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I fallimenti di Bari e Cesena insegnano: non basta Cristiano Ronaldo a risollevare il nostro calcio

Mattia Fontana

Aggiornato 16/07/2018 alle 23:35 GMT+2

Proprio mentre a Torino veniva presentato l'asso portoghese, le vicende intricate di molte società gloriose del nostro calcio di provincia venivano meno: una coincidenza sinistra che ci ricorda come i mali del movimento italiano siano molto più gravi di quanto ci ostiniamo a credere.

Luca Marrone Bari 2018

Credit Foto LaPresse

L’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juventus farà bene al calcio italiano. Quante volte l’avete sentito dire? Tranquilli, lo pensiamo anche noi. Ma non possiamo esimerci dal sottolineare quanto sia stata travagliata la prima giornata italiana dell’asso portoghese. Mentre a Torino si celebrava il #CR7DAY, nel resto del paese (e nelle divisioni inferiori) il clima era tendente al funereo. Non perché la Juventus avesse già ipotecato l’ottavo scudetto consecutivo, ma perché nelle stesse ore falliva la rincorsa all’iscrizione di diversi club che hanno fatto la storia del nostro movimento. Una coincidenza piuttosto sinistra che ci ricorda come non esistano scappatoie per una realtà come quella italiana, già inchiodata al muro dal fallimento della Nazionale.

Il fallimento di Bari e Cesena, fiato sospeso per l'Avellino

Sembra un bollettino di guerra, è soltanto la lettura delle agenzie stampa di lunedì 16 luglio 2018. La giornata in cui il nostro calcio ha visto il Bari fallire per la seconda volta nel giro di quattro anni (potrebbe ripartire dalla Serie C dopo la fusione con il Bisceglie), ma anche il Cesena rinunciare al ricorso per la mancata iscrizione al prossimo campionato di Serie B. Due club gloriosi della nostra cadetteria a cui sono aggiunte altrettante squadre di Serie C: la Reggiana e la Fidelis Andria. Il Mestre aveva già salutato la compagnia, la Triestina è riuscita a cavarsela mentre l'Avellino e il Cuneo (che ha presentato ricorso) restano in attesa della Covisoc: un quadro ben delineato. Dopo mesi di speculazioni, per molti non è stato più possibile evitare il tracollo. E il nostro calcio ha perso quattro società che ripartiranno del dilettantismo.

La Serie A non ride: Chievo e Parma a processo

La mattinata si era aperta con un’agenzia ANSA inquietante. Nella giornata di martedì, infatti, Chievo e Parma andranno a processo rispettivamente con l'accusa di plusvalenze fittizie e di tentato illecito sportivo. La Procura della Federcalcio chiederà per entrambe l’esclusione dal prossimo campionato di Serie A. Nel caso in cui la richiesta dovesse essere accettata, si preannuncia un discreto caos. Crotone e Palermo (a proposito: Maurizio Zamparini è stato appena deferito per le dichiarazioni sull’arbitro del playoff di ritorno perso con il Frosinone) scalpitano per il ripescaggio, ma a dieci giorni esatti dalla pubblicazione dei calendari di Serie A non sarà semplice arrivare a un verdetto definitivo. Pensate che Chievo e Parma accetteranno l’esclusione senza fare ricorso?

Le fondamenta del nostro calcio tremano

Non avevamo bisogno di questa giornata e nemmeno di questa assonanza abbastanza populistica che vi abbiamo proposto in avvio di articolo. Lo stato di salute del nostro calcio è evidente da tempo, ma viene ignorato. Non tanto da chi giustamente spera che l’arrivo di Cristiano Ronaldo ci aiuti a invertire la rotta, quanto da chi si tura il naso e si benda gli occhi. Paradossalmente - e con un pizzico di cinismo - verrebbe da dire che una giornata del genere potrebbe anche essere un toccasana, a patto che venga governata con buonsenso dai vertici del pallone nazionale. Lì dove dovrebbe essere appurato che un sistema da 20 squadre di Serie A, 22 di B e 60 (per statuto) in C non è sostenibile. E che un alto numero di fallimenti come quello registrato oggi dovrebbe portare al decadimento del meccanismo dei ripescaggi. L’Italia - che si faccia gestire da proprietà locali (come Giancaspro a Bari) o da presidenti stranieri (Piazza a Reggio Emilia) - non può permettersi un numero così alto di società professionistiche, mettiamoci il cuore in pace. E deve per forza uscire dalla logica delle penalizzazioni a campionato in corso, come questa inchiesta spiega dettagliatamente (425 punti di penalità inflitti in 14 anni, più di 100 negli ultimi tre ma i club continuano a fallire). Snellire i campionati farebbe soltanto bene. Anche più dell’arrivo di Cristiano Ronaldo.
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