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Vincenzo Iaquinta condannato a due anni per 'ndrangheta nel processo Aemilia

Stefano Dolci

Aggiornato 31/10/2018 alle 15:44 GMT+1

L'ex centravanti della Juventus e della Nazionale italiana campione del mondo nel 2006 è stato condannato per il processo di 'Ndrangheta 'Aemilia'. Più severa la pena al padre Giuseppe, condannato a 19 anni. All'uscita dall'aula del tribunale di Reggio Emilia, l'ex calciatore si è sfogato: "Il nome `ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia".

Iaquinta_Juventus_2011

Credit Foto LaPresse

Due anni per possesso d'armi. E’ questa la condanna in primo grado che Vincenzo Iaquinta, 38enne ex attaccante di Udinese, Juventus e campione del mondo con l’Italia a Berlino nel 2006, ha ricevuto nell’ambito del maxiprocesso di ‘ndrangheta Aemilia che ha visto imputati ben 148 persone una cinquantina dei quali ritenuti affiliati alla cosca Grande Aracri di Cutro, infiltrata in Emilia e nel mantovano.
La Direzione distrettuale antimafia aveva richiesto sei anni per l’ex centravanti originario di Cutro, per cui è caduta l’aggravante mafiosa. Peggio è andata al padre Giuseppe, accusato di associazione mafiosa e condannato invece a 19 anni. La sentenza è arrivata dopo due settimane di camera di consiglio “blindata” da parte del collegio giudicante composto da Cristina Beretti, Francesco Maria Caruso e Andrea Rat.

Lo sfogo all'uscita dal tribunale: "Vergogna. La mia famiglia con l’ndrangheta non c’entra niente"

All’uscita dall’aula Iaquinta ha sfogato la sua rabbia contro i cronisti presenti fuori dal tribunale, attaccando i giudizi e promettendo battaglia...
La nostra famiglia non sa nemmeno che cos’è la ‘Ndrangheta. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e per i miei bambini, senza aver fatto niente. Non è possibile ma andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita. Sul niente. Perché sono calabrese. Perché sono di Cutro. Io ho vinto un mondiale... E sono orgoglioso di essere calabrese. Ma non abbiamo fatto niente, noi con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente, niente....
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