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Lavagna tattica: dal caos a stella danzante, dove può arrivare il Milan di Montella?

Mattia Fontana

Aggiornato 25/10/2016 alle 15:33 GMT+2

I rossoneri sono l'autentica rivelazione di questa prima parte di campionato, merito di un tecnico ormai esperto e di una rosa molto giovane che sa come mettere in difficoltà ogni avversario. Proviamo a capire la forza del Diavolo e le sue prospettive future.

Milan-Lazio - Serie A 2016/2017

Credit Foto LaPresse

"Bisogna avere un caos dentro di sé, per generare una stella danzante". Nietzsche ha ben poco a che fare con il calcio, eppure viene da pensare inevitabilmente a una citazione come questa per identificare in poche parole lo stato attuale del Milan. Società allo sbando, già venduta o forse no. In cui non si capisce bene chi stia al timone, ma da cui sta nascendo il primo raggio di luce dopo un quadriennio che definire cupo sarebbe riduttivo. La stella danzante, nello specifico, è la squadra giovane e sbarazzina che Vincenzo Montella ha plasmato e ha piazzato al secondo posto in classifica dopo nove giornate di campionato. Chi l’avrebbe detto? Proviamo a spiegare cosa sta accadendo dalle parti di Milanello, come sempre con il supporto di Wyscout.
Il Milan alla nona giornata
La partenza attuale è la migliore del Milan dai tempi dell'ultimo anno di Carlo Ancelotti. Meglio anche del 2010-11, l'anno dell'ultimo scudetto con Massimiliano Allegri in panchina.

Caos calmo

La spiegazione migliore del momento Milan, dell’ormai tradizionale mancata connessione tra le scelte dirigenziali e le necessità tecnico-tattiche, si ha dall’esito dell’ultima sessione di calciomercato. Una ventina di milioni di euro investiti in Vangioni, Gomez, Fernandez, Sosa e Lapadula, peccato che gli unici ad essersi inseriti nell’undici di partenza siano due prestiti di ritorno: Paletta in difesa e Suso in attacco. Fa sorridere pensare che due sole novità di formazione siano bastate a Montella per rivoltare il Milan come un calzino, quanto meno sul piano dei risultati. Eppure, il caos estivo si è tradotto in una serie di certezze tattiche fornite dalla calma glaciale di Montella. Uno che sembra perdere l’aplomb soltanto al triplice fischio (eloquenti le reazioni al palpitante successo contro il Torino e alla vittoria con la Juventus) e un tecnico che non mette mai da parte la lucidità. Per questo – e anche per i meriti dello stesso Sinisa Mihajlovic – ci ha messo molto meno rispetto al predecessore serbo nel trovare la quadratura del cerchio intorno a un 4-3-3 di base. Senza accanirsi sul concetto di possesso palla visto nei primi anni a Firenze, ma sempre cercando un calcio equilibrato e intelligente. In tal senso, Paletta è utile per dare certezze a un pacchetto arretrato che ancora vive degli alti e bassi dei terzini, così come dell’alternanza di classe e distrazione impersonata da Romagnoli. E, innegabilmente, è divenuto fondamentale l’apporto atletico di Niang in associazione ai tagli verso il centro di Suso. Due giocatori utili a mascherare il Bacca dei giorni peggiori, due attaccanti pronti a esaltare il colombiano non appena possono servirlo in profondità. Senza dimenticarsi del centrocampo, endemicamente il reparto più problematico di questo Milan eppure un trittico che ha raggiunto una dimensione accettabile con il fisico di Kucka e il movimento tra le linee di Bonaventura, ma anche con il passaggio di consegne tra l’infortunato Montolivo e Locatelli, l’autentica sensazione di questo ultimo mese.
La costruzione a tre del Milan
La costruzione a tre. Rispetto alle prime giornate, Montella sembra ormai essersi deciso a bloccare le avanzate offensive di De Sciglio. In fase di costruzione, è soltanto il terzino destro Abate a sganciarsi senza palla per allargare il campo a destra. De Sciglio, invece, resta vicino a Romagnoli e Paletta. Il primo obiettivo è permettere a Locatelli di impostare (e sbagliare) con calma, essendo protetto da un uomo in più alle proprie spalle e avendo un’opzione di passaggio arretrata in più. Il secondo è quello di limitare gli sforzi di De Sciglio in fase offensiva, con la speranza di migliorarne il rendimento a tutto tondo.

