Juventus fra il paradosso Pjanic, gli indizi di Bernardeschi e i problemi degli "altri"
Aggiornato 26/06/2020 alle 16:43 GMT+2
Dopo la sbiadita Juventus di coppa avevo così rimescolato il borsino-scudetto: Lazio 40%, Juventus 35%, Inter 25%. Contrordine: Bologna-Juventus 0-2, Inter-Sassuolo 3-3, Atalanta-Lazio 3-2. E questa la nuova classifica: Juventus 66, Lazio 62, Inter 58.
Dopo la sbiadita Juventus di coppa avevo così rimescolato il borsino-scudetto: Lazio 40%, Juventus 35%, Inter 25%. Contrordine: Bologna-Juventus 0-2, Inter-Sassuolo 3-3, Atalanta-Lazio 3-2. E questa la nuova classifica: Juventus 66, Lazio 62, Inter 58. E’ chiaro che, per come si erano messe le partite (dall’impatto di Bergamo all’occasione divorata da Roberto Gagliardini in versione "sciagurato Egidio"), Simone Inzaghi e Antonio Conte hanno buttato via gruzzoli preziosi. Cambia molto per l’Inter, cambia poco per la Lazio.
I "dentisti" dell’Atalanta, loro, meriterebbero un monumento. Non credo, però, che riusciranno a raggiungere la Juventus, anche se - come la Lazio, che non perdeva da 21 gare - la affronteranno in uno Stadium deserto. La Juventus, già. L’avevo lasciata sulla bilancia di Bologna. Le vittorie aiutano, se non proprio a risolvere i problemi, ad affrontarli, almeno, con più serenità: specialmente se paragonati ai guai della concorrenza. Rispetto al doppio zero delle sfide introduttive ho colto, in ordine sparso, un po’ più di fame, un po’ più di tiri e un avversario, al primo impegno post Covid, un po’ imbastito.
Quando si gioca ogni tre giorni, e per giunta dopo uno strappo di tre mesi, bisogna scendere a patti con l’estetica. Cristiano, rigore a parte, si è mangiato il 3-0. Gran gol, il gol di Paulo Dybala. Non lo si scopre oggi, il piccolo Sivori: ha colpi da fuoriclasse, ma non lo è ancora.
La notizia riguarda le riserve. Non tanto Adrien Rabiot, il solito parametro sgonfio; e nemmeno Aaron Ramsey, trattato ormai come un vaso di cristallo. Parlo di Federico Bernardeschi. Un’ala che, accentrandosi, diventa mezzala e può creare, secondo il lessico di Coverciano, "superiorità numerica". Si era perso: ha propiziato, di tacco, la rete di Dybala e colpito un palo. Sono indizi. Dipende da lui, trasformarli in prove.
La rosa, folta e incerottata, non è così "alta" come strepita la propaganda. Di Sami Khedira si sono perse le tracce, di Gonzalo Higuain quasi; Douglas Costa non è più l’apriscatole d’antan. Sarà proprio la panchina, negli undici turni che restano, a fare la differenza. Dovunque e comunque, non solo alla Continassa.
Capitolo terzini. Al Dall’Ara si era rivisto un Mattia De Sciglio in discreto spolvero. Si è stirato. E dal momento che Alex Sandro è infortunato e Danilo impresentabile, oltre che (fortunatamente) squalificato, non rimane che Juan Cuadrado. Il tecnico dovrà inventarsi qualcuno. Lecce, Genoa e Toro lo attendono al varco. Si potrebbe passare alla difesa a tre, e arrangiarsi sugli esterni, ma Maurizio Sarri ha altre idee (Blaise Matuidi?). La squadra, ecco un dato lusinghiero, non prende gol da quattro gare ed è tornata la Maginot meno battuta, con Matthijs De Ligt finalmente trave e non più pagliuzza.
Fondamentale sarà il recupero del Pipita. Il centravanti è un tasto delicato: Cristiano lo è a modo suo, Dybala lo era ai tempi del Palermo, quando sbarcò dalla Serie B argentina. Servirebbe Mario Mandzukic, ma la società l’ha bocciato. C’è poi il caso di Miralem Pjanic, che più gioca nella Juventus più giocherà nel Barça. Lo spirito del tempo. In tedesco, "Zeitgeist": roba grossa. Aspettando l’ennesimo Godot (Arthur).
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