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Premier League: I 50 anni di Guardiola: Pep il rivoluzionario, è ancora il n°1?

Carlo Filippo Vardelli

Aggiornato 04/03/2021 alle 11:25 GMT+1

PREMIER LEAGUE - Il mago della panchina compie gli anni. È stato il padrone dell’ultimo decennio, ha ispirato tantissimi colleghi ed ha vinto a ripetizione. Arrivati a quota 50, le alternative son due: o inserisci il pilota automatico o continui a scendere in profondità col ragionamento. Pep ha scelto la seconda.

Pep Guardiola, le saint de Manchester City

Credit Foto Getty Images

Siete mai stati in Catalogna? Chi ci ha messo piede, anche solo una volta nella vita, ha capito fin da subito quanto la gente che ci abita sia orgogliosa e attaccata al proprio territorio. Dalla lingua - incomprensibile anche se hai studiato il catalano - alla volontà di rendersi indipendenti dalla Spagna, la luce del capoluogo (Barcellona) vive nel ritmo e nella personalità di tante cose.
Quando l’8 maggio del 2008, Joan Laporta decide di assecondare la (crescente) personalità del giovane Josep Guardiola, affidandogli la panchina del Barcellona, probabilmente nemmeno lui sa a cosa sta andando incontro. Johan Cruyff, padre spirituale del club, ha già messo il proprio timbro di affidabilità, ma una scommessa è pur sempre una scommessa. E se va male?
Pep Guardiola, head coach of Manchester City during the UEFA Champions League Group C stage match between FC Porto and Manchester City at Estadio do Dragao on December 1, 2020 in Porto, Portugal. (
In quel 2008-2009, la prima volta di Guardiola come capo-allenatore di una prima squadra, si condensa tutta la storia della città. Dai Visigoti agli Arabi, passando per i francesi. Una storia fatta di contaminazione, che rivive in quella squadra fantastica capace di vincere ben 6 trofei in un anno. Lo chiameranno sextete.
"Le conoscenze che ho trasmesso ai miei giocatori non sono neanche mie - dice - appartengono a tutti gli allenatori che ho avuto". Quell’idea di melting pot culturale che ha macchiato il territorio del nativo di Santpedor, riemerge nel suo calcio. Guardiola ruba tutto quello che può dall’esperienza passata e, su quella base, applica le sue teorie futuristiche. Il bello ed i risultati vanno di pari passo, come due vecchie amiche rimaste vedove.
In poco tempo riesce a creare un’immagine spaventosa. Roberto Baggio, grande amico di Pep e suo compagno di squadra nel Brescia, durante una visita al Camp Nou nel 2010 riassume la paura che la squadra di Guardiola ha saputo creare nel mondo del calcio. Baggio entra nell’ufficio dell'amico, si avvicina ad una lavagna e piazza le pedine con un modulo 8-2 tutto rintanato negli ultimi 15 metri.
Dici che ce la fai, gli chiedono, abbiamo qualche possibilità di pareggiarla, ribatte il Divin Codino.
Con un gesto così sincero e banale, Baggio fa la fotografia del pensiero comune: contro quel Barcellona puoi solo perdere. Al limite puoi pareggiare, ma scordati di fare la tua partita.
Mollata la Catalogna nel 2012 con un lapidario "Il tempo logora anche i sogni. E io mi sento logorato. Per questo è meglio che sia qualcun altro a guidare il Barcellona", emigra in Germania. Il Bayern Monaco, da sempre rappresentato come il potere, viene completamente travolto dalla sua rivoluzione. In tre anni riesce ad avere influssi positivi su qualsiasi cosa si muova: dal giardiniere a Joshua Kimmich. Ed infatti ancora oggi, nonostante sia scappato da più di 4 anni, nel modo di ragionare dei bavaresi ci sono tante metodologie riconducibili al pensiero guardiolesco.
Gli ultimi 4 anni della sua carriera ci portano al traguardo dei 50, festeggiati in Inghilterra con il Manchester City. In questo strano e asfittico 2020-21, Pep è ancora in lotta su tutti i fronti: coppe nazionali, campionato e Champions League. Dovesse riuscire a vincere la sua terza coppa europea, la prima lontano da Barcellona, festeggerebbe l'immortalità calcistica nel migliore dei modi.
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Il Guardiola pensiero

Scorrendo quelli che sono stati i commenti degli ultimi anni, mi sono accorto che verso Guardiola è montata un’invidia (mista a cattiveria) degna dei ragazzini. Come quando a scuola arrivava l'amico con le scarpe nuove e in qualche modo si prendeva l'odio di tutta la classe. Tra l'accusa di "non saper vincere senza Messi", quella di aver sperperato milioni su milioni in giocatori non all'altezza e di aver fallito il cammino europeo sia a Monaco di Baviera che sulla panchina del City, Pep ha trovato tanti nemici intorno a sé.
Manchester City's Argentinian striker Sergio Aguero (R) is substituted by Manchester City's Spanish manager Pep Guardiola during the English Premier League football match between Manchester City and Arsenal at the Etihad Stadium in Manchester
Sempre da quell’incontro con Baggio del 2010, c'è un altro frammento che vale la pena segnalare. Il Divin Codino raggiunge Pep al campo d'allenamento e gli chiede :"hai dormito bene?", "poco ma bene", risponde Guardiola. Nonostante sia in sella alla panchina da appena 20 mesi, studiare lo sta usurando.
Andrea Romano, sul Fatto Quotidiano, racconta questo aneddoto. "Prima di ogni partita Guardiola scende nella pancia della sede del Barcellona e si chiude in un seminterrato. Non ci sono finestre, ma solo un tappeto, una lampada e un televisore. Pep inserisce il dvd che gli è stato dato dai suoi collaboratori. Lo osserva per ore. Studia gli avversari, ma in realtà studia se stesso".
È ossessionato dalla paura di sbagliare, perché chi vive come lui danza su un filo sottilissimo. Ogni partita diventa l’accettazione di un pensiero, perché sa quanta gente è pronta a sbatterlo a terra. Quindi, alla domanda se "Pep è ancora il numero 1?", la risposta si divide in due. Per alcuni lo sarà sempre, per altri non lo è stato mai.
Alexander Netherton, di Eurosport.uk , affonda il dito. "Resistere al cambiamento è molto difficile, soprattutto per chi vive sulla cresta dell'onda da più di 10 anni. Mourinho, per fare un esempio, sta crollando sotto i colpi del tempo. Pep ha grande stile, però negli ultimi tempi sembra che molti colleghi abbiano pareggiato la sua grandezza trovando il modo di batterlo sia in campionato che in Europa".
Mozione valida, ma non completa. Facendo un'analisi più dettagliata, anche Netherton trova lo spiraglio giusto per tracciare il bilancio. "Considerando la stagnazione da quando ha lasciato la Spagna, è giusto mettere in discussione coloro che lo considerano più speciale di altri grandi allenatori, ma è difficile rifiutare l'idea che sia davvero eccezionale".
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Nonostante i 50 siano un’età piuttosto complicata - perché come scrive Paolo Condò su Repubblica anche il grande scacchista Garry Kasparov, proprio a 50 anni, in un dialogo con Guardiola, ammise di essersi arreso allo scorrere del tempo – Pep Guardiola sopravviverà per sempre. Il suo pensiero è sempre andato oltre alla diatriba dei giornalisti su chi sia il migliore. Guardiola ha fatto capire, per chi ha le orecchie giuste per ascoltare, che attraverso lo studio, l’impegno e l'amore si può arrivare ovunque.
Oggi compie 50 anni e, presumibilmente gli rimangono altre 10 stagioni al top. Il futuro potrebbe portarlo in Serie A, oppure farlo tornare a Barcellona. Il suo sogno rimane quello di allenare il Brasile. Fare pronostici non è il mio mestiere, quindi mi limito a cose decisamente più facili: gli auguri. Buon compleanno Pep! Grazie per aver illuminato la strada.
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