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Euro 2020, Italia-Spagna: confronto a centrocampo, Mancini punta su Jorginho e Verratti

Lorenzo Rigamonti

Pubblicato 04/07/2021 alle 21:25 GMT+2

EURO 2020 - Martedì 6 luglio gli Azzurri di Roberto Mancini sfideranno la Spagna di Luis Enrique in un classico del calcio europeo, che questa volta si rimaterializza a ruoli invertiti. In particolare, gli equilibri tra i due centrocampi sembrano essere cambiati.

Jorginho

Credit Foto Getty Images

Coesione, intensità, centrocampo. Sono gli oli essenziali grazie a cui si è rigenerata l'Italia sotto la guida di Roberto Mancini. Due di questi elementi sono delle predisposizioni attitudinali, l'altro è un requisito tattico imprescindibile. Nelle ultime settimane infatti, l'abbiamo ripetuto fino alla nausea: il futuro prossimo dell'Italia si costruirà necessariamente dal cuore del rettangolo verde; perchè per la prima volta un nostro commissario tecnico si è trovato in mano tutte le carte adatte a disegnare uno stile di gioco dinamico, moderno ed eccitante; perchè queste carte sono perfettamente livellate, intercambiabili in una scala armonizzabile secondo più soluzioni, e perciò adattabili ad ogni tipo di contesto o evenienza.

La rivoluzione parte dal centro

L'esperienza, la leadership e la visione di gioco offerte da Jorginho sono cruciali per fare estendere e contrarre il centrocampo azzurro all'unisono, proprio come il mantice si stringe e si apre per far vibrare le ance di una fisarmonica. E nel centrocampo azzurro, a vibrare sono diverse pedine: Verratti, nonostante la condizione fisica non sia ancora al top, ha confermato un'elasticità strategica impressionante: spesso a supporto della costruzione del gioco al fianco di Jorginho, altre volte in pressing ed interdizione, altre un vero e proprio segugio sulle palle vaganti. Barella invece è martello e motore nei momenti più concitati della gara, quando il volume occupato dal centrocampo azzurro raggiunge l'estensione minima o massima; le sue stoccate, gli inserimenti e le coperture facilitano il lavoro di difesa ed attacco. A completare il puzzle c'è una coppia di pedine facilmente prestabili all'ingegno di Mancini: veri e propri jolly, Locatelli e Pessina vantano dinamismo e fisicità in grado di spaccare qualsiasi partita. Ecco che il mosaico del Mancio concentra gran parte del suo valore in questa zona di campo, levando i consueti punti di riferimento alle retroguardie avversarie.
In poche parole, l'Italia di Mancini è ascesa come diretta rappresentante di un paese giovane, vivo, che incentra i propri sforzi sulla creatività anzichè sulla sopportazione. E quindi via il catenaccio e le ripartenze, sì all'imposizione del gioco.

Ecco il classico contro la Spagna, ma a parti invertite

Per cestinare questo guscio tradizionalista ci abbiamo impiegato tanti, troppi anni. E a passeggiare sulle nostre spoglie è stata spesso la Spagna: brucia ancora quella sconfitta ad Euro 2012, quando un'Italia ibrida - sospesa tra ricerca di una nuova, vivace linfa e la persistenza di dogmi assieme alla scorza dura dei vecchi Campioni del Mondo - si fece domare da delle Furie Rosse sospinte da una nuova visione di calcio. Era il periodo di massima maturazione del tiki-taka in salsa catalana, quello enfatizzato dal calcio ossimoricamente intuitivo e cervellotico di Xavi e Iniesta. In quell'edizione facevamo fatica a guardarci allo specchio: eravamo una Nazionale che vantava l'ambizione di giocare un calcio spumeggiante, vivace, sciolto; tuttavia questa volontà arredava solo la patina superficiale: sotto questo strato speculativo si celava ancora un relitto di concezioni e personaggi ancora legati a un'idea vecchia di calcio.
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2012 Europeo Italia-Spagna Marchisio

Credit Foto LaPresse

La sconfitta del 2012 fu vendicata solo in parte ad Euro 2016, quando l'Italia di Conte - che al contrario non aveva vergogna nel mostrare la sua umilissima scorza dura e muscolare - eliminò la Roja con gli artigli sanguinolenti di Chiellini e Pellè. Forse è solo oggi che ci accorgiamo di quanto fosse parziale quella prima vendetta. Vincemmo sfoggiando un tasso qualitativo decisamente basso, in linea con le moderate aspettative attorno a quella rosa. La nostra fiaccola era debole, e destinata a spegnersi con l'incombere di un avversario ben quadrato. Vincemmo senza divertire o fare paura. Oggi la Nazionale del Mancio ha fissato il divertimento come punto programmatico del suo manifesto. E le parole di Insigne nel post-partita contro il Belgio rendono benissimo l'idea: "Mi sto divertendo tantissimo, non mi sono mai divertito così. Sembra di giocare con gli amici durante le gare infrasettimanali" .
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Insigne: "Mi sto divertendo, sembra di giocare con gli amici"

Oggi invece, a distanza di nove anni dalla batosta del 2012, affrontiamo la Roja a posizioni invertite: siamo noi quelli più abituati a creare gioco, a imporre il ritmo della gara con un'intensità simile a quella del vecchio tiki-taka. E' sicuramente il nostro centrocampo a incutere timore, sia per il blasone dei tre titolari sia per la profondità della nostra panchina. L'organico della Spagna sembra replicare quella composizione ibrida e raffazzonata che nel nostro caso si squagliò proprio sul più bello, di fronte allo stagliarsi di un inedito paradigma; per giunta, la Roja si regge ancora su qualche pilastro anziano come Busquets, Jordi Alba, Azpilicueta, e parallelamente sta integrando nuovi attori (Pedri su tutti) sulle basi di una filosofia datata di cui le Furie Rosse riescono a restituire solo una versione artrofizzata. Quindi sì, tra Italia e Spagna è in corso una sorta di testacoda nel cuore del campo, seppur ciò non potrebbe necessariamente significare un imminente passaggio di testimone. Questo perchè la Spagna è forse la nazionale più criptica del torneo: la squadra di Luis Enrique sta scoprendo se stessa poco a poco, col passare delle partite.
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Spagna a Euro 2020: la storia, le avversarie, le statistiche, la stella

Il centrocampo è una delle chiavi

Dopo un inizio singhiozzante nel girone (complice l'assenza del fulcro Busquets), le Furie Rosse hanno saputo risolvere alcuni nodi che continuano a risultare critici per Mancini: uno su tutti, il problema della finalizzazione del reparto offensivo. Contro la Spagna dunque, non si giocherà solo a centrocampo. Esistono altre sfumature in grado di definire l'economia della gara: la nostra solidità difensiva è senza pari, ma là davanti dovremo lavorare con un volume maggiore di occasioni per concretizzare. In conclusione, ci aspetta un'avversaria che potremmo posizionare a metà tra Austria e Belgio: la banda di Luis Enrique non è orientata su alcuna stella polare, si presterà al pressing, proverà a palleggiare e a lavorarci ai fianchi proprio come ha fatto l'Austria. Ma a differenza della squadra di Foda - e molto più similmente a quella di Martinez - centrocampo e difesa degli spagnoli potrebbero facilmente offrirci degli scollamenti e dei momenti di blackout, che potremmo punire con tutti i colpi a disposizione nel nostro arsenale. Fondamentale dunque, sarà l'apporto del nostro centrocampo per scardinare questi due reparti fragili.
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