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EURO 2020 - Quando la Pro Vercelli si mimetizzò da Italia per battere il Belgio: 9/11 delle invincibili Bianche Casacche

Stefano Fonsato

Aggiornato 02/07/2021 alle 19:53 GMT+2

EURO 2020 - Belgio-Italia, storia e sfida infinita del calcio continentale. Ma c'è una città del nostro Stivale, in cui la sfida ai fiamminghi vale un po' di più: Vercelli. La "Pro" pluriscudettata di allora prestò 9 uomini alla nazionale, per il primo match della storia contro i Diavoli Rossi (nel 1913), vinto grazie alla punizione di Guido Ara, la prima "fintata" nella storia del calcio.

1° maggio 1913: Italia-Belgio 1-0 (da Storia illustrata della Nazionale italiana e sito Figc)

Credit Foto Other Agency

Belgio-Italia, storia e sfida infinita del calcio continentale. Ma c'è una città del nostro Stivale, in cui la sfida ai fiamminghi vale un po' di più: Vercelli. Non esattamente la prima località che balza alla mente quando si tira in ballo il nostro Paese. Niente mare, né montagna (quella c'è ma nella parte più alta della provincia, che dal capoluogo si guarda con un certo distacco). Di quel mare di cui sopra, solo una stramba illusione: se nei mesi tra aprile e maggio si sorvolasse Vercelli con un elicottero, la si noterebbe galleggiare in un'enorme pozza d'acqua, suddivisa in porzioni squadrate senza soluzioni di continuità. Sono le risaie allagate in primavera, in una campagna che cambia colorazione a seconda della stagione: prima blu, poi verde, poi giallo-oro al momento della trebbiatura a inizio autunno. Tutta quell'acqua che inonda i campi secondo il metodo studiato da Camillo Benso Conte di Cavour, viene chiamata, con un po' di fatalismo, il "mare a quadretti", che fa la fortuna di centinaia di fotografi paesaggisti e, soprattutto, delle zanzare, che proprio in questi giorni di inizio luglio, tengono sgradita compagnia nei dehors di bar e ristoranti.
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La Pro Vercelli scudettata di inizio XX secolo

Credit Foto Eurosport

Italia-Belgio e il "blocco Pro Vercelli": dove tutto cominciò

E' qui che il calcio italiano è stato cullato per consegnarlo al futuro con la Pro Vercelli dei 7 scudetti, conquistati tra il 1908 e il 1922. Ed è una settantina di chilometri più a ovest che, il 1° maggio 1913, si disputò per la prima volta nella storia Italia-Belgio, amichevole. Lo scenario era quello dello stadio "Piazza d'Armi" di Torino: 5mila tifosi accalcati e sovradimensionati rispetto alla struttura. La nostra nazionale vinse per 1-0 tra una pozzanghera e l'altra per il visibilio del pubblico, per l'appunto scatenato.
Una partita dai risvolti storici infiniti: anzitutto venne costituito il primo record di "blocco" di giocatori prelevati da una squadra di club. La Pro Vercelli, che vestiva il bianco perché - secondo i canoni di praticità di questa zona d'Italia - non scoloriva ai lavaggi, ne prestò ben nove all'allora commissario tecnico Umberto Meazza: c'era il portiere Giovanni Innocenti, il difensore Modesto Valle, il capitano Giuseppe Milano (I), centrocampista come Pietro Leone I; e poi gli attaccante Felice Milano (II), Felice Berardo, Alessandro Rampini (I) e Carlo Corna. Unici elementi "intrusi" il milanista Renzo De Vecchi, freccia mancina ribattezzata dai rossoneri «figlio di Dio» e Attilio Fresia dell’Andrea Doria, centrocampista e primo giocatore italiano ad approdare in una squadra inglese, il Reading. Sfogliando il "Grande Album della Pro Vercelli" (GS Editrice, 1998), libro dal patrimonio statistico immenso redatto da Alex Tacchini, Paolo Sala e Bruno Casalino e che non può essere trascurato da chi vuole riscoprire le radici del calcio italiano, si scopre un aneddoto dietro l'altro.

