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Andrea Pirlo, storia di un Maestro. Come è diventato "da uno dei tanti" a regista migliore del mondo

Luca Stamerra

Aggiornato 24/05/2020 alle 20:07 GMT+2

La storia di Andrea Pirlo è pazzesca. Ha debuttato in Serie A col Brescia a 16 anni e viene subito bloccato dall'Inter. In nerazzurro però fa fatica e non si impone come trequartista. Poi l'intuizione di Mazzone - una volta tornato a Brescia - con Ancelotti che prosegue quel lavoro tattico. Pirlo diventa così un playmaker, portando al successo Milan, Juventus e la Nazionale.

Pirlo Milan, Juventus, Italia

Credit Foto Eurosport

Un giocatore di talento, ma che non riesce a sfondare. Quante volte si è sentita una storia del genere? A volte manca la giusta determinazione, altre volte la giusta collocazione tattica. A volte, però, si illumina la lampadina di qualcuno e tutto cambia. La pazza storia di Andrea Pirlo è una storia di successo, storia che però ha avuto un'importante svolta nel passato, costruita dal duo Mazzone-Ancelotti che trasformò il Pirlo trequartista in un Pirlo regista. Ecco il cambio che segnò un'epoca. Sì, perché Pirlo - che fu poi scartato dall'Inter - divenne colonna portante di un Milan che vinse tutto in giro per il mondo. Poi fu pilastro della Juventus di Conte che ricominciò a vincere dopo gli anni bui, senza dimenticare la sua importanza nel contesto della Nazionale italiana. Fu definito il “Maestro” per la sua sapienza tattica in mezzo al campo e se diciamo che è stato il miglior centrocampista del mondo degli ultimi 30 anni, siamo sicuri che non si offenderà nessuno...

Il Milan riparte da Pirlo playmaker e diventa il Milan dei Meravigliosi

Arrivò al Milan nell'estate del 2001, con i rossoneri che pagarono all'Inter la somma di 35 miliardi di lire più il cartellino di Brincic. Non poco, considerando fosse uno scarto dei nerazzurri, ma tanto valeva all'epoca un trequartista di belle speranze. Peccato che trequartista non lo era al 100%, ma anche al Milan entrò in collisione con i dogmi tattici, tanto da fare staffetta con Rui Costa. Poi l'arrivo di Ancelotti che lo piazza davanti alla difesa - così come aveva giocato al Brescia - dovendo arrangiarsi prima di una partita vista l'assenza contemporanea di Gattuso e Ambrosini. Da lì la svolta per quel Milan e per la carriera del giocatore. Pirlo diventa titolare inamovibile di quella squadra: è lui il regista, da lui passano tutti i palloni. Ha una grande visione del gioco, sa difendere molto bene la palla, lancia con facilità i terzini di spinta ed è un maestro, appunto, nell'arte della verticalizzazione. In quel momento nasce il Milan dei Meravigliosi, così ribattezzato in quei anni dove Pirlo vince due Champions League, uno Scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, due Supercoppe europee e un Mondiale per club. Ci sono stati anche dei punti negativi, però, vedi quella finale persa ad Istanbul, con Pirlo che sbagliò anche il suo tiro di rigore davanti a Dudek...
Non mi sentivo più un giocatore e già questo era devastante, ma neanche un uomo e questo era peggio… Non mi specchiavo, avevo paura che l’immagine riflessa rispedisse indietro uno sputo. Le settimane successive alla disfatta? Un breve e intenso periodo di merda. [Andrea Pirlo]
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Andrea Pirlo perde la Champions League 2005 contro il Liverpool di Dudek - Imago

Credit Foto Imago

Ma quando si cade, ci si deve rialzare. La squadra, tutta insieme, con l'allenatore e il supporto della società, ripartì alla caccia di quella Coppa che arrivò nel 2007.
L’invenzione del ruolo? Giocare più indietro gli ha permesso di valorizzare le sue qualità, nessuno però poteva pensare una simile carriera. All’apparenza sembrava senza personalità, poi lo conoscevi un po’ ed era formidabile in tutto. Un simbolo per il calcio italiano. [Carlo Ancelotti]
Anche dopo la partenza di Ancelotti, Pirlo fu importante per il Milan, anche se con Allegri perse un po' i gradi di titolare inamovibile. Gli anni che passano, qualche infortunio di troppo e nel 2011 il club non rinnova il contratto al centrocampista bresciano.

Scaricato dal Milan, va alla Juve e diventa il perno di Antonio Conte

Nel 2011 finisce alla Juventus di Antonio Conte che cercava un giocatore di esperienza che potesse far ripartire la sua squadra. Sembrava finito e invece albergava ancora dentro di sé uno spirito battagliero, quello che solo i grandi campioni hanno. Ecco che nasce la Juventus che batterà il record di punti in Serie A, proprio grazie alle giocate di Pirlo che lanciava con la stessa maestria e la stessa precisione degli anni in rossonero. Qui si forma un centrocampo a 5, perfetto proprio per liberare Pirlo, con Pogba e Vidal a guardargli le spalle, così come facevano al tempo Seedorf e Gattuso. Dopo Conte arrivò Allegri, che lo utilizzò comunque con continuità fino all'addio per approdare in MLS. Con la Juventus vincerà quattro Scudetti, due Supercoppe italiane e una Coppa Italia, accarezzando anche il sogno di vincere un'altra Champions League, ma quella volta la Vecchia Signora dovette soccombere in finale contro il Barcellona. Ha lasciato comunque un segno indelebile anche nella formazione juventina, che ancora oggi continua a vincere in campo nazionale.
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Andrea Pirlo con la maglia della Juventus, 2015

Credit Foto LaPresse

Era uno dei tanti, è diventato il miglior centrocampista del mondo

Ma cosa c'era dietro ai successi di Pirlo con Milan e Juventus? Lo accennavamo prima, il cambio tattico che mise in pratica Ancelotti... Anche se il primo 'spostamento' lo operò Carlo Mazzone ai tempi del Brescia - seconda versione, quando ci andò in prestito dall'Inter - con il tecnico romano che si accorse che i ritmi della trequarti potevano essere troppo alti per uno dalla 'velocità' di Pirlo. A centrocampo, invece, era sicuramente determinante più con il suo cervello che con la velocità di gambe. Una mossa, che a suo tempo, Mazzone fece anche con il Principe Giannini alla Roma. Detto, fatto. Pirlo a centrocampo fa girare tutto il Brescia che nella stagione 2000-2001 arrivò addirittura 7° al pari dell'Atalanta, qualificandosi per la Coppa Intertoto. All'Inter ci tornò da trequartista, dove però rimase uno dei tanti. Ecco il rischio di non essere compreso per il proprio talento. All'Inter, come in altre squadre, Pirlo rischiò di fare il trequartista a vita, come milioni di altri giocatori dotati di tecnica, ma non proprio adatti a quelle dinamiche, a quelle velocità. Quanti ragazzi di belle speranze vediamo ancora oggi, provarci e riprovarci, ma fare buchi nell'acqua? Anche con buona tecnica, ma senza la possibilità di diventare il nuovo Zidane. Poi al Milan la svolta. Ancelotti lo piazza davanti alla difesa, disegna un rombo tutto per lui, e da quel momento inizia a volare. Pirlo farà nascere il grande Milan e farà nascere una grande Italia.
Pirlo, vincitore Eurosport CUP

Decisivo anche in Nazionale: protagonista nel Mondiale 2006

E infine ricordiamoci, appunto, di Andrea Pirlo in Nazionale. Esordisce in Nazionale maggiore con Trapattoni che se lo porterà ad Euro 2004, ma l'highlight della carriera del bresciano fu sicuramente il Mondiale del 2006 con Lippi. Fu proprio lui a segnare il primo gol della spedizione azzurra in Germania con la rete al Ghana, ma non solo. Oltre al suo strapotere a centrocampo, si ricorda per esempio l'assist a Grosso per il gol decisivo alla Germania in semifinale o al preciso rigore contro la Francia in finale.
Un giocatore dal talento cristallino che seppe mettere il mondo ai suoi piedi. Un successo molto importante quello, perché da quel Mondiale si riscattò dopo la notte di Istanbul e riprese ad inanellare successi. In Nazionale maggiore ha collezionato 13 reti in 116 presenze (5° nella classifica di presenze), oltre ad essere uno dei tre giocatori ad aver segnato nelle tre principali competizioni per Nazionali insieme a De Rossi e Balotelli. Vanta anche 37 presenze e 15 reti con la Nazionale Under 21, essendo primatista in tutti e due i fronti. Con l'Under 21 ha vinto un Europeo in Slovacchia nel 2000 e con la Nazionale olimpica conquistò un bronzo ai Giochi di Atene nel 2004.
Pirlo è un leader silenzioso, parla coi piedi. [Marcelo Lippi]
Pirlo, miglior centrocampista di tutti i tempi

Le punizioni: da Baggio a Juninho, al record in Serie A

Ma Pirlo non sarà solo lo splendido centrocampista che abbiamo apprezzato fino a qualche anno fa. Era un cecchino in tutto e per tutto. Oltre ai calci di rigore dove esibiva il cucchiaio come Francesco Totti, Pirlo era uno specialista dei calci di punizione e dei calci piazzati in generale. Disegnava traiettorie inspiegabili per portieri e difensori avversari, tanto da creare un pericolo reale per l'altra squadra ad ogni corner. Su calcio di punizione vanta anche il record di marcature in Serie A con ben 28 reti da fermo, al pari di Sinisa Mihajlović.
Andrea Pirlo - visual - punizione
Ma come è nata questa dedizione di Andrea Pirlo verso le punizioni? Da casa, con Pirlo che si esercitava con sedie e tavoli, volendo brevettare la sua maledetta. Tutto è nato calciando le punizioni, a fine allenamento ai tempi del Brescia, insieme a Roberto Baggio. Che maestro! Poi Pirlo si è appassionato alle traiettorie che impostava Juninho Pernambucano, il vero padre della maledetta. Una sorta di evoluzione della foglia morta di Corso.
La maledetta consiste in una conclusione con spin (rotazione angolare della sfera), con il pallone che si abbassa improvvisamente nella zona di competenza del portiere, senza che quest'ultimo possa prevederne, appunto, la traiettoria. E Pirlo si allena e si allena. A casa guarda videocassette e dvd di Juninho per studiarne la tecnica nei minimi particolari. I risultati, possiamo dire, sono stati soddisfacenti...
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Nostalgia Italia: la notte da urlo di Pirlo contro il Ghana, il primo passo verso Berlino

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