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Fabbrica Juventus: da Conte ad Allegri, potere ma anche volere

Roberto Beccantini

Aggiornato 14/05/2018 alle 17:22 GMT+2

Riemersa dalle macerie di Calciopoli, la Juventus è entrata nel futuro prima degli altri. Il problema sembrava: quanto ci resterà? Il problema è diventato: quando vi saliranno gli avversari? Dal 2012 a oggi, ha inflitto distacchi siderali a tutti: 98 punti al Napoli, 120 alla Roma, 190 alla Lazio, 192 al Milan, 209 all’Inter. Gode il tifoso, non l’Europa: l’ultima Champions risale al 1996.

Massimiliano Allegri - Juventus - Serie A 2017-2018

Credit Foto Getty Images

Mancava solo il timbro. Eccolo. Sette scudetti consecutivi (34 in tutto) più quattro doppiette scudetto-coppa più due finali di Champions lasciate ai marziani («Infandum, regina, iubes renovare dolorem»), più arbitri ed eventuali: la Juventus è questa, una fabbrica straordinaria che in Italia non chiude mai. Attorno è cambiato il mondo: i cinesi si sono presi Milano, la Roma è americana da un pezzo, c’è stato il battesimo della Var. Lei no, lei è sempre uguale: la bilancia su cui salire per pesare sentimenti e risentimenti, emozioni e rancori. Le dittature annoiano ma se si esclude la Premier all’estero non è molto diverso, basti pensare ai sei titoli del Bayern, ai cinque su sei del Paris Saint-Qatar e al duopolio Barcellona-Real.
Riemersa dalle macerie di Calciopoli, la Juventus è entrata nel futuro prima degli altri. Il problema sembrava: quanto ci resterà? Il problema è diventato: quando vi saliranno gli avversari? L’ultimo ad arrendersi è stato il Napoli olandese di Sarri, «così bello quand’è bello», capace di andare oltre il proprio record di punti. Complimentissimi.
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Roma-Juventus - Serie A 2017/2018 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

Nella griglia d’agosto avevo dedicato alla Tiranna questo pronostico: «Si riparte dalla rabbia di Cardiff e dal fiasco in Supercoppa. La più forte anche così, senza Bonucci e Dani Alves, e anche se non proprio completa (in difesa, a centrocampo). I Bernardeschi e i Douglas Costa decorano le corsie, ma in mezzo? Matuidi è un guerriero, Allegri dovrà inventarsi qualcosa, la pancia piena reclama scosse». Piccole, ma ci sono state: dal passaggio al 4-3-3 a Cuadrado terzino.
Tre di Conte, gli altri di Allegri. Il primo fu lo scudetto della sorpresa e dell’imbattibilità, il secondo della conferma, il terzo dei 102 punti, il quarto della continuità nella diversità, il quinto della grande rimonta, il sesto della mossa del cavallo (Mandzukic), il settimo della formazione ballerina e del dibattito su Allegri sì Allegri no. Un uomo «sodo» al comando. Fin troppo, in certi casi.
Sempre la miglior difesa e, nelle due stagioni di Tevez, anche il miglior attacco. Sono i confini del regno. E poi la famiglia Agnelli, il potere, la rosa, gli episodi: per carità. Ma non è solo per questo che, dal 2012 a oggi, la Juventus ha inflitto distacchi siderali a tutti: 98 punti al Napoli, 120 alla Roma, 190 alla Lazio, 192 al Milan, 209 all’Inter. Gode il tifoso, non l’Europa: fatturati a parte, l’ultima Champions risale al 1996.
Il ciclo cominciò con Del Piero titolare ed è arrivato fino ai 40 anni di Buffon. C’erano una volta Pirlo, Pogba, Vidal e Marchisio. Il centrocampo più forte, la Juventus più bella. Se mi chiedete il simbolo, non scelgo i gol di Dybala, gli sprazzi di Higuain o l’efficacia del muro. Dico Douglas Costa: più riserva che titolare, eversivo nei momenti-chiave. In generale, l’età media e il logorio impongono restauri netti, mirati. Ci saranno. E ancora con Allegri.
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