Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Armenia-Italia, azzurro variabile da Belotti a Chiesa: quante volte abbiamo vinto così

Roberto Beccantini

Pubblicato 06/09/2019 alle 08:34 GMT+2

Armenia-Italia può essere analizzata da due punti di vista opposti. Se si comincia dalla fine, evviva: 3-1 in trasferta, quinta vittoria di fila, Europei in tasca. Se si parte dall'inizio, viceversa, abbasso: quel quarto d'ora da brividi e metà ripresa in salita nonostante l'uomo in più.

Italia

Credit Foto Eurosport

Quante volte abbiamo vinto così, ballando ballando alla Ettore Scola? Già, quante volte. L'album di famiglia è ricco di partite del genere, un po' grigie e un po' ruvide, strizzate come limoni e domate più dagli episodi che dalla trama. Se si comincia dalla fine, evviva: 3-1 in trasferta, quinta vittoria di fila, Europei in tasca. Se si parte dall'inizio, viceversa, abbasso: quel quarto d'ora da brividi, metà ripresa in salita nonostante l'uomo in più (fiscale, molto fiscale, il secondo giallo a Karapetyan, il migliore degli armeni: e non solo per il gol). Poi sono scoppiati Hovhannisyan e Mikhitaryan, è entrato Lorenzo Pellegrini e l'Italia ha vinto facile.
D'accordo, loro erano atleticamente più avanti di noi, ma noi siamo 16esimi nella classifica Fifa e loro 98esimi. Mancini non è un ispettore di polizia e, dunque, ha preso per buono il risultato "reo confesso". Già con la Bosnia, a Torino, la Nazionale aveva rimontato: con ben'altra allure, però. Il fatto di esserci ribellati alla noia aumenta le pretese, moltiplica le smanie: ogni volta vorremmo andare sulla luna, salvo poi accorgerci che anche la terra del "conta vincere" non è poi tanto brulla, tanto brutta. In attesa della Finlandia, vi giro alcuni spunti di discussione.
Bonucci. È un "libero" che il calcio moderno costringe a urgenze da stopper. I confini vanno dalla chiusura non proprio feroce su Karapetyan, al culmine del contropiede che ha spaccato l'equilibrio, al lancio con il quale ha armato la crapa di Pellegrini. Romagnoli gli ha dato la mano che poteva. Non mi meraviglio che Bonucci piaccia più all'estero che in patria: all'estero si privilegia il pennello, da noi lo scalpello. Nacque centrocampista, a Viterbo. Senza Chiellini, molti sembrano più vulnerabili: non solo lui.
Belotti: un gol e mezzo (complice il portiere), più due mangiati, più un altro annullato per un fuorigioco che non c'era. È tornato. Nessun dubbio che sia un centravanti di lotta e di governo: ma di che livello? Al Gallo l'ardua sentenza. Nelle speranza che la sfida a distanza con Immobile stimoli entrambi.
Emerson Palmieri. Ecco un terzino (sinistro) che, come ai vecchi tempi, arriva sul fondo e non va a fondo.
Verratti, Jorginho, Barella. Più ombre che trombe, soprattutto Barella. E Verratti, abile nel governare Parigi, impari a governare sé stesso.
Chiesa. È rimasto a Firenze, l'importante è che non si senta prigioniero. Sostituito, deve ritrovare la porta. L'alta velocità esalta e trascina, a patto che si "arrivi" in orario.
Bernardeschi. Ha scheggiato una traversa, ma siamo sempre lì: talmente eclettico, a volte, da scadere nel generico. La differenza - vale per tutti gli attaccanti - la fanno gli ultimi metri: quando devi decidere cosa fare. Più sei bravo, più sai scegliere: se un dribbling, un tiro o un passaggio. Meno lo sei, più la gente si chiede: ma quale sarà mai il suo ruolo? Tocca a voi.
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Condividi questo articolo
Match collegati
Pubblicità
Pubblicità