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L'addio in lacrime di Francesco Totti, Roma ai piedi del suo capitano: "Starei qui altri 25 anni"

Stefano Dolci

Aggiornato 28/05/2017 alle 21:11 GMT+2

Lacrime, incredulità e occhi lucidi dei compagni e di un pubblico che non crede che sia arrivato il giorno della fine di una carriera inimitabile. Premiato con una maglia numero 10 da Pallotta, fischiato soronamente dal pubblico, Totti ha ringraziato tutti leggendo una lunga lettera e lasciando la fascia di capitano a un ragazzino con la maglia della Roma.

2017, Francesco Totti, Roma, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Lacrime, incredulità, brividi e occhi lucidi: quelli di un popolo che lo ha adorato e che non riesce a credere che quella maglia numero 10 giallorossa non sarà più sulle sue spalle e quelle dei compagni e dirigenti, scossi ed impietriti davanti a un fuoriclasse come non se ne vedrà più, certamente non alla Roma.
Francesco Totti saluta la Roma e si congeda dal suo pubblico e dalla città eterna. Un addio melanconico: impossibile anche per Checco, scanzonato e sempre pronto a stemperare, non piangere e commuoversi davanti all’ovasione di un pubblico adorante. Francesco ringrazia, si inchina dinanzi alla curva Sud e stringe a sé a lungo i figli e la moglie Ilary, increduli anche loro per una serata che, prima o poi, doveva arrivare ma a cui nessuno era pronto o preparato.
"Mi mancherai” il messaggio impresso col pennarello sul pallone calciato alla curva Sud. L’ultimo di una carriera inimitabile e incredibile. Totti lascia, non prima però di aver letto una lettera di ringraziamento ai tifosi giallorossi e di essersi tolto un'ultima volta la fascia di capitano donandola a un ragazzino al centro del campo, un gesto simbolico di un campione entrato all'Olimpico bambino e che lascia oggi da uomo.

La lettera di Francesco Totti a Roma e ai tifosi della Roma

Ci siamo. È arrivato il momento. Sembra un concerto. Purtroppo è arrivato questo momento che speravo non arrivasse mai. In questi giorni ho letto tantissime cose su di me. Belle, bellissime. Ho pianto tanto, tutti i giorni, come un matto perché venticinque anni non si dimenticano così. Con voi dietro alle spalle, che mi avete spinto nel bene e nel male. Anche nei momenti difficili, soprattutto. E per questo voglio ringraziarvi tutti, anche se non è facile. Lo sapete che non sono di tante parole, però le penso. In questi giorni con mia moglie ci siamo messi a tavolino e le ho raccontato un po’ di anni vissuti con questa unica maglia. Anche io ho scritto – anzi, abbiamo scritto – una lettera per voi. Non so se riuscirò a leggerla. Ci provo. Vado che se no si fa tardi, è ora di cena e avete fame. Ma io resterei altri 25 anni. Grazie Roma, grazie mamma e papà. Grazie a mio fratello, ai parenti e agli amici. Grazie a mia moglie e ai miei tre figli. Ho voluto iniziare dalla fine, dai saluti, perché non so se riuscirò a leggere queste righe. È difficile raccontare 28 anni di storia con delle frasi. Vorrei farlo con una canzone o una fotografia, io però non ne sono capace. Ho cercato di esprimermi in questi anni attraverso i miei piedi, con i quali mi viene tutto più semplice. A proposito, sapete qual era il mio giocattolo preferito? Il pallone e lo è ancora. Ma a un certo punto della vita si diventa grandi. Così mi hanno detto che il tempo lo ha deciso. Maledetto tempo... è lo stesso tempo che quel 17 giugno del 2001 avremmo voluto passasse in fretta. Non vedevamo l’ora di vedere l’arbitro fischiare tre volte. Mi viene ancora la pelle d’oca a pensarci. Ora il tempo è venuto a bussare e a dirmi che devo crescere, da oggi sono un uomo e non potrò più sentire l’odore dell’erba, il vento in faccia e la gioia di esultare. Mi sono chiesto in questi mesi perché mi stiano svegliando da questo sogno. Avete presente quando siete bambini e state sognando qualcosa di bello e vostra madre vi sveglia per andare a scuola? E voi volete riprendere il filo di quella storia, ma non ci riuscite mai. Questa volta non era un sogno, ma realtà. Io voglio dedicare questa lettera a tutti voi. Ai bambini che hanno tifato per me, a quellu che sono cresciuti e magari adesso sono padri. E a quelli che gridano ‘Totti gol’. Mi piace pensare che la mia carriera diventi per voi una favola da raccontare. Ora è finita veramente, mi levo la maglia per l’ultima volta. La piego per bene, anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Scusatemi, se in questo periodo non ho rilasciato interviste e chiarito i miei pensieri. Ma spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura, non è la stessa cosa che si prova davanti alla porta quando devi segnare un calcio di rigore. Non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa c’è di fuori. Concedetemi un po’ di paura, questa volta sono io che ho bisogno di voi e del vostro calore. Quello che mi avete sempre dimostrato. Con il vostro affetto riuscirò sicuramente a voltare pagina e buttarmi in una nuova avventura. Questo è il momento di ringraziare tutti i compagni di squadra, i tecnici, i dirigenti e i presidenti. Tutti coloro che hanno lavorato di fianco a me in questi anni. I tifosi, la Curva Sud. Un riferimento per noi romani e romanisti. Nascere romani e romanisti è un privilegio. Fare il capitano di questa squadra è stato un onore. Siete e sarete sempre nella mia vita. Smetterò di emozionarmi con i piedi, ma il mio cuore sarà sempre lì con voi. Ora scendo le scale, entro in uno spogliatoio che mi ha accolto che ero un bambino e che lascio adesso, che sono un uomo. Sono orgoglioso e felice di avervi dato 28 anni di amore. Vi amo!
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