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Italia: per ribaltare la Svezia non serve un’impresa, serve una squadra

Roberto Beccantini

Aggiornato 13/11/2017 alle 09:24 GMT+1

Bisogna entrare in campo un ct capace di domare le pressioni,  con ogni pedina al suo posto, con un atteggiamento che, senza toccare picchi fuori del comune (e fuori delle nostre risorse, non proprio illimitate), ci porti a essere protagonisti. Sarebbe il colmo uscire con dei rimpianti o, peggio, con dei rimorsi.

Italia, la squadra

Credit Foto Getty Images

Gli episodi, questi impostori. D’accordo: il naso rotto di Bonucci, il gollonzo della ditta Johansson-De Rossi, il palo di Darmian. Sarebbe però un grave errore ripartire da lì e da un metro arbitrale che è stato casalingo, sì, ma non così invasivo o decisivo come hanno strillato dal palazzo. Questa sera, a San Siro, ci giochiamo per l’ultima volta il Mondiale e se c’è una cosa di cui l’Italia di Ventura non ha bisogno sono proprio gli alibi. Occhio: non segniamo almeno due gol dal Liechtenstein dell’11 giugno (5-0).
Urge un ct più lucido. La fusione tra anziani e giovani non ha prodotto risultati apprezzabili. I fenomeni della nostra via Pal hanno ribadito che, a livello internazionale, devono ancora mangiarne, di pagnotte. Verratti, squalificato, non ci sarà. Non mi ha convinto. Voce di Raiola: dovreste vederlo, nel Psg. Vero, ma vorrei applaudirlo anche senza Neymar, Cavani e compagnia nella. Immobile si trascinava acciacchi assortiti, e allora perché affiancargli, perso Zaza, un Belotti pure lui fresco d’infortunio? Sarebbe stato più opportuno andare dritti su Eder.
Stop. Il ct non deroga, avanti con il 3-5-2: Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Candreva, Florenzi, Jorginho, Parolo, Darmian; Immobile, Gabbiadini. Nel merito: Jorginho vice De Rossi ci può stare, ma Florenzi interno è, oggi, un azzardo tattico, poco meno dell’ennesima panchina di Insigne, che avrei invece schierato dall’inizio, e Gabbiadini titolare all’improvviso sembra l’estremo, disperato, giro di roulette. Fermo restando che non sarà mai il modulo a fare il monaco, ma la personalità, la mira. E la testa, non solo il cuore.
Si spera che il destino baci le «puntate» del tecnico. Per sedurlo, facciamogli la corte con un po’ più di coraggio, con un po’ più di precisione. Gli svedesi me li aspettavo così, tranne Forsberg sul quale avevo letto mirabilie. Andersson la butterà sulla giungla difensiva e il contropiede. I gomiti di Berg e Toivonen costituiscono un falso problema. Naturalmente, si spera che San Siro abbia pazienza. Non serve un’impresa: servirebbe se si dovesse ribaltare una Germania o una Spagna. Serve una squadra: dovremo giocare una partita che non giochiamo da un pezzo. Con un ct capace di domare le pressioni, con ogni pedina al suo posto, con un atteggiamento che, senza toccare picchi fuori del comune (e fuori delle nostre risorse, non proprio illimitate), ci porti a essere protagonisti. Sarebbe il colmo uscire con dei rimpianti o, peggio, con dei rimorsi.
Bisogna azzerare tutto: presidenti inetti, pilota confuso, povertà della rosa. Venerdì scorso, l’idea di un pareggiaccio ha contribuito ad accentuare la sciatteria di fondo. Abbiamo solo un risultato. Potrebbe essere un vantaggio. Confermo il pronostico: 55% Italia, 45% Svezia. E confermo pure che in un caso non si dovrà parlare di impresa e nell’altro di Apocalisse. E che, se si passa, licenziare comunque e «solo» Ventura sarebbe una porcheria.
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