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La finale che ha demolito il vecchio ordine: Francia-Croazia, sfida tra due "mondi"

Roberto Beccantini

Pubblicato 13/07/2018 alle 07:15 GMT+2

Francia-Croazia sarà una giornata finale storica perché inedita e strana, come strano è stato tutto il Mondiale: un solo 0-0 in 62 gare, tanto per dire. L’equilibrio di fondo ha spazzato via le grandi religioni e i grandi dei. La Francia ha mostrato solidità e fiammate di talento in avanti con Griezmann e Mbappé, la Croazia arriva a questo ultimo atto con una partita in più rispetto ai rivali...

France - Croatie

Credit Foto Eurosport

Avevo detto Francia, ma avevo detto anche Inghilterra. Sarà una finale storica perché inedita e strana, come strano è stato tutto il Mondiale. Francia-Croazia, dunque. Nella mia griglia era uno degli ottavi. Credo che la sfida di domenica fotografi il livello e la tendenza di questa edizione, la ventunesima della storia. Da una parte, la Francia: il calcio che mescola Europa e Africa, disciplina ed effervescenza; un album da 67 milioni di abitanti. Dall’altra, la Croazia: un francobollo di quattro milioni che, viceversa, gioca come mangia, trascura la Premier (Lovren del Liverpool, punto) e pesca a piene mani nella derelitta serie A, come documentano i gol con i quali Perisic e Mandzukic hanno ribaltato l’Inghilterra. Che una volta, ma proprio una volta, era addirittura "perfida".
Un solo 0-0 in 62 gare, tanto per dire. L’equilibrio di fondo ha spazzato via Germania e Argentina, Spagna e Brasile, Uruguay e Portogallo, Leo Messi e Cristiano Ronaldo. Le grandi religioni e i grandi dei. Più che alle scorte di talento, e comunque evviva Perisic, il ct Dalic ha attinto all’anima guerriera della rosa, da Vida a Mandzukic. Mercoledì sera non c’è stato bisogno neppure del miglior Modric, a proposito del quale, fatto salvo il ruolo, è già partito il tormentone: meglio la Croazia di Modric o la Croazia di Boban terza dietro a Zidane e Ronaldo? Se penso ai gol di Suker, dico la Croazia di Boban, anche se questa l’ha già superata. Ma sono dettagli, opinioni.
Deschamps è un allenatore che, mediano di carriera, non costruisce regge: erige ponti, muri. Fu proprio lui ad alzare la Coppa nel ‘98. Capitano di quella Francia e commissario della Francia vice campione d’Europa nel 2016. La stabilità arriva dal trio di centrocampo: Pogba, Kanté, Matuidi. Poi Griezmann e Mbappé, attaccanti che comunicano con l'esperanto della tecnica, della rapidità, del dribbling. Senza trascurare la fase difensiva e il portiere. Ecco la Francia, un po' champagne e un po' tappo.
Oltre a un giorno di riposo in meno, i croati le rendono in pratica una partita in più: i tre supplementari con danesi, russi e inglesi. Se Deschamps è di fronte a un traguardo che ha già tagliato, Dalic e l'intero Paese sono davanti a un’impresa che demolirebbe le gerarchie vigenti e sposterebbe le colonne d’Ercole della percezione calcistica.
Siamo alle ultime curve e non si può parlare di una squadra che abbia staccato le altre. Tranne rare eccezioni sono tutte lì, come hanno ribadito, dagli ottavi in poi, le code, i rigori, i minimi scarti. La Croazia riassume e incarna una costola di quella Jugoslavia che definimmo il Brasile d’Europa, tutta genio e anarchia, ma per arrampicarsi così in alto si è fatta "tedesca". Molto fisica, molto eclettica. L'ordine nuovo è saper soffrire, saper reagire. Scritto che nessuno ne trascura la qualità del gioco, è il cuore la risorsa che potrebbe sabotare la trama. Vent’anni fa, in semifinale, il sangue blu s’impose per 2-1. Segnò Suker, rispose Thuram con due gol, gli unici in Nazionale.
Il mio pronostico è un filo sottile: Francia 51% Croazia 49%.
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