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La farsa Pro Piacenza e una finta indignazione: storia dell'ennesimo fallimento annunciato

Stefano Fonsato

Aggiornato 19/02/2019 alle 11:34 GMT+1

Il caso degli emiliani e del Matera era noto da tempo negli ambienti di Serie C, in cui è diventato praticamente impossibile retrocedere sul campo per l'infinità di penalizzazioni che continuano ad essere elargite (575 punti in 14 campionati, 100 solo in terza serie nel 2018-2019). Tra fideiussioni creative, gestioni scellerate e gare farsa: la realtà è che questo calcio non è più sostenibile.

La disperazione di Angelo Nolé (ex giocatore del Pro Piacenza), LaPresse

Credit Foto LaPresse

Non serve la solita esplosione, temporanea, di indignazione per risolvere i problemi di una Lega Pro sempre più disastrata. Una terza serie dal livello tecnico sempre più basso nonostante l'abolizione della Serie C2, che in un primo momento sembrava, quanto meno, aver scongiurato lo stillicidio dei fallimenti societari. Non solo la situazione non è stata "calmierata", ma questa decisione ha finito per creare centinaia e centinaia di giocatori disoccupati e una moria di club strozzati dai debiti che, come funghi, spuntano creando uno scenario desolante. L'ultimo caso, proprio di questi giorni, è quello del Pro Piacenza, che - notizia di ieri pomeriggio - ha fatto la fine del Matera: escluso dal campionato di Serie C. Campionato che, ora, conta due gironi - l'A e il C - in cui "non si potrà retrocedere" direttamente, ma solo attraverso la disputa dei playout, dato che l'ultimo posto di classifica è già stato assegnato ai due club falliti.
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Cuneo-Pro Piacenza

Credit Foto Eurosport

I casi Pro Piacenza e Matera

Tutto parte da fideiussioni creative, emesse dalla Finworld e giudicate irregolari dalla Figc dopo un contenzioso durato svariati mesi. Normalmente, in casi come questi, si parte da una fideiussione discutibile e si finisce - ben presto - con stipendi non pagati, che poi coincidono con scioperi, partite non disputate e poi perse a tavolino, fino ad arrivare alla radiazione. E così è stato anche questa volta. Tra emiliani e lucani, una sola differenza: che a questi ultimi, dopo il coinvolgimento della formazione Berretti per un paio di partite, dopo quattro sconfitte a tavolino è stata fatta pervenire l'esclusione dal campionato sette giorni fa.
Per quanto riguarda il Pro Piacenza, invece - in mano a Maurizio Pannella, presidente di Sèleco (ditta di elettrodomestici già sponsor di Lazio e Salernitana) - si è provato a raggirare questa regola sulle spalle di sette poveri ragazzini (tutti nati tra il 2000 e il 2002) e un massaggiatore, Alessio Picciarelli, classe 1980, che ha autocertificato il proprio tesseramento al club rossonero, schiaffandosi sulle spalle un numero 11 posticcio per permettere alla squadra di raggiungere il numero legale di giocatori dato che, altro episodio fantozziano, il numero 3 Isufi si era dimenticato - classico peccato di gioventù - a casa il documento d'identità.

Storia di un fallimento annunciato

E pensare che il secondo club di Piacenza, era partito con intenzioni bellicose facendo leva su nomi importanti come l'ex capitano della Lazio Cristian Ledesma e un bomber di categoria come Angelo Raffaele Nolé (oggi accasatosi alla Virtus Verona). Una rosa altamente competitiva affidata alla guida tecnica di Giuliano Giannichedda, ex centrocampista di Lazio, Juventus e Udinese.
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Christian Ledesma, Pro Piacenza, LaPresse

Credit Foto LaPresse

Ma gli stipendi tardano subito ad arrivare e i giocatori mettono in mora il club nel corso del mese di ottobre. A novembre, la società provvede al parziale pagamento degli stipendi ma, contestualmente, il centro sportivo "Siboni" è sempre più degradato, il club smette di pagare l'affitto dello stadio "Garilli" e il settore giovanile è costretto all'autogestione. La squadra, che aveva ben iniziato il campionato, navigando in zona playoff a quota 16 punti, ben presto precipita. Giannichedda viene esonerato a metà novembre per motivi non specificati e gli subentra l'ex Toro Riccardo Maspero. Si arriva al 23 dicembre e alla prima sconfitta a tavolino (dopo che - in massa - giocatori e staff tecnico lasciano il club) giunta contro la Pro Vercelli, che si presenta al Garilli e, dopo 45', torna a casa dopo l'appello dell'arbitro. Seguiranno altri 3 ko senza scendere in campo: contro Alessandria, Juventus Under 23 e Siena. Ma perché allora, non squalificare subito la squadra? Perché, caso più unico che raro, il Pro Piacenza, nel corso del girone di andata, non aveva giocato altre due partite, contro Novara e Virtus Entella. Non per demeriti propri, ma per il fatto che piemontesi e liguri non stavano giocando, nella prima parte della stagione, perché coinvolti nella vicenda del mancato ripescaggio in Serie B.

