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Europa League, Inter-Shakhtar difficile, ma senza paura

Roberto Beccantini

Aggiornato 17/08/2020 alle 12:34 GMT+2

L'Europa League pesa il valore dei campionati nazionali: l'Inter è un peso massimo, lo Shakhtar medio: quindi non bisogna avere paura.

Focus Inter

Credit Foto Eurosport

L’Europa League, che fino al 2009 si chiamava Coppa Uefa, sta al calcio come le staffette all’atletica o al nuoto. Non misura l’eccellenza, compito che spetta alla Champions. Pesa il valore medio dei campionati nazionali, anche se i ripescaggi dall’ex Coppa dei Campioni hanno contribuito a sabotare i riferimenti. E dal momento che l’Italia non la vince dal 1999, con il Parma, e sempre dal 1999 non ne piazza una in finale, potete immaginare il livello del nostro calcio: e questo, senza dover riesumare il cadavere ancora caldo della Juventus eliminata dalla settima in Francia, che ha poi bocciato la seconda della Premier.
A proposito di valori: da chi è stata asfaltata la Roma? Dal Siviglia, che di Europa League ne ha vinte cinque, addirittura, e di «scudetti» spagnoli appena uno, nel lontanissimo 1946. Ecco allora che la missione dell’Inter si annuncia delicata, cruciale, altamente indicativa. E’ l’unica superstite e in semifinale, questa sera a Dusseldorf, affronterà lo Shakhtar Donetsk, società geograficamente ucraina ma brasiliana di scuola. Fu Mircea Lucescu a coltivarne lo stile. Fernandinho, Fred, Willian, Douglas Costa, Luiz Adriano, tanto per citarne alcuni.
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Romelu Lukaku

Credit Foto Getty Images

L’allenatore è il portoghese Luis Castro. La squadra di Antonio Conte si è sbarazzata del Getafe (2-0) e del Bayer Leverkusen (2-1). Gli avversari, del Wolfsburg (3-0, dopo averlo già regolato per 2-1) e del Basilea (4-1). Conte ha recuperato aggressività, sicurezza. Molto ruota attorno allo schema «palla a Romelu Lukaku», molto ma non tutto e non tutti: penso ai blitz di Nicolò Barella, al lavoro sporco di Roberto Gagliardini, al movimento di Lau-Toro, che però sotto porta deve ritrovare l’istinto d’antan. Alla fase difensiva mancava il Diego Godin dell'epoca cholista: presente. In materia di alternative, i progressi di Christian Eriksen aiutano a mitigare l’infortunio di Alexis Sanchez.
L'Inter è un peso massimo, lo Shakhtar un peso medio. Taison dribbla, Marlos aggira, Junior Moraes raffina. La novità, in mezzo, sono i 20 anni e la bussola di Marcos Antonio. Nella fase a gironi di Champions, da cui proviene anche l’Inter, lo Shakhtar affrontò l’Atalanta, battendola 2-1 a San Siro e perdendoci 0-3 in esilio a Kharkiv. Applica un calcio sinuoso e virtuoso, di fraseggio e di agguati. La forza sta nella facilità delle transizioni; il limite, nella gestione dei ripiegamenti. Motto: pungere come un’ape, volare coma una farfalla.
Alle semifinali di Champions sono approdate Paris Saint-Germain e Lione, Bayern e Lipsia, squadre ferme da marzo o che hanno ripreso e chiuso per prime. In Europa League, viceversa, una inglese, una italiana (che le ha suonate al Bayer Leverkusen, tedesco), una spagnola e una ucraina. Ma allora: meglio la freschezza o il rodaggio? Persino gli esperti brancolano.
Il 4-2-3-1 di Castro contro il 3-5-2 di Conte. In palio, il Siviglia
Steven Zhang attende al varco il suo tecnico. Non ha gradito l’intemerata di Bergamo. Da sogno, parafrasando il lessico sabaudo, l’Europa è diventata l’obiettivo. La clava di Tyson-Lukaku, il fioretto di Taison: il futuro è adesso. Complicato, ma non impossibile. A patto di non aver paura.
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