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Conte e il caso 'Insigne-Berardi': il gruppo prima del talento

Simone Eterno

Pubblicato 12/11/2015 alle 08:54 GMT+1

A circa sei mesi dalla consegna delle liste con i 23 azzurri che partiranno per la Francia, Antonio Conte ha lanciato chiari segnali ai naviganti. E se Insigne e Berardi sono due prospetti indiscutibili dal punto di vista tecnico, il ct della nazionale ha già dimostrato di voler puntare su altro. Scelta discutibile? Proviamo a capirlo...

Lorenzo Insigne, Antonio Conte, Domenico Berardi

Credit Foto Eurosport

Gianluca Vialli e Roberto Mancini ai Mondiali del 1994; Roberto Baggio a quelli del 2002; Antonio Cassano in Sudafrica. Ma anche Eric Cantona a inizio carriera o Javier Zanetti ed Esteban Cambiasso al Mondiale del 2010. Volendo si potrebbero scrivere pagine e pagine di nomi illustri, grandi talenti o giocatori reduci da stagioni straordinarie lasciati più o meno misteriosamente a casa nelle grandi rassegne per nazioni.
Insomma, l’argomento è chiaro e da qui a giugno, a quanto pare, sarà destinato a far parlare. Lo è sempre stato. E lo sarà anche nel caso di Antonio Conte. A sei mesi circa dalla consegna definitiva della lista con i 23 azzurri che voleranno a Francia 2016, nella pausa di un campionato ancora tutto da decifrare si torna a parlare di Nazionale. E lo si fa, in assenza di reali spunti figli del campo, inevitabilmente per tutto ciò che intorno al campo ci ruota.
E in questo caso sono nomi. Nomi e conferenze stampa. Quella di Antonio Conte, commissario tecnico della nazionale italiana e quello di Lorenzo Insigne e Domenico Berardi, professione attaccanti. O quasi.
E’ inevitabile che le discussioni di questi giorni ruotino intorno ai due talenti di Napoli e Sassuolo. Ed è ancor più inevitabile che lo si faccia in un periodo storicamente così povero per un reparto avanzato che dalla ‘notte dei tempi’ a prima di questa generazione non aveva mai avuto problemi – se non di abbondanza – con i centravanti.
E invece, nell’era di due onesti lavoratori come l’oriundo Eder e l’italianissimo – ma con fortune fatte in Inghilterra, quasi a specchio dei 600mila italiani scappati nell’ultimo decennio Oltremanica – Pellè, la nazionale di Antonio Conte affronta una povertà di soluzioni offensive di cui tanto si era già scritto e discusso, ma a cui le ultime ‘scelte tecniche’ – così sono state definite – dell’Antonio nazionale hanno nuovamente reso attuali.
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Graziano Pellé esulta dopo il gol in Italia-Norvegia - 2015

Credit Foto LaPresse

Già, da una parte uno dei più interessanti prospetti tecnici del nostro calcio e dall’altra un ragazzo che, sotto la guida di Sarri, ha segnato quest’anno come mai aveva fatto in carriera. Berardi e Insigne, dal punto di vista tecnico, rappresentano forse le due più grandi certezze in un scenario piuttosto avaro di talenti, eppure le parole del comandate Conte suonano come qualcosa in più di un avviso ai naviganti.
Una porta chiusa. O se non è questo poco ci manca. Mettiamola così: una possibilità di “provate a bussare più avanti, vedremo se avremo bisogno di voi”. Non ci vuole un grande esperto di contesimo per leggere tra le righe del ‘non detto’ del commissario tecnico nella conferenza stampa dell’altro giorno. Ci sono stati gli episodi del ‘giro precedente’. E c’è poi anche un discorso di scelte tecniche.
Partiamo da queste ultime. Berardi e Insigne rappresentano nell’Italia che sembra avere in testa Antonio Conte due variabili poco utili. Se la difesa è presto fatta e se l’affaire Pirlo è stato un altro evidentissimo segnale lanciato al diretto interessato – “O torni qui e ti vedo, o ciao-ciao europeo” – l’Italia che si presenterà in Francia non sarà molto differente da quella vista negli ultimi match di qualificazione. Un 4-4-2 all’occorrenza 4-2-4, con i buoni Candreva o Florenzi a destra e con l’ormai assodato El Shaarawy a sinistra che fungeranno da 'supporto esterno' all’ormai assodata coppia Eder-Pellé. Qui dentro, spazio per la fantasia di Berardi o Insigne ce n’è molto poco. E se è vero che soprattutto a sinistra lo scugnizzo partenopeo potrebbe fare comodo, altrettanto lo è che non è in grado di garantire quanto suo malgrado fatto vedere in sacrificio da un El Shaarawy completamente riadattato in modalità nazionale.
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Stephan El Shaarawy prova a controllare un pallone durante Italia-Bulgaria, LaPresse

Credit Foto LaPresse

Qualcuno potrebbe obiettare alle soluzioni di questi due interpreti come alternative di modulo. Alternative a cui però Conte non sembra credere molto. E che certamente non si metterà a sperimentare nel momento chiave come fatalmente si ritrovò a fare Prandelli in Brasile.
Se c’è una cosa certa che abbiamo capito in questo cammino di avvicinamento della nazionale all’estate francese, è che Antonio Conte ha scelto un approccio più da'allenatore di club' che da'selezionatore'. Creo un gruppo, più che valutare tutto ciò che ho a disposizione; cerco di imporre le mie idee ai miei uomini, più che di cercare idee con gli uomini che ho.
Un approccio fin qui inattaccabile quello dell’allenatore – badate bene, allenatore, non selezionatore – Antonio Conte. Un’idea che ha trasformato una delle 'Italie' più povere di sempre in una squadra ancora imbattuta in gare ufficiali sotto la sua gestione.
Per molti aspetti è un approccio molto simile a quel che fu il primo anno della sua gestione Juventus; quando prese una squadra mediocre – se non dietro e in mezzo al campo, lo era senza dubbio in avanti – e la portò a vincere uno Scudetto da imbattuta. Il segreto di quella formazione? La grinta, la fame, il gruppo.
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Antonio Conte Italia Bulgaria 2015 LaPresse

Credit Foto LaPresse

Ecco perché qui si arriva alla seconda delle questioni che tagliano fuori, al momento, Berardi e Insigne. In una delle prime conferenze stampa Antonio Conte affermò “Chi vuole la Nazionale deve dimostrare di valerla”. E non solo evidentemente a livello tecnico. Anzi, paradossalmente quello può passare in secondo piano nella filosofia del salentino. Ne è un esempio Mario Balotelli (inizialmente del giro, poi finito quasi subito fuori); e lo sono le mancate convocazioni, appunto, di Berardi e Insigne. Inutile girarci intorno. I forfait dell’ultimo giro non sono andati giù a Conte, che 'all’uno' dell’aspetto tattico già precedentemente citato ha sommato 'l’altro uno' dell’aspetto comportamentale. Risultato: due. Berardi e Insigne a casa.
Una filosofia per molti discutibile ma che, giusto ribadirlo, ha comunque fin qui portato i suoi frutti. Ecco perché non ci resta che credere nel lavoro dell’allenatore – badate bene, allenatore, non selezionatore – Antonio Conte. E non ci resta che augurare a Domenico Berardi e Lorenzo Insigne di segnare quanti più gol possibile da qui alla fine del campionato. Perché anche in quel caso Conte era stato chiaro: “Se qualcuno vorrà entrare all’ultimo, dovrà fare cose straordinarie”. Ecco, appunto…
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