Il simbolo Locatelli

Un uomo copertina serve sempre per sintetizzare il tutto. Ed è difficile, in questo momento specifico, non ritrovare nel giovane regista l’emblema del Milan di Montella. Non perché la sua importanza strategica sia fondamentale, non perché siamo sicuri del fatto che sia il grande giocatore del futuro. Ma perché nelle sue intuizioni e nei suoi passaggi a vuoto, c’è tutto il bene e tutto il male della nuova gestione rossonera. Gettato nella mischia da Cristian Brocchi, ha dimostrato di poter rispondere alle attese alla grande nel delicato momento di transizione post-Montolivo. Anche qui, però, è stato fondamentale qualche accorgimento posto da Montella al contesto di squadra. Che, ora, applica più costantemente un 3-4-3 in fase offensiva, bloccando De Sciglio basso in modo da concedere al regista anche la possibilità di sbagliare qualche passaggio in impostazione. Con le spalle coperte, potrà crescere come è giusto che faccia. Anche se, ormai, tenere a bada le aspettative sarà difficile.
L'impostazione di Locatelli
La migliore qualità di Locatelli? Essere lineare e spigliato. Perde qualche palla di troppo, ma quando recupera il controllo della sfera non ha paura a gestire la palla. Senza strafare, senza esagerare nei narcisismi. E, quasi sempre, cercando l’imbucata verticale come nella circostanza in questione. Quando va in pressione, contribuisce al recupero e verticalizza subito su Bacca. Questo agevola non poco le transizioni del Milan. Per il controllo del gioco tipico della Fiorentina di Montella, invece, è meglio guardare altrove.

Le prospettive

Dove può arrivare questo Milan? Le premesse sono buone, ma è inevitabile sottolineare come molto dipenda dalla concorrenza e dalla progressiva ricerca di certezze da parte di Montella. Una di queste è indubbiamente Niang, il grimaldello utile a spiegare l’evoluzione nel gioco del tecnico e con essa anche il Diavolo attuale. Il francese è l’autentico giocatore fondamentale nella scacchiera, l’uomo che permette alla squadra di respirare nei momenti di massima sofferenza e di scompaginare sempre il quadro della difesa avversaria. Esattamente come è stato Salah nell’ultima Fiorentina di Montella, del resto la creatura tattica più vicina a questo Milan. Una squadra che raggiunse la propria maturità alternando 3-5-2 e 4-3-3, ma – soprattutto – abbassando il baricentro di qualche metro, abbandonando la ricerca costante del possesso palla e affidandosi agli allunghi in contropiede dell’egiziano. La strada è questa.
I movimenti di Niang
Niang è uno dei giocatori imprescindibili di questo Milan. La sua velocità permette alla squadra di distendersi in contropiede quando ne ha bisogno, alleggerendo la pressione sulla difesa che non è mai mancata in nessuna di queste prime uscite. Sbaglia ancora un numero altissimo di palloni nel momento decisivo, ma migliora. E, soprattutto, si sta dimostrando sempre più incisivo anche nello stretto.

Perché conviene tenere i piedi ben saldi a terra

Di solito, iniziamo questo tipo di analisi con le statistiche avanzate che meglio possono definire il tipo di gioco di una squadra e pesare il rendimento in campionato. In questo caso, però, è opportuno porle alla fine del discorso. Se guardassimo ai dati, infatti, non ci immagineremmo mai di trovare il Milan così in alto in classifica. Dal punto di vista difensivo, il Diavolo è la quintultima squadra per tiri concessi (15,2: quanti il Bologna), l’undicesima per tackle (17,2), l’ultima per palle intercettate (10,6) e la settima per fuorigioco conquistati. Dal punto di vista offensivo, è decimo per tiri (12,7), dodicesimo per dribbling (8,8) e sedicesimo per falli subiti (12,2). Guardando al controllo della palla, scopriamo come Montella si trovi undicesimo per percentuale di possesso (49,4) e nono per percentuale di passaggi completati (80,7). La prova migliore di quanto sia cambiato, in questo contesto, il tipo di calcio dell’Aeroplanino. O che, in fondo, non è stata messa mano più di tanto all’impostazione voluta da Sinisa Mihajlovic un anno fa. Un calcio diretto, veloce e spigliato. Giovane, per utilizzare un aggettivo in voga ultimamente. E, proprio per questo, bisognoso di essere testato ancora a lungo prima di venire incensato. Questa sera a Marassi, ad esempio, può essere una prova del nove ancora più importante di quella di sabato contro la Juventus. Sembra un paradosso, ma per questo Milan non lo è. Una stella danzante, in fondo, non potrà mai dimenticare da dove viene.
Razionalità nella gestione degli spazi e ricerca del gioco laddove possibile. Se la squadra è giovane, l'allenatore di questo Milan sembra già molto maturo...

I dati a confronto:

STAGIONE% POSSESSO PALLA% PASSAGGI COMPLETATITIRI EFFETTUATITIRI SUBITIFUORIGIOCO CONQUISTATI
2015-1652,179,814,418,52,9
2016-1749,480,712,715,22,3
I dati a confronto tra la passata stagione e quella attuale. Sembra un paradosso, ma il Milan fa ancora meno possesso palla e tira ancora meno. Il cambiamento più grosso? Il fatto che ora conceda circa tre tiri in meno di media. Parlare di differenze stilistiche, però, risulta difficile.
VIDEO: Montella e il predestinato Locatelli
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