delicatissimo salto.
Scritto da: Mike Gibbons (Eurosport UK)
Tradotto da: Lorenzo Rigamonti (Eurosport IT)
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