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Morte Simoni, il dolore di Moratti: "Se ne va un gentiluomo, gli impedirono di vincere lo scudetto"

Stefano Dolci

Aggiornato 22/05/2020 alle 15:56 GMT+2

Massimo Moratti intervistato dall'Ansa mostra il proprio dolore per la scomparsa di Luigi Simoni, scomparso venerdì a 81 anni: "Sicuramente è stato un grande protagonista della storia dell’Inter: ha vinto una coppa europea molto importante, gli è stato impedito di vincere un campionato che avrebbe assolutamente meritato. Un tecnico gentiluomo, verso il quale provavo grande stima e affetto".

Luigi Simoni, Massimo Moratti, Inter, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Nel giorno della celebrazione del 10° anniversario del Triplete la notizia che nessun tifoso interista voleva sentire: Gigi Simoni se n’è andato, dopo aver lottato per 11 mesi contro un male che lo ha purtroppo spento lentamente. Una perdita dolorosa per tutto il mondo del calcio, che perde un gentiluomo prima che un allenatore rispettato, ma un dolore straziante per ogni interista che si rispetti e che ha adorato l’Inter 1997-98, quella che chiuse la stagione con uno scudetto sfumato dopo un’aspra battaglia con la Juventus e sollevò la Coppa Uefa, il primo trofeo della presidenza di Massimo Moratti.
Proprio Moratti, che nel corso degli anni ha sempre considerato la cacciata di Simoni nel dicembre 1998 il più grande rimpianto della sua carriera da presidente dell’Inter, ai microfoni dell’Ansa ha voluto tracciare il proprio ricordo del tecnico originario di Crevalcore.
Simoni è sicuramente stato un grande protagonista della storia dell’Inter: ha vinto una coppa europea molto importante, gli è stato impedito di vincere un campionato che avrebbe assolutamente meritato. Un tecnico gentiluomo, verso il quale provavo grande stima e affetto. La telefonata con la quale poco fa la moglie mi ha avvisato della morte mi ha provocato un dolore immenso".

Il cordoglio dell'Inter: "Ciao Gigi, il tuo essere signore ci manca già"

Con una nota pubblicata sul proprio sito ufficiale, anche l'Inter ha voluto mostrare tutto il proprio dolore e cordoglio per la scomparsa di Gigi Simoni.
Di Gigi Simoni ricordiamo e ci mancherà tutto. Il suo essere signore, innanzitutto. Un modo di vivere, la vita e il calcio, mai sopra le righe. Anche il suo calcio era così: umile ma funzionale, capace di far fruttare al meglio ciò che aveva a disposizione. Sulla panchina nerazzurra arrivò nel 1997, assieme al Fenomeno, Ronaldo. Un binomio, quello Simoni-Ronaldo, che resterà per sempre nel cuore di tutti, non solo degli interisti. Un rapporto paterno, la benevolenza nei confronti di un calciatore speciale. Ho imparato più io da lui che lui da me, in quella stagione, amava raccontare Simoni. Una frase che spiega tanto, della persona che è stata. Ha incarnato l'interismo più genuino. Il 6 maggio 1998 disegnò il suo capolavoro da allenatore. Imbrigliò una grande Lazio e non le diede scampo. Al Parco dei Principi Zamorano, Zanetti e Ronaldo regalarono all'Inter la terza Coppa Uefa in una notte dolcissima e magica. Il mondo del calcio perde un bravo allenatore e una persona meravigliosa. Nella sua carriera da calciatore vinse una Coppa Italia con il Napoli e la Serie B con il Genoa. In panchina alzò, oltre alla Coppa Uefa con l’Inter, la Coppa Anglo-Italiana con la Cremonese e conquistò cinque campionati di Serie B (tre con il Genoa, due con il Pisa). Nel 1998 ricevette la Panchina d’Oro come miglior allenatore italiano. Un riconoscimento doveroso. Noi lo ricordiamo così, coi suoi capelli bianchi, sulla nostra panchina, mentre con un sorriso si godeva le magie di Ronaldo, circondato dall’orgoglio e dall’affetto dei tifosi dell’Inter. Ciao Gigi, ci mancherai".

Bergomi: "Simoni esempio positivo, ha ottenuto meno trofei di quanto meritasse"

Capitano di quell'Inter 1997-98, che andò un passò dal vincere lo scudetto e vinse la Coppa Uefa, era Beppe Bergomi che ai microfoni di FCInter1908.it ricorda così Simoni...
Era un grande uomo, un esempio positivo per tutto l’ambiente. Ce n’è sempre bisogno e lui lo è stato, sia da calciatore che da allenatore. Gli sarò riconoscente per tutta la vita perché mi ha portato a fare un mondiale a 35 anni, al termine di un’annata stupenda. Ce l’ho nel cuore. Mi fece capire che non aveva pregiudizi e che avrebbe dato spazio a chi meritava. Il primo passo per lui, prima di fare delle scelte, era conoscere i calciatori per farsi una sua idea e non dar retta ad altro. Quando si presentò, mi disse guarda Beppe, per me qui siete tutti uguali. Da chi ha 18 anni a chi ne ha 35. Sarà il campo a decidere. Feci un anno straordinario anche grazie a lui. Sapeva gestire il gruppo come pochi, che è la cosa più importante in squadre del genere. Aveva anche capito che eravamo tutti uguali, tranne uno però: il Fenomeno. Di questo ne era consapevole l’intero gruppo. La vittoria in finale con la Lazio è stato il culmine di una cavalcata incredibile. Ricordo con grande piacere anche la vittoria contro il Real Madrid per 3-0 dell’anno dopo. Ho rivisto quella partita di recente e ancora mi emoziono
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