Opinion
Calcio

Perché Di Stefano vale quanto Pelé e Maradona…

Luca Stacul

Aggiornato 07/07/2015 alle 19:28 GMT+2

A un anno dalla scomparsa della "Saeta Rubia", vi riproponiamo un ricordo del fuoriclasse che fece grande il Real Madrid.

Alfredo Di Stefano

Credit Foto Reuters

In linea di massima, se chiedete a un tifoso o a un giornalista quale sia il miglior calciatore di tutti i tempi le risposte più frequenti saranno "Maradona", "Pelé" o – per i virtuosi del gioco di squadra – "Johan Cruyff".
Se però rivolgete la stessa domanda ai calciatori stessi, aspettatevi che, al pari di Pelé e Maradona, spunti un terzo nome, quello di Alfredo Di Stefano, ovvero l’uomo che ha inventato il calcio di oggi.
La Champions League non esisterebbe senza Di Stefano, il Real Madrid non esisterebbe, il “Tiki-Taka” non esisterebbe e nemmeno il “Calcio totale” sarebbe mai esistito, perché Don Alfredo, la “Saeta Rubia”, fu il primo giocatore totale della storia: giocava contemporaneamente da regista, mediano, trequartista e centravanti, spostandosi sulle fasce in caso di necessità, calciando indifferentemente di destro e di sinistro. Guardatevi semplicemente i video di tutti i gol che ha segnato nelle finali di Coppa Campioni, sono diversissimi: rasoiate da fuori, gol di rapina, tocchi felpati; ogni volta calcia in maniera diversa, ogni volta è in una posizione diversa.
Il fatto che la scomparsa di un calciatore e di un uomo del genere - un anno fa - sia finita negli angoli delle prime pagine dei giornali sportivi testimonia quanto poco, ormai, si sappia della Saeta Rubia, un campionissimo che rischia di finire ingiustamente nel dimenticatoio perché arrivato troppo presto, per la televisione e forse anche per il calcio a livello generale. Per ricordare la sua grandezza allora forse vale la pena di riprendere un paio di episodi che non tutti ricorderanno.
Il primo è datato 1953, ma con un preambolo: nel 1949, infatti, Di Stefano lasciò il River Plate per andare a giocare in Colombia nel Millonarios; fece questa scelta perché in Argentina non c’erano abbastanza soldi per tutti i calciatori professionisti mentre a Bogotà le regole erano meno stringenti, visto che la Colombia non era ancora affiliata alla FIFA. Dopo 4 anni ai Millonarios Di Stefano era stufo, voleva smettere di giocare e tornò a Buenos Aires. Lì fu contattato dal Barcellona che lo acquistò dal River Plate (poiché, secondo la FIFA, il cartellino era ancora degli argentini visto che il trasferimento in Colombia non era considerato "legale"), ma in contemporanea il Real Madrid comprò Di Stefano dal Millonarios e alla fine furono proprio i Merengues a spuntarla, grazie soprattutto alle pressioni di Franco, che in un periodo chiave della sua dittatura voleva la stella più grande nella sua squadra.
Di fatto in quel momento nacque il vero Real Madrid e in quel momento nacque anche l'immensa rivalità sportiva con il Barcellona che conosciamo oggi.
Non mi considero un "grande del calcio". Sono stato solamente un giocatore con una certa dose di voglia di vincere e un ottimo spirito di squadra - Alfredo Di Stefano
Ma forse l’immagine più bella del Di Stefano calciatore è quella della finale del 1960. No, la tripletta segnata nel 7-3 sull’Eintracht Francoforte c’entra relativamente. C’è un’azione nei minuti finali che viene tagliata in quasi tutte le sintesi: siamo già sul 7-3 e Pachin spara un pallone lungo e centrale; la “Saeta Rubia”, che un paio di mesi dopo avrebbe compiuto 32 anni, scatta centralmente, assatanato, arriva davanti al portiere stretto tra i due stopper e alza un pallonetto perfetto… Si volta verso sinistra e alza le braccia esultante: sarebbe il gol dell’8-3, se non fosse che la sfera viene respinta dal palo.
In quell’esultanza, precoce e mancata, c’è tutto lo spirito del Real Madrid che era, è e sarà: quel “Todos queremos más” (traducibile egualmente in “tutti vogliamo di più” o “ne vogliamo ancora”) che i tifosi cantavano in occasione di ogni finale, dalla prima alla quinta, e che poi ha continuato ad accompagnare il Real Madrid fino a oggi, fino alla Decima “ancelottiana”. Già, la tanto attesa Decima, l’ultimo regalo della Casa Blanca al suo eroe più grande. Anzi, non l’ultimo, perché Di Stefano è e rimarrà immortale per tutti i madridisti e anche perché il Real, ovviamente, “quiere más”…
***
PS: Vi abbiamo raccontato delle polemiche relative al trasferimento di Di Stefano dal Millonarios al Real Madrid. Contro chi segnò il primo gol spagnolo la “Saeta Rubia”? Lo immaginate già, ovviamente contro il Barcellona…
PPS: Se vi domandate perché Di Stefano non sia "valutato" mediaticamente alla pari di Pelé e Maradona, la risposta pare semplice: Alfredo non ha mai partecipato ai Mondiali, pur vestendo le maglie di due nazionali (Argentina e Spagna)
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