La prima punizione "fintata" della storia del calcio

A calcoli fatti, dalla lista di prima, i giocatori del blocco Pro Vercelli sono solo otto. Il nono era il celebre Guido Ara: fu lui a realizzare il gol vittoria, tagliando un altro primato: segnò - con una bordata - sul primo calcio di punizione "fintato" della storia del calcio: alla battuta si presentò inizialmente, infatti, capitan Milano I. Altra diavoleria studiata dai Leoni al Campo della Fiera, il campo della Piazza Conte di Torino, diventata poi piazza partigiano "Pietro Camana, Primula". Oggi, al posto di quel campo, sorgono i giardini pubblici. Il campo della moderna Pro Vercelli, dagli anni '30 a oggi, sorge leggermente spostato. Quel fendente di Ara perforò Omer Baes, estremo difensore del Belgio del Cercle Bruges, altra autentica fucina di giocatori per la nazionale dei Diavoli Rossi.
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Vercelli, 2021: ragazzini giocano nei giardini di piazza Camana, ai bordi dello "Stadio Silvio Piola", nei terreni in cui disputava le proprie partite la Pro Vercelli pluriscudettata di inizio XX secolo

Credit Foto Eurosport

Il mito di Guido Ara e quella frase male interpretata

Quattro anni prima di quella partita, proprio Guido Ara (mediano alto, aggraziato e forte - il più forte si tempi - tecnicamente) coniò il termine "Il calcio non è uno sport per signorine", frase poi usata impropriamente nel corso della storia. In pochi, infatti, sanno che quelle "signorine" per Ara non erano affatto le donne, ma i "gagà" - dal vocabolario, giovanotti che ostentavano arie ed eleganza - milanesi che con le loro squadre volevano dominare, senza riuscirci, il calcio di allora. La donna, nella cultura vercellese, era particolarmente rispettata anche all'inizio del ventesimo secolo: le mondariso (mestiere che andava per la maggiore ai tempi), infatti, partecipavano attivamente nel mantenimento economico delle famiglie e fu grazie a una loro decisa manifestazione in piazza del Municipio, nel 1906, che si arrivò all'ottenimento delle 8 ore lavorative.

Vercelli, i 7 Scudetti della Pro e quel miracolo sportivo mai del tutto spiegato

I vercellesi erano diversi, da quei "gagà": badavano al sodo, effettivamente picchiavano duro in campo e "combattevano le vicine metropoli". In quel 1913, la Pro vinse il quinto dei suoi 7 scudetti (il sesto sfumò tra le polemiche nella finale-farsa nel 1910 contro l'Inter in cui la Pro mandò in campo i ragazzini, per una protesta legata alla poca malleabilità di un calendario che prevedeva anche tornei studenteschi e militari, a cu i vercellesi erano costretti a "imprestare" i loro campioni): 6-0 nella finale di Genova contro la Lazio.
Un miracolo sportivo, per una piccola città, mai del tutto spiegato, un po' come l'incredibile Ungheria degli anni Cinquanta. Come faceva una città dalle dimensioni così contenute imporsi nel calcio, nella Scherma, nella Ginnastica? Vercellese era anche il bomber più prolifico del nostro calcio: Silvio Piola. Nel calcio, quel miracolo si dissipoò con l'avvento del calciomercato, con la prima operazione "per soldi" in cui il forte terzino Virginio Rosetta si trasferì alla Juventus per 50 mila lire. Una storia da "The English Game", insomma. Il mistero fece sempre parte del mito dei Leoni vercellesi, primo vero blocco degli Azzurri, record superato nel 1947 dal Grande Torino (10 giocatori) ed eguagliato nel 1978 dalla Juventus ai Mondiali di Argentina. La prima maglia indossata dalla Nazionale fu proprio bianca in onore alla squadra più forte del momento, poi rimasta come casacca di riserva. Lo stesso ragionamento lo fece lo Spezia, oggi in Serie A, mentre il Casale - scudettato nel 1914 - fece l'esatto opposto per partito preso, vestendosi completamente di nero. E la Pro? Oggi vive e lotta in Serie C, in attesa, un giorno, di ritrovare la Serie B, persa tre anni fa e riconquistata grazie all'ennesimo miracolo sportivo, per una cittadina da poco più di 45mila abitanti.
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Da Totti a Giaccherini: Belgio-Italia, la storia infinita

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