La sospensiva "machiavellica"

A quel punto, la Lega Pro e gli organi di giustizia sportiva, invece di sospendere tutto, optano per una sorta di "autoeliminazione" dei due club. La scelta funziona con il Matera, non con il Pro Piacenza, che prova ad aggirare il percorso. La farsa dello stadio "Fratelli Paschiero", la presa mediatica di un 20-0 e, soprattutto, il tesseramento anomalo del massaggiatore e dei 7 ragazzini, ha poi portato all'assegnazione del 3-0 a tavolino per il Cuneo. Cuneo che, ironia della sorte, è un'altra delle società sotto osservazione (insieme alla Lucchese, sempre nel girone A) sempre per le grane relative alla fideiussione e una gestione societaria tutt'altro che limpida e che, per questo motivo, martedì ha ricevuto altri 8 punti di penalizzazione (che salgono a 15 se sommati a quelli già comminati a inizio stagione). La Lucchese, invece, prossimo avversario proprio del club piemontese, arriva a 16 punti complessivi di penalità. Anche qui, per i medesimi motivi.

Le parole beffarde del tecnico del Cuneo, Cristiano Scazzola

Restano le parole beffarde - pronunciate a Radio Sportiva - del tecnico del Cuneo Cristiano Scazzola, uomo di grande umanità in un calcio sempre più impersonale:
In molti ci criticano per il 20-0 senza sapere come sono andate realmente le cose. Se avessimo giocato seriamente, la partita sarebbe finita 70-0. Novanta minuti sono lunghi da far passare e tenere la palla ferma era altrettanto sbagliato per le persone presenti sugli spalti. Abbiamo fatto il minimo sindacale per rispettare il regolamento. Detto questo, torniamo ai nostri problemi: abbiamo conquistato sul campo 33 punti più i 3 di oggi (ieri, ndr). In tutto fa 36, che vuol dire zona playoff, conquistata con una rosa giovanissima, che avrebbe dovuto lottare per una salvezza all'ultima giornata. A causa di una gestione societaria scellerata, oggi dobbiamo gestire 15 punti di penalizzazione ma lo dobbiamo fare per noi stessi, per amor proprio.
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L'allenatore del Cuneo (Serie C 2018-2019) Cristiano Scazzola (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

Cento punti di penalizzazione, le "scie" della B a 19 squadre e i proclami di rivoluzione

Non si contano più, ormai, i punti di penalità comminati in totale nei tre gironi di Serie C. Negli ultimi 14 campionati sono stati tolti un totale di 575 punti nel corso di oltre 160 penalizzazioni. E solo quest'anno si sfiora quota 100, che in questo caso non è un'espressione che definisce l'età pensionabile. Lo è ampiamente un calcio fatto di dirigenti avventurieri, "amici di" e procuratori senza scrupoli, che a queste latitudini sportive continuano a maramaldeggiare. E a falsare campionati: perché, sempre restando nel girone A, non si contano i match da recuperare per via dell'incredibile e infinita vicenda della Serie B a 19 squadre, trainata dall'attuale presidente della lega cadetta Mauro Balata, uomo vicino a Claudio Lotito. Non bastavano i casi Bari, Avellino, Cesena, Modena, Como, Reggiana e tanti altri che hanno ammazzato il calcio in piazze storiche di un Italia che non c'è più. Il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli e quello della Figc Gabriele Gravina annunciano una vera e propria rivoluzione. Che la facciano per davvero, magari partendo da due punti basilari: 1) regole lineari e che siano fatte rispettare in maniera ferrea da un organo di vigilanza con poteri attuattivi e dispositivi (e non meramente consultivi come l'attuale Covisoc), e 2) una riduzione delle squadre iscritte in ogni categoria. Perché in questo modo, ormai si è capito, non si può proprio andare avanti.
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