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Calcio femminile: il presente dipende da Bonansea & Co., il futuro da noi

Roberto Beccantini

Pubblicato 21/06/2019 alle 07:20 GMT+2

Prima del gruppo C, agli ottavi di slancio nonostante il rigore di Marta: salire sul carro è un esercizio comodo, facile. Il problema è governarlo...

Focus Italia femminile

Credit Foto Eurosport

Alludo alla Nazionale femminile di calcio e alle emozioni che sta suscitando, come ha ribadito il boom di 7,3 milioni di tele-spettatori per la partita con il Brasile: meglio dei maschi del Mancio. Il messaggio è importante, sempre, ma lo è ancora di più il mezzo che lo diffonde: e la durata che il messaggio-evento riesce a imporgli.
Nessun dubbio che, finalmente, qualcosa si sia mosso. Sky ha raccontato in diretta le partite salienti dell’ultimo campionato di serie A; i grandi club hanno aperto una sezione femminile; Sky e la Rai stanno trasmettendo il Mondiale. Le nostre sono dilettanti e, cavalcando l’onda del sentimento popolare, il presidente federale Gabriele Gravina ha promesso che farà di tutto per agevolarne lo sbarco nel professionismo. Temo che sia la solita promessa da marinaio, ma «di doman non c’è certezza» e allora incrociamo le dita.
"Il calcio non è uno sport per signorine" lo coniò Guido Ara, mitica e rustica colonna della Pro Vercelli pluri-campione degli anni dieci del Novecento. Ci siamo un po’ allontanati, da quello slogan, ma mica tanto.
In un mondo maschilista come il nostro - nello sport, soprattutto - l’errore più sciocco rimane pesare le donne sulla bilancia degli uomini, Serena Williams con Rafa Nadal, le calciatrici con i calciatori, eccetera. Sono tutti confronti improponibili, perché la base è il corpo, il muscolo e i corpi, i muscoli sono diversi: "natura non facit saltus".
All’Olimpiade di Pechino seguii la finale women tra Stati Uniti e Brasile, 1-0 per «le» Usa. In undici anni ci sono stati progressi netti: a livello atletico, sul piano tattico e tecnico, nei colpi di testa. E anche nei ruoli. Penso alle «portiere». Si rida pure, di certi strafalcioni che sussistono e persistono, a patto di non esagerare: l’epilogo della Champions del 2018 fra Real e Liverpool fu decisa proprio dalle papere di "un" portiere.
Mi auguro che, digerita la grande abbuffata, giornali, televisioni e web non abbandonino le nostre ragazze, che torneranno a sparpagliarsi per campanili. Noi italiani siamo un popolo che difficilmente finisce la guerra con l’alleato con il quale l’ha cominciata e dunque, metafora per metafora, siamo un popolo che fatica a restate fedele a un’idea che non sia la vittoria.
La Nazionale di Milena Bertolini sta esprimendo un calcio semplice, educato, in bilico fra sofferenza e divertimento, fondato sul mutuo soccorso. E se la tripletta di Cristiana Girelli alla Giamaica ci fa correre non solo a Carolina Morace, ma addirittura a "Paolorossi", scritto tutto attaccato come "Saragama", bé, l’aggancio non può che essere statistico.
Il fatto che se ne parli come mai in passato è però un segnale prezioso. Nella speranza di arrivare al traguardo più normale e, quindi, più rivoluzionario: il calcio né per signorine né per signorini, il calcio per tutti.
In attesa della Cina, martedì a Montpellier, qual è la vostra opinione? E cosa resterà, secondo voi, di questa saga?
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