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Serie A: Juventus, Alvaro Morata e l’evoluzione finale del niño de la casa

Carlo Filippo Vardelli

Aggiornato 23/03/2021 alle 00:36 GMT+1

JUVENTUS - Dal rendimento negli ultimi due mesi, Alvaro Morata sembra aver completato lo step che tutti si aspettavano da lui. Nella Juve di Pirlo ha abbinato finalizzazione al gioco per la squadra, pulendo la tecnica e aiutando la squadra. Dal 2014 ad oggi, la musica è cambiata

Alvaro Morata esulta, Ferencvaros-Juventus, Champions League, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Quando Alvaro Morata è arrivato a Torino nel luglio del 2014, i bianconeri erano in mezzo al primo cambio epocale nella storia di Andrea Agnelli presidente. La conferenza stampa shock di Antonio Conte, in cui annunciava l’addio alla società, aveva gettato il panico nell’ambiente. Che fare? Come muoversi? In mezzo al trambusto più totale, la proprietà scelse Massimiliano Allegri che, arrivato in mezzo alle critiche, solamente 11 mesi dopo aveva conquistato tutti.
In quella bellissima Juve europea, uno dei giocatori più brillanti era proprio Alvaro Morata. L’allora 24enne spagnolo fu il vero game-changer nella seconda fase europea. Arrivato a Torino con la data di scadenza, perché nonostante la Juve lo avesse comprato il Real Madrid aveva messo la recompra, in poco tempo era riuscito ad incidere in varie serate importanti, diventando un autentico "uomo di coppa". Fece lo stesso nel 2015-2016, dominando fisicamente i primi 60’ della storica partita contro il Bayern. Grazie ai suoi strappi da autentico centometrista, piegò in due i difensori bavaresi.
Alvaro Morata - Bayern v Juventus - Champions League 2016
Dopo l’addio forzato, Alvaro ha iniziato a girovagare tra Spagna ed Inghilterra. Prima il rientro al Real Madrid, con vittoria della Champions (la sua seconda) proprio ai danni della Juve, e poi Londra sponda Chelsea. Un anno e mezzo difficile. Arrivato con tutte le pressioni del caso per via di rendimento europeo e prezzo, in circa 45 partite non ha mai trovato il feeling con la città della Regina. Chiuso il fugace rapporto con il paese di Shakespeare, il niño de la casa è tornato in Spagna, nella squadra per cui faceva il tifo da piccolo: l’Atletico di Madrid. Sotto la dittatura cholista, l’attaccante spagnolo si è ritrovato. Dopo sei mesi di apprendistato, ha ricominciato a segnare come ai tempi belli. I suoi 16 gol stagionali nel 2019-20 raccontano di un giocatore e di un uomo finalmente ritrovato. Senza essere oppresso da richieste troppo alte per le sue qualità, lo spagnolo ha rimesso in ordine le priorità della sua vita: segnare e far ricredere tutti quanti.
Una volta chiusa la travagliata, per tempi e modi, stagione 2019-20, Morata convince i rojiblancos a comprarlo. Al tempo stesso, però, da Torino arrivavano alcune richieste piuttosto rumorose. La Juve aveva bisogno di una punta e, dopo un incredibile numero di giocatori accostati alla squadra di Torino, nel mese di settembre ecco il ritorno a casa di Alvaro.
Alvaro Morata of Atletico de Madrid argues with Giorgio Chiellini of Juventus
Oggi, due mesi dopo quell’annuncio, Morata è il miglior cannoniere della Juve nonché uno dei migliori giocatori bianconeri. Sembra che l’aria di casa gli abbia fatto bene, ma non c’è solo quello. L’agente Juanma Lopez ha detto questo. "Alvaro chiedeva di sentirsi importante. Un giocatore si sente grande quando avverte intorno a sé una fiducia piena. Si riconosceva molto nel progetto della Juventus".

Miglioramento: testa e tecnica

Da quando il nome di Morata si è imposto nel calcio italiano ed europeo, le società in cui ha militato lo hanno sempre trattato come una riserva. Nella prima Juve doveva essere il cambio di Llorente, mentre l’anno dopo si è visto sorpassato da Dybala e Mandzukic. A Madrid non parliamone nemmeno: con Ronaldo, Benzema, Bale e Isco, per Alvarito c’è stato giusto il tempo per una toccata e fuga.
La prima vera occasione è stata Londra, dove sono nati i problemi. Arrivato con l’etichetta di grande giocatore in rampa di lancio, tutti si aspettavano i volumi di produzione di un grande giocatore. La realtà, invece, ci ha raccontato di un calciatore che non si è mai realmente trovato in accordo con l’Inghilterra e con la pressione derivata dal costo del suo cartellino. Ritrovata la Spagna un anno e mezzo dopo, ecco l’ennesima l’annata da riserva. Dietro a Joao Felix e Diego Costa, Morata ha comunque trovato una grande stagione da doppia cifra di gol (16), toccando il secondo miglior dato di segnature da quando gioca nei massimi campionati.
SQUADRAGOL STAGIONALIPRESENZE
Juventus 2014-151546
Juventus 2015-161247
Real Madrid 2016-20172043
Chelsea 2017-20181548
Chelsea/Atletico Madrid 2018-191541
Atletico Madrid 2019-201644
Juventus 2020-202168

La visione di Allegri

Rivedendo le partite del 2014-2015 e del 2015-2016, il vecchio Morata era un giocatore tremendamente diverso rispetto a quello che è oggi. Lo spagnolo, sostanzialmente, sotto la guida di Allegri veniva sfruttato solo nell’ultimo terzo di campo, oppure per delle lunghissime risalite palla al piede. Dovendo convivere con un livello tecnico non proprio pulitissimo, Morata provava a massimizzare le situazioni veloci.
In due delle più clamorose serate di Champions della Juve 2014-2015 - quella contro il Real Madrid e in trasferta contro il Borussia Dortmund - troviamo due fotografie emblematiche della visione di Allegri su Morata. Nel 3-0 contro la squadra di Klopp, lo spagnolo partecipa attivamente nel gol dell'1-0 in una maniera molto buffa, quasi incespicando sul pallone, mentre un mese dopo la situazione è ancora più estremizzata. In occasione del 2-1 nella semifinale d'andata, proprio nell’azione dei 27 passaggi consecutivi chiusa dal suo gol, Morata non tocca mai la palla. L’ex canterano si limita a recuperare il possesso a centrocampo e poi a raccogliere la respinta corta del portiere connazionale.
Passano 12 mesi e Morata si trasforma in una one man band contro Bayern e Manchester City. Nella partita contro gli inglesi, il suo gol del 2-1 è la risultante di un lancio lungo in cui la Juve attacca la profondità con due soli giocatori. A Monaco di Baviera, invece, il suo one man show è il riassunto di come un giocatore possa far reparto da solo, risalendo il campo in più occasioni contro tutta la difesa bavarese.
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Luis Enrique: "Morata è diverso da quando è alla Juventus"

Più centrale con Pirlo

Il giocatore di oggi, contrariamente alle aspettative, è parecchio differente da quello del 2015. Alle solite qualità di saper segnare con pochi tocchi/essere pericoloso nell’area di rigore, Morata ha aggiunto tutto quel gioco che prima non era mai riuscito a sviluppare: quello spalle alla porta.
Lo spagnolo è ancora un ottimo uomo da ultimi 16 metri, ma la sua modernità consiste nell’aiutare la manovra di Pirlo a progredire usando il gioco spalle alla porta. L’heatmap stagionale ci dice che Morata staziona nella fascia centrale del campo, tocca oltre 40 palloni a partita (dato molto alto per lui) e ha già fornito due assist ai compagni. Secondo Fbref, è nono per xA (expected assist) in Serie A con 2.1, ed è primo per passaggi filtranti insieme a Dzeko, Soriano, Pasalic e Ramsey. La sua posizione più arretrata è stata una delle principali soluzioni di Pirlo per risalire il campo con qualità e precisione.
Vedere quei dati nel passaggio, abbinati ad uno 0.23 negli npxG/shot - expected goals per tiro senza contare i rigori - ci fanno dire che questa evoluzione di Morata è quella definitiva. Ok, dribbla di meno e tira di meno, ma perché è Pirlo a chiederglielo. Non c’è più spazio per il Morata del 2015, che sostava nell’ultimo terzo di campo ed entrava in gioco solo per determinate situazione. Oggi Morata è completo. Fa meno azioni, ma le fa quasi tutte giuste. Non è less is more, ma la precisione e l’evoluzione che fanno la differenza.
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Pirlo: "Arthur stava male, Ronaldo-Morata bene insieme